DAL CITIZEN JOURNALISM ALLE FREE NEWS
Era il 1989 quando la caduta dei muri fu ripresa in diretta dalla CNN e si parlò di “effetto liberatorio” dei media, poiché si disse che i regimi a socialismo reale non furono in condizione di perpetrare dei massacri, tramite i colpi di coda, grazie alle telecamere accese. In tal senso, quando nello stesso anno le telecamere si spensero su piazza Tienamen, la rivolta su soffocata nel sangue.
Poi venne la prima guerra del Golfo che, attraverso i nuovi metodi di gestione della guerra, vide l'esercito americano, a differenza del Vietnam, stringere le maglie della comunicazione sui campi di battaglia. La CNN fu l’unico network che riuscì a restare a Bagdad. Riecheggiano ancora le parole di Peter Arnett, mentre da una stanza d’albergo, fa la cronaca del primo attacco statunitense sulla capitale irachena, mentre gli altri suoi colleghi sono già fuggiti nei rifugi.
In quel contesto la CNN prese il posto delle agenzie di stampa: tutti gli organi d’informazione usarono le notizie della Tv via cavo di Atlanta per raccontare quello che avveniva in Iraq. Già in quel momento veniva stravolto un paradigma legato alla storia della comunicazione giornalistica, sul rapporto tra fonte e agenzie di stampa. Anche perché la difficoltà di accedere direttamente ai campi di battaglia mise nella condizione i mezzi di comunicazione di trovare delle fonti informali per entrare prima di tutti all’interno dei fatti.
Con la nascita e la massificazione del web, la rivoluzione nell’ambito della comunicazione giornalistica venne completata attraverso una riorganizzazione di senso e significato del concetto stesso di giornalismo, con quello che è stato definito “citizen journalism”. Questo nuovo concetto è prioritariamente legato alla capacità di offerta di internet, nella circuitazione delle informazioni che, dai blog ai social network, hanno posto in essere il protagonismo del cittadino in quanto tale, dove esso stesso, attraverso la sua partecipazione attiva, diventa produttore di informazioni, che vengono “deistituzionalizzate” poiché partono dal basso.
Si può anche dire che, soprattutto per ciò che concerne l’ Italia, il citizen journalism ha anche in qualche modo ridato senso al concetto di valore notizia, proprio ai meccanismi interni del sistema di produzione delle informazioni, tipici della catena di montaggio dei grandi network di carta stampata e radio-televisivi.
Questo perché i mezzi d’informazione, soprattutto in Italia, ormai hanno smarrito il significato del concetto di valore pubblico della notizia, che è la legge fondamentale dell’informazione di massa. Se da un lato la globalizzazione e lo sviluppo delle tecnologie mediatiche hanno prodotto la paradossale condizione sociale legata ai surplus informativi, cioè più informazioni ci sono da più parti e più si è disinformati, c'è da dire che la notizia è generata, il più delle volte, da una mistificazione di significato, poiché in primis risponde alle esigenze di comunicazione del corpo politico. Cioè a dire, i mezzi d’informazione italiani, nello specifico, che dagli anni settanta rispondono alla logica della politica e non del medium, negli ultimi vent’anni, hanno accentuato questa loro caratteristica, entrando in prima persona nell’arena politica. Questo spiega il motivo per cui Tangentopoli non venne innescata dai mezzi d'informazione ma dalla magistratura.
Se a ciò si aggiunge il paradigma della spirale del silenzio, propria al carattere stesso della catena di montaggio delle industrie dell’informazione, e poi la "decontestualizzazione della notizia", che impedisce di cogliere il reale significante del fatto, vedi a titolo esemplificativo la storia di Josè Mujica descritta in altra parte di questo sito, la funzione originaria dei mezzi d’informazione di massa viene esautorata.
Ecco perche è stato possibile, solo attraverso il citizen journalism, innescare le primavere arabe, dando un nuovo significato all’effetto liberatorio della tv via cavo della fine degli anni ottanta. Nel 2011 non si è trattato soltanto di circuitazione delle informazioni dal basso, che tutti i mezzi di comunicazione di massa utilizzarono come fonte, ma anche di “comunicazione organizzativa”, poiché attraverso i social network si sono stabiliti i criteri organizzativi per le manifestazioni di protesta, soprattutto nei venerdì, giorno di preghiera per i musulmani, che divenne giorno di ribellione.
Il nuovo Peter Arnett si chiama Rami Nakhle, pseudonimo Malath Aumran, trentenne laureato in Scienze Politiche ed esperto informatico, costretto a rifugiarsi in Libano perchè ricercato dai servizi segreti siriani, che gli hanno dato la caccia come se fosse stato un pericoloso agente segreto del controspionaggio. Ha avuto un ruolo fondamentale prima che si costituisse una organizzazione militare di ribellione strutturata.
Le sue armi non erano però quelle delle spie che solitamente possiamo vedere nei film di genere, ma semplicemente facebook e twitter. Nascosto in un quartiere cristiano di Beirut, dove una cerchia di amici lo hanno protetto nella sua clandestinità, il suo lavoro è stato quello di tessere le fila di una guerra telematica, di cui è stato uno dei principali protagonisti, facendo circolare le informazioni tra l'esterno e l'interno della Siria, per comprendere ciò che succedeva nelle strade della città, dal numero dei morti alla tipologia delle violenze del regime. Nel frattempo veniva interpellato spessissimo come opinionista dal Network Al Jazeera.
Egli riusciva ad aggirare la censura, mettendo in collegamento gli attivisti sul campo, organizzati attraverso i cosiddetti "comitati". La cosa straordinaria che a questi comitati partecipavano insieme, uniti nella lotta, sia cristiani che musulmani, i quali trovarono nella pagina di facebook "Syrian Revolution 2011", con 120 mila fan, il luogo di incontro, ma anche di elaborazione politica, della protesta.
Dal nostro punto di vista, il concetto di “Free News” assume un significato ben preciso, e cioè quello di leggere i fatti del mondo dal basso, poiché solo così è possibile liberare le notizie dalle costrizioni della mistificazione politica, della commercializzazione, della decontestualizzazione e della spirale del silenzio, riconsegnando lo statuto originario di “valore pubblico” all’informazione, propria ad una società in grado di avere una chiara definizione e di coscienza su ciò che succede nel mondo.