Una regia occulta sugli scontri di religione

 

Le settimane successive alla caduta di Mubarak furono caratterizzate da aspri scontri, in una guerra religiosa che sembrava riaccendersi tra la minoranza dei cristiani copti e la maggioranza dei musulmani. Abbiamo raccontato la storia della faida familiare che ha scatenato la violenza, ma alcuni aspetti che entrano in questa vicenda e che vi si avvicinano, non sembrano facilmente decodificabili. Ma partiamo dai fatti…

Se lo scontro tra le due confessioni religiose in Egitto è in qualche modo secolarizzato, da Nasser in poi non vi sono mai stati eventi legati a fatti di violenza o intimidazione tra le due comunità, almeno fino a quando al Qaeda non è entrata nella scena internazionale, il cui leader ha di tanto in tanto buttato un po’ di benzina sul fuoco.

 

Il primo vero evento luttuoso si ha nella notte di capodanno. Dalla chiesa dei Santi di Alessandria stanno per uscire i fedeli, ed è proprio in quel momento che esplode una bomba. Rimangono uccise ventuno persone, mentre nel quartiere di Sidi Bishr musulmani e cristiani si affrontano per strada armati di bastoni.

Tra accuse reciproche, la tensione si placa, fino ad arrivare ai giorni caldi che poteranno alla caduta del regime, e che vedranno musulmani e cristiani fianco a fianco, in piazza Tahrir, per protestare contro il regime di Mubarak. Poi, l’incendio della chiesa di Soul. Da quel momento al Cairo si sono susseguite manifestazioni e scontri che hanno causato parecchi di morti.

 

Questi i fatti relativi allo scontro tra confessioni, che si vanno ad incrociare con altri fatti che possono avere un peso diverso a seconda di come si leggono. In tal senso c’è una considerazione da fare e cioè che per la prima volta nella storia dell’Egitto le due confessioni si sono trovate insieme in piazza a chiedere un cambiamento politico e ad innescare una rivoluzione interreligiosa epocale.

 

In seguito agli accadimenti di Soul ci sono state altre due notizie di estremo interesse da analizzare. La prima è che l’Imam dell’Università islamica di Al Azhar, massima autorità sunnita, condannava il rogo, definendolo una “distorsione dell’Islam”, sollecitando la comunità musulmana del villaggio di ricostruire la chiesa cristiana. La seconda è che ai cortei cristiani, della capitale, davanti alla televisione di stato, per chiedere la ricostruzione dell’edificio di culto, si univano, in segno di solidarietà, centinaia di musulmani.

 

Ma allora, se nella popolazione si diffondeva una coscienza comune verso il cambiamento politico del paese verso la democrazia, viene da chiedersi il motivo per cui continuava ad arrivare benzina sul fuoco tra musulmani e cristiani. Analizziamo un paio di spiegazioni plausibili...

 

Il primo dato è che il governo Mubarak non è mai stato interessato a pacificare le parti in causa in modo determinato, denunciando “la mano straniera” dell’Iran dentro le vicende egiziane e i collegamenti terroristici con al Qaeda. Tra l’altro, le forze di sicurezza egiziane, sia polizia che esercito, non sono mai intervenute direttamente a sedare scontri interreligiosi. E’ di esempio la notte di Soul quando le pattuglie dell’esercito attrezzati di cingolati, che stazionavano in un villaggio vicino, furono convinti dalla folla a non intervenire. Dalle denunce di alcuni esponenti della chiesa cristiana sembrava che poche ore prima dell’assalto al villaggio, un uomo non identificato, si aggirava per le strade aizzando gli animi sulla faida familiare, che diventava il motivo scatenante nella notte “dei lunghi coltelli”.

 

C’era poi una notizia interessante, passata un po’ inosservata, e cioè che furono stati arrestati 84 ufficiali dell’intelligence di Mubarak, accusati di aver preso parte agli attacchi in piazza Tahrir e aver torturato dei detenuti che avevano partecipato alle proteste di gennaio dopo i fatti di Alessandria. Sempre lo stesso giorno degli arresti, negli scontri tra copti e musulmani al Cairo, dove sono morte 13 persone, per come si sono messe le cose in piazza, tra molotov e pistolettate, sembrava che ci fosse una regia nella creazione di disordine e caos.

 

Da quello che si evince, dunque, una ipotesi seria potrebbe essere quella che a fomentare gli scontri religiosi siano stati pezzi dei servizi di sicurezza di Mubarak, ufficialmente sciolti dal governo in carica, ma attivi sul territorio, per far sprofondare l’Egitto nell’ingovernabilità. In tal senso sia l’attuale governo che gli stessi Fratelli Musulmani, i quali si sono dichiarati favorevoli alla svolta democratica, hanno denunciato un tentativo controrivoluzionario da parte del servizio investigativo dell’ex ministero dell’Interno, accusandolo di essere il fomentatore degli scontri interreligiosi. E in effetti questa spiegazione risponde a tanti interrogativi.