Burkina Faso (Africa occidentale). Burkina, è una parola in lingua mooré: significa “integrità”. Faso è in lingua dioula: significa “casa del padre”. Sono due delle lingue più parlate in Burkina Faso, “la patria delle persone integre”. Così ha voluto Thomas Sankara il 4 agosto 1984 liberandosi dal toponimo di matrice coloniale “Alto Volta”.
In un noto discorso tenuto all’Assemblea Generale dell’ONU nel 1984, Thomas Sankara (1949-1987; presidente del Burkina Faso dal 1983 alla sua morte) espresse con convinzione la necessità di démocratiser notre société, ouvrir les esprits sur un univers de responsabilité collective pour oser inventer l’avenir. Lo diceva con la speranza e la convinzione di poter organizzare una nuova civiltà degna, libera da ogni imposizione, nel suo paese come nel resto del continente africano. L’invito non è rimasto vano e l’eco di quelle parole ha inondato Place de la Nation di Ouagadougou (rinominata così da Blaise Compaoré, in origine Place de la Révolution) capitale del Burkina Faso, durante gli ultimi giorni di ottobre 2014 e fino a quel giovedì 30 ottobre in cui la forza dirompente della nazione ha occupato uno spazio che le apparteneva, la piazza.
Iniziato e finito di giovedì il regno di Blaise Compaoré è durato ventisette anni (da giovedì 15 ottobre 1987 a giovedì 30 ottobre 2014); il 31 ottobre, giorno delle sue dimissioni, è stato già l’inizio di una nuova stagione per ricominciare ad inventare l’avvenire.
Per il dovere di cronaca, il Burkina Faso, dalla sua indipendenza nel 1960, ha conosciuto solo nei primi sei anni di vita un governo civile; poi, adolescenza, gioventù e maturità sono stati segnati da una serie di governi militari, il più lungo dei quali è quello di Compaorè. Dell’assassinio di Sankara si è detto e scritto molto; assassinio politico, dal sapore internazionale: figura pericolosa per l’occidente, il capitain era scomodo alla Francia, alla vicina Costa d’Avorio, anche agli Stati Uniti. Compaorè, amico e compagno di Sankara, era sicuramente più manipolabile, meno trasgressivo, meno lungimirante, più allineato: allora, nel 1987 – quasi alle soglie della caduta del muro di Berlino e al dilagare dell’impero liberista – andava meglio avere “l’amico” al potere, e così è stato.
Dichiarato morto “per cause naturali”, Sankara non ha mai lasciato il suo popolo e la piazza di fine ottobre lo ha riportato in vita. I movimenti sankaristi, l’opposizione tutta, ma soprattutto tanti e tante giovani trascinati del movimento Balai citoyen (“scopa cittadina”) lanciato nel 2013 da due musicisti burkinabé Smockey e Sams K Le Jah con l’obiettivo di “assainir citoyennement et proprement le Faso”: un invito a tutti i cittadini e cittadine del Faso a ripulire con integrità il proprio paese.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso e riversato in piazza il fiume incontenibile delle voci e delle speranze è stato l’ennesimo tentativo dell’oramai ex presidente di modificare la legge costituzionale che, così come è, non gli avrebbe permesso di ripresentarsi alle elezioni il prossimo novembre 2015. Il 31 ottobre 2014, l’Assemblea Nazionale era chiamata a votare per la modifica dell’art. 37 della Costituzione secondo il quale “il Presidente del Faso è eletto per cinque anni a suffragio universale diretto, egualitario e segreto. È rieleggibile una volta”. La storia non si fa né con i “se” né con i “ma”. Cosa sarebbe accaduto se l’Assemblea fosse riuscita a votare è un questione che resterà senza risposta perché un cambiamento possibile è stato deciso dalla piazza, dal desiderio di cambiamento, dalla voglia di tornare ad aspirare delle popolazioni del Bukina Faso.
Altre domande però hanno trovato risposta. Sono quelle poste ad un ex deputato, dimissionario dell’oramai sciolto partito di Blaise Compaoré. Alexis Kaboré ha quarantasei anni, una formazione giuridica, ed è originario del Burkina orientale, precisamente del Ganzourgou. Lo abbiamo intervistato.
Qual è la sua attuale posizione politica?
Attualmente ho chiesto la dimissione dal Congrès pour la Démocratie et le Progrès (CDP), ex partito al potere di Blaise Compaoré. Le dimissioni portano la firma del 6 dicembre 2014. Mi sono dimesso per delle ragioni evidenti che non ho ritenuto utile elencare nella lettera. Due giorni fa ho anche fatto domanda di adesione ai responsabili delle strutture geografiche del Mouvement du Peuple pour le Progrès (MPP), fondato dai primi dissidenti del CDP e presieduto da un ex presidente dell’Assemblea nazionale, Roch Marc Christian Kaboré, in carica per oltre dieci anni, che è stato anche ministro e primo ministro, nonché presidente del CDP per oltre dieci anni. È il solo ad aver rivestito il ruolo di presidente di partito e dell’Assemblea Nazionale per due mandati contemporaneamente.
La mia dimissione fa parte di una dimissione quasi collettiva di tutti i responsabili locali del partito CDP nella mia provincia d’origine, il Ganzourgou, come pure la domanda di adesione al MPP che è quasi collettiva.
Cosa pensa dei movimenti cittadini presenti in Burkina Faso?
Per quanto riguarda i movimenti cittadini, ciò che si constata è normale in quanto viviamo una rivoluzione e ognuno vuole denunciare qualcosa facendosi conoscere. Il problema resta la canalizzazione di tutto ciò al fine di aiutare la transazione che ci sarà tra meno di dieci mesi per organizzare elezioni trasparenti e credibili prima di fine novembre 2015.
Si nota che certi movimenti – per non dire la maggior parte – non agiscono in modo spontaneo ma a seguito di numerose riflessioni e calcoli spesso politici, dunque interessati.
Inoltre, dalla prima settimana di gennaio, certi movimenti hanno visto la loro solidarietà sbrindellarsi tra chi continua a manifestare in modo disordinato e chi chiede di lasciare la transizione lavorare. In ogni caso il Ministro Moumouni Djiguemdé per il quale si chiedeva la dimissione per il fatto di essere stato in prigione per più di quattro mesi negli USA ha finalmente gettato la spugna l’8 gennaio, dando ragione a chi continuava a protestare.
Il pericolo sta nel fatto che molti chiedono la sostituzione di tutte le autorità nominate dall’ex presidente Compaoré, compresi gli ambasciatori. Ritengo che la transizione non potrà “pulire” in undici mesi ciò che l’altro ha architettato in ventisette anni e avere il tempo e le competenze per organizzare le elezioni generali (presidenziali, legislative e municipali). È necessario che la saggezza prevalga anche se i movimenti hanno fatto un buon lavoro.
Come ha vissuto i giorni precedenti al saccheggio dell’Assemblea Nazionale?
Prima del giorno del voto, i deputati CDP e quelli dei partiti che appoggiavano il CDP sono stati alloggiati all’hotel Azalaï (conosciuto come hôtel Indépendance; ndr), a meno di cinquanta metri dall’Assemblea, per tre giorni (dal 28 al 30 ottobre). Io ci sono andato solo il 29 sera, verso le 17.30. In seguito, l’hotel è stato saccheggiato e contemporaneamente l’Assemblea e ho perso tutti i miei averi che avevo nella camera d’albergo. L’ambiente non era dei migliori all’hotel e non si riusciva a dissimulare l’angoscia; i sospetti e i pronostici tra deputati (“pro” voto positivo e “anti” voto positivo) andavano di buon passo.
Cosa pensa del modo in cui le autorità (politiche, tradizionali, ecc.) hanno preso la decisione relativa alla persona chiamata oggi a guidare la transizione?
Relativamente alla scelta del capo della transizione non ho nulla da ridire in quanto è stata il frutto di un largo consenso. Tutto è stato fatto a caldo, con la minaccia di sanzioni da parte delle comunità internazionali e africane e la scelta, operata con l’aiuto della Comunità Economica degli Stati dell’Africa occidentale (CEDEAO/ECOWAS) è stata apprezzata da quasi tutti, con l’auspico che questa persona sappia circondarsi di buoni consiglieri, integri.
Qual è il suo augurio per il Burkina Faso? Qual è l’avvenire possibile che intravvede?
Il mio augurio per il Faso è la concordia al vertice, la tolleranza per evitare la caccia alle streghe, il perdono perché siamo tutti dei burkinabé, la saggezza per vedere le vere priorità e la lungimiranza per tracciare dei buoni solchi che permettano di ritornare ad una governance veramente democratica dove “i figli del paese” siano eguali davanti alle leggi ed alle opportunità di prosperità.
Personalmente, invito le persone frustrate e vittime dei danneggiamenti al ritegno in quanto si possono comprendere certe collere, ma è necessario bandire l’odio e la gelosia.