Dopo la Crimea?

I timori di Moldavia e Georgia

 

Dopo la Crimea? I timori di Moldavia e Georgia

   Soldato russo (flickr/Chris JL)

 

I conti in sospeso con il passato sovietico accomunano la sorte dell’Ucraina a quelle di altri stati dell’ex Urss che si stanno avvicinando all’Europa. La politica russa si fa più aggressiva e fa tremare i vicini più deboli

 

Con il referendum di ieri, la Crimea stacca gli ormeggi da Kiev e salpa verso Mosca, mentre la Russia ammassa truppe lungo il confine con l’Ucraina. Si parla di 10mila uomini, elicotteri anticarro e mezzi di artiglieria nelle regioni di Kursk, Belgorod e Rostov. La crisi ucraina fa tremare la periferia orientale dell’Europa e i Paesi ex sovietici che si stanno avvicinando a Bruxelles guardano con timore le mosse di Mosca. Moldavia e Georgia più di tutti.

 

Iurie Leanca, il primo ministro moldavo, lo ha detto chiaro e tondo in un’intervista a Bloomberg: “L’occupazione russa della Crimea è un evento molto pericoloso che rischia di essere contagioso”. La Moldavia ha preso la corsia di sorpasso verso l’Europa, bruciando le tappe che potrebbero portarla a firmare l’Accordo di associazione con l’Ue entro il prossimo mese di agosto, in anticipo di un anno rispetto al prossimo summit sul partenariato orientale a Riga. A Chişinău ricordano bene però le pressioni di Mosca dello scorso autunno, dal blocco delle importazioni di vino alle minacce di chiudere il rubinetto del gas. “La stagione fredda è vicina, speriamo che non dobbiate gelare quest’inverno”, disse alla vigilia del summit di Vilnius sul partenariato orientale Dmitri Rogozin, vice primo ministro russo e rappresentante speciale del Cremlino in Transinstria.

 

La Transnistria

L’inverno è trascorso senza che nessuno si sia congelato, ma molte cose sono cambiate nel frattempo. L’occupazione della Crimea è un precedente pericoloso che solleva legittime paure, e conferisce un significato ancora più sinistro alle parole pronunciate sempre da Rogozin a Chişinău, quando avvertì che “il treno moldavo in corsa verso l'Europa potrebbe perdere qualche vagone in Transnistria”. Il riferimento al pericolo separatista era già chiaro prima dell’annessione della Crimea.

 

Il fatto è che oggi lo scenario di un intervento armato russo non è più un tabù. Secondo Kamil Całus, analista del Centre for eastern studies di Varsavia, questa è un’opzione che, pur se improbabile, sta allertando i governi dell’Europa orientale. “Nella notte tra l’1 e il 2 marzo, l’esercito della Transnistria e le forze russe basate nella regione sono state messe in stato di massima allerta”, ha scritto Całus sulle pagine del New Eastern Europe.

 

È chiaro che tutto quanto sta accadendo a est non fa dormire sonni tranquilli a Chişinău. “La situazione critica in Crimea è una minaccia alla sicurezza di tutta la regione”, ha detto ancora Leanca alla Reuters, “comunque si evolverà la crisi, rappresenterà una minaccia, sia diretta che indiretta, per la Moldavia”. Leanca ha poi ricordato che “l’Ucraina sta affrontando lo stesso problema che ha avuto la Moldavia vent’anni fa”. Se quello transnistriano è un conflitto congelato da allora, c’è da sperare che qualcuno non voglia scongelarlo.

 

La Găgăuzia

Ma la Transnistria non è l’unico pezzo di Moldavia a voler prendere il largo. Lo scorso 2 febbraio si è tenuto in Găgăuzia un referendum per l’indipendenza. Il 97% della popolazione della regione a maggioranza turcofona nel sud del paese ha votato a favore dell’indipendenza da Chisinau e a favore dell’ingresso nell’Unione doganale con la Russia. Una scelta in direzione diametralmente opposta a quella intrapresa da Chişinău.

 

Anche se è probabile che la carta separatista sia stata giocata solo in funzione di una maggiore autonomia in seno alla Moldavia, e non di una reale indipendenza, non si può fare a meno di pensare alla Crimea anche in questo caso. “L’apparizione di volontari pro Russia sarebbe accolta con favore dai suoi abitanti e potrebbe favorire l’insaturazione di autorità locali più inclini a un avvicinamento a Mosca”, sostiene ancora Całus. Non bisogna dimenticare che Comrat, capoluogo amministrativo della Găgăuzia, dista poco più di 200 chilometri – e la Transnistria appena 100 – da Odessa, importante porto ucraino sul Mar Nero, abitato da una grossa comunità russa e russofona, e tra i più probabili obiettivi di Mosca nel caso in cui volesse spingersi oltre la Crimea. Ce n’è abbastanza da non far stare tranquilli i vicini.

 

La Georgia

Dall’altra parte del Mar Nero, la Georgia non mostra meno ansia per la linea del Cremlino. “Se nessuno ferma la Russia in Crimea, dopo sarà il turno della Moldavia e di nuovo della Georgia”, ha detto al sito turco World Bulletin David Dondua, viceministro georgiano per l’Integrazione europea ed euroatlantica.

Anche la Georgia guarda sempre più all’Europa e ha in programma la firma dell’Accordo di associazione entro agosto, assieme alla Moldavia. Nel frattempo la Russia ha innalzato una cortina di filo spinato lungo il confine de facto dalla guerra del 2008. Il presidente georgiano Giorgi Margvelashvili, in un’intervista a Rustavi 2 TV, ha detto di seguire “con molta attenzione questa crisi. Abbiamo una tragica esperienza delle relazioni con la Russia”.

 

Le ferite della guerra russo-georgiana del 2008 in Ossezia del Sud sono ancora aperte e lo ha ricordato anche l’allora presidente georgiano Mikheil Saakashvili, proprio dal palco di Maidan Nezaležnosti a Kiev: “Putin certamente pianifica un intervento militare di ampia scala in tutta l’Ucraina. Penso che la Russia sia alla ricerca di un conflitto armato. Già nel 2008 dicevo di stare attenti perché dopo l’invasione della Georgia ci sarebbe stata quella dall’Ucraina, ma la gente pensava che stessi delirando. Ora che sto avendo ragione non ne sono felice”. Un cablogramma riservato dell’ambasciata americana a Tbilisi, diffuso da Wikileaks, conferma le sue parole: “Saakashvili ripete che la Russia potrebbe usare la forza per ‘mettere al sicuro’ la Crimea. È certo che all’invasione della Georgia seguirà un intervento armato russo nella penisola”.

 

Gli omini verdi

I complessi rapporti con Russia che accomunano l’Ucraina alla Georgia e alla Moldavia sono l’aspetto più ingombrante dell’eredità sovietica. E anche la chiave per capire l’intervento militare del Cremlino – che ha immediatamente percepito il cambio di rotta di Kiev come un attentato al proprio territorio – e i timori che le accomunano. Non è un caso che l’appetito di Putin per l’Ucraina si manifesti lungo il percorso di creazione dell’Unione eurasiatica, vista da molti osservatori come una riedizione deideologizzata dell’Urss (di cui già copre i due terzi). E non è un segreto che Putin abbia definito l’implosione dell’Urss "la più grande catastrofe geopolitica del secolo, che ha lasciato milioni di cittadini russi fuori dalla Russia".

 

Se Mosca non ha dovuto sparare un solo colpo per prendersi un pezzo di Ucraina, a differenza di quanto accaduto in Ossezia del Sud, l’occupazione della Crimea non è qualcosa di molto diverso. Il fatto che il Cremlino chiami quei soldati che hanno preso il controllo della penisola "esercito di autodifesa popolare" non cambia la sostanza di un’invasione in piena regola. Del resto, quegli "omini verdi" (così soprannominati dagli ucraini) che indossano uniformi dell’esercito russo ultimo modello, maneggiano mitragliatrici pesanti NSV e guidano blindati Ryc’ M65 in dotazione alle forze armate russe, non arrivano certo da Marte.

 

 

 

Stati Uniti ed Europa sanzionano la Russia

 

    internazionale.it 17 marzo 2014

 
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama alla Casa bianca il 17 marzo. (Kevin Lamarque, Reuters/Contrasto)

 

Gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno approvato delle sanzioni contro la Russia dopo che il 17 marzo la Repubblica autonoma di Crimea ha approvato attraverso un referendum l’annessione alla Federazione russa.

 

L’Unione europea ha congelato i conti correnti di 21 funzionari della Crimea e russi, e ha limitato la loro possibilità di spostamento all’interno dell’Unione.

Anche gli Stati Uniti hanno approvato delle sanzioni contro sette funzionari russi, e anche contro il presidente ucraino deposto Viktor Janukovič, che è fuggito in Russia.

 

Questi funzionari sono accusati di aver giocato un ruolo fondamentale nell’organizzazione del referendum che ha decretato l’indipendenza della Crimea dall’Ucraina e che Kiev, gli Stati Uniti e l’Unione europea considerano illegale.

 

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in una conferenza stampa a Washington ha detto che gli Stati Uniti sono “pronti ad approvare ulteriori sanzioni” e che questo dipenderà dalle prossime mosse della Russia.

 

“Se Mosca interverrà ancora in Ucraina non otterrà nulla e si isolerà sempre di più, riducendo la sua influenza sul resto del mondo”, ha detto Obama.

L’annessione alla Russia. In Crimea ha vinto il sì con il 96,6 per cento dei voti al referendum per l’annessione alla Russia. C’è stata un’affluenza superiore all’80 per cento alle urne.

 

Subito dopo l’annuncio dei risultati ufficiali il 17 marzo, il parlamento della Crimea ha votato una risoluzione per chiedere l’annessione alla Russia e per dissolvere le unità dell’esercito ucraino che sono stanziate nella regione. Inoltre tutti i beni dello stato ucraino in Crimea sono stati nazionalizzati.

 

Il presidente ucraino ha definito il referendum “una grossa farsa” e il parlamento ucraino ha votato una risoluzione per mobilitare le truppe in vista di una possibile invasione da parte della Russia.

 

Il presidente russo Vladimir Putin parlerà dell’annessione della Crimea al parlamento russo il 18 marzo. Intanto il 17 marzo Putin ha firmato un decreto in cui riconosce la sovranità della Crimea.

 

 

 

 

UKRAINE-RUSSIA-POLITICS-CRISIS

 

Putin riconosce l’indipendenza della Crimea

Come primo passo per l'annessione: intanto UE e USA

hanno adottato le sanzioni contro funzionari russi e filo-russi,

ma per Obama c'è ancora spazio per la diplomazia

 

 

Nella serata di lunedì 17 marzo il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un ordine esecutivo che riconosce la Crimea come uno stato sovrano e indipendente. Una fonte presidenziale citata da BBC ha spiegato che il decreto è entrato in vigore al momento della firma. Secondo diversi giornalisti, la mossa di Putin sarebbe necessaria per poi procedere con l’annessione senza l’autorizzazione del governo di Kiev: il sito russo Gazeta.ru ha scritto che Putin annuncerà l’annessione della Crimea in un discorso che terrà martedì 18 marzo.
 
Intanto oggi i ministri degli Esteri dei paesi dell’Unione Europea hanno trovato un accordo sull’adozione di sanzioni – restrizioni sulla concessione dei visti e congelamento di beni e conti all’estero – contro 21 persone, 13 russe e 8 crimeane, considerate responsabili per l’organizzazione del referendum sull’annessione della Crimea alla Russia, che l’UE considera irregolare e illegale. Tra le persone colpite dalle sanzioni ci sono diversi funzionari del governo della Crimea e della Russia, ma non persone della strettissima cerchia di Vladimir Putin. I ministri degli Esteri dell’Unione Europea – che hanno adottato la decisione all’unanimità, come richiesto per l’adozione di sanzioni – hanno detto che il numero delle persone colpite dalle sanzioni potrebbe aumentare nel corso della settimana. Per il momento le 21 persone sanzionate sono state scelte tra 120 nomi esaminati. Secondo Associated Press, comunque, alcuni paesi hanno espresso delle riserve sulle sanzioni, considerate un passo troppo radicale che potrebbe incrinare successivi colloqui con la Russia: tra questi, ci sarebbero l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia e Cipro. Questi paesi, scrive il Guardian, avrebbero il timore di rovinare i legami con il governo di Mosca costruiti faticosamente durante gli ultimi anni.
 
Anche gli Stati Uniti hanno approvato alcune sanzioni, più incisive rispetto a quelle adottate dall’Unione Europea: il presidente Barack Obama ha approvato restrizioni di movimento e congelamento dei beni contro 7 persone, russi e ucraini: tra questi ci sono l’ex presidente ucraino e filo-russo Viktor Yanukovych, il leader separatista crimeano Vladimir Konstantinov e alcuni funzionari del governo molto vicini a Putin, come il viceprimo ministro russo Dmitry Rogozin, e il potente consigliere di Putin Vladislav Surkov. Secondo una fonte del governo statunitense citata dal New York Times, «queste sono le sanzioni più severe applicate contro la Russia dalla fine della Guerra Fredda». Dalla Russia non sono ancora arrivate reazioni ufficiali.
 
Oggi pomeriggio, nel corso di una conferenza stampa, Obama ha detto che nel caso proseguisse l’occupazione militare da parte della Russia l’isolamento del paese «diventerebbe più intenso» e che verrebbero valutate ulteriori sanzioni. Obama ha aggiunto che ritiene che esista ancora «lo spazio per risolvere la situazione per via diplomatica». Obama intanto ha mandato il vicepresidente Joe Biden in Europa orientale per incontrare i leader di Polonia, Estonia, Lituania e Lettonia, cioè i paesi alleati della Nato che hanno espresso preoccupazione per le ultime azioni russe.
 
La situazione in Ucraina è piuttosto tesa da questa mattina. Il parlamento della Crimea ha adottato una serie di decisioni molto significative di avvicinamento alla Russia: tra queste, la dichiarazione di indipendenza, la richiesta formale di annessione presentata al governo di Mosca, la nazionalizzazione dei beni appartenenti allo stato ucraino e l’adozione del fuso orario di Mosca a partire dal 30 marzo. Il parlamento ucraino ha invece richiamato parte dei riservisti e ha ribadito di non riconoscere il risultato del referendum.
 
13.31 – Sabato 15 marzo, un giorno prima del referendum sulla Crimea, un gruppo di uomini armati senza segni di riconoscimento è entrato al Moskva Hotel, a Simferopoli (la capitale della Crimea), dove alloggiavano buona parte dei giornalisti stranieri inviati nella regione. Gli uomini armati hanno fatto irruzione in diverse camere e hanno distrutto vari tipi di apparecchiature appartenenti ai giornalisti, dicendo di essere alla ricerca di armi. Molti giornalisti hanno raccontato dell’irruzione improvvisa, ma nessuno è riuscito bene a capire il perché dell’operazione, anche se si suppone sia stato un atto intimidatorio. Simon Ostrovsky, bravo giornalista di Vice, ha cercato di capire di che cosa si sia trattato.
 
 
 
 

Referendum Crimea è plebiscito:

“Tornare con Russia”. Ue e Usa: “E’ illegale”

 

Il 96,6% dei votanti a favore dell'annessione a Mosca. Alle urne tre quarti degli avanti diritto. Il Cremlino pronto ad "accogliere" la repubblica autonoma. Festa per le strade di Sebastopoli. La Casa Bianca: "Il voto si è svolto sotto la minaccia di violenze e l'intimidazione di un intervento militare e viola le leggi internazionali". L'Unione Europea pronta a nuove sanzioni

 

    ilfattoquotidiano.it  -  16 marzo 2014

 
Referendum Crimea è plebiscito: “Tornare con Russia”. Ue e Usa: “E’ illegale”
 
Il referendum in Crimea si trasforma in un plebiscito. I dati definitivi fissano al 96,6% gli elettori della regione ucraina favorevoli alla secessione da Kiev e all’annessione alla Federazione russa. Risultato che ha un significato ulteriore per il fatto che si è registrata una notevole affluenza alle urne: hanno votato 3 elettori su 4 sul totale di oltre un milione e mezzo di aventi diritto. Mosca, dal canto suo, sembra pronta a certificare l’esito del voto con la definitiva occupazione militare il passaggio di un pezzo di uno Stato sovrano a un altro. “Oggi abbiamo preso una decisione molto importante, che entrerà nella storia” ha twittato il premier della Repubblica autonoma Serghiei Aksionov, il quale poi ha detto che lunedì chiederà ufficialmente l’annessione della Crimea alla Russia.
 
Da capire invece cosa accadrà da domani, visto che tutte le diplomazie occidentali (in prima fila l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America) hanno dichiarato le consultazioni “illegali“. “Il voto in Crimea – dice una nota ufficiale della Casa Bianca – svoltosi sotto la minaccia di violenze e l’intimidazione di un intervento da parte dei soldati russi, viola le leggi internazionali“. La risposta russa, tuttavia, non si è fatta attendere, con Putin che, dopo aver appreso dell’esito positivo della consultazione, ha chiamato Obama per confermare “la piena conformità del referendum in Crimea rispetto al diritto internazionale”. I toni tra il Cremlino e Washington si stanno alzando giorno dopo giorno e quella di oggi potrebbe essere una rottura che lascerà cicatrici: “Le azioni della Russia sono pericolose e destabilizzanti” ribadiscono gli Stati Uniti. Da capire quale strada vorrà percorrere l’Occidente per fermare quello che da alcuni è stato definito il “colonialismo militare” della Russia. Gli americani sembrano voler accelerare e invitano tutta la comunità internazionale “a condannare le azioni” della Russia, “a intraprendere passi concreti per imporre dei costi” e a “sostenere la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”. 
 
“Siamo tornati a casa”, “Russia ti amo”, gridano in centinaia a piazza Nahimov a Sebastopoli dove, in un tripudio di bandiere russe e sulle note dell’inno di Mosca, la festa è scattata mentre ancora si contavano le schede. Ma d’altra parte non si aspettavano sorprese: il “sì” è a valanga come anche l’affluenza, alta anche nei villaggi tatari, nonostante il boicottaggio annunciato da alcune organizzazioni della minoranza etnica. E Putin pare già diventato un’icona. A seggi ancora aperti, il signore del Cremlino ha dato la sua benedizione: Mosca accetterà l’esito della consultazione, in parole povere si tratta di un “benvenuti” in Russia.
 
Da una parte il Cremlino appare sempre più isolato visto che ieri al consiglio di sicurezza dell’Onu che ha votato sulla risoluzione per la non validità del referendum la Russia è rimasta la sola a votare no: perfino la Cina si è astenuta. Eppure è proprio Vladimir Putin a dirsi preoccupato, in una telefonata con la cancelliera Angela Merkel, “per la tensione nelle regioni ucraine sud-orientali” a causa del “permessivismo delle autorità di Kiev”. Tutto questo mentre resta l’ipotesi anticipata dallo Spiegel, secondo la quale Londra si sarebbe già candidata ad ospitare la riunione del G7, se Mosca dovesse essere espulsa dal G8 con conseguente cancellazione dell’appuntamento di Sochi. Ma dall’altra parte c’è la volontà dei Paesi europei di utilizzare il confronto diplomatico e il dialogo. Il referendum ”è illegale e illegittimo e il suo risultato non verrà riconosciuto” ribadiscono nel frattempo in una nota congiunta il presidente della Ue Herman Van Rompuy e il presidente della Commissione Ue José Barroso. ”La soluzione alla crisi in Ucraina – aggiungono – deve essere basata sull’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, nel quadro della costituzione ucraina così come alla stretta aderenza degli standard internazionali”. L’operazione che sta avvenendo in Crimea, dunque, è contraria non solo “alla costituzione ucraina”, ma anche “al diritto internazionale”. I ministri degli Esteri dei 28 Paesi dell’Ue decideranno altre sanzioni nei confronti della Russia da domani, 17 marzo. Forte preoccupazione è stata espressa dal ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini: anche l’Italia “ritiene il referendum illegittimo”, ma c’e “ancora spazio per fermare la crisi. Tutti i canali diplomatici restano aperti”, a patto che Mosca “non annetta la Crimea”. A urne aperte, peraltro, i media hanno dato notizia di una telefonata tra Putin e Angela Merkel: i due hanno parlato di un possibile invio in Ucraina di una missione su larga scala dell’Osce e si sono accordati di proseguire la discussione su questa ed altre questioni anche tramite i ministeri degli Esteri. Ma i rapporti diplomatici sono tutt’altro che distesi.
 
Ma le “minacce” diplomatiche degli Stati dell’Unione Europea e degli Stati Uniti non spaventano affatto né le autorità della Crimea e men che meno Mosca. Tanto che il ministro della Difesa ucraino ad interim Igor Teniukh ha denunciato che i soldati russi presenti nella penisola sono 22mila, quasi il doppio del limite di 12.500 consentito dagli accordi per la flotta sul Mar Nero. ”Questa è la nostra terra e non andremo da nessun’altra parte”. Dichiarazioni in risposta al messaggio lanciato dalle autorità pro Russia della Crimea che hanno affermato che, se i soldati ucraini che occupano i presidi della regione non si arrenderanno dopo l’esito del referendum di oggi, dovranno essere considerati illegali. D’altra parte da settimane si fa sempre più opprimente la presenza delle truppe di Mosca nell’area a est del Paese. Sull’altro versante soldati e mezzi blindati ucraini si stanno muovendo verso i confini con la Russia, racconta l’agenzia di stampa ufficiale russa Itar Tass citando la tv ucraina 24 che ha mostrato immagini di carri armati ucraini trasportati su un treno. Secondo l’agenzia filo-Cremlino, il treno in questione sarebbe arrivato ieri a Kondrashevskaia Novaia, a 10 chilometri da Lugansk (nell’Est dell’Ucraina) e ci sarebbero stati tafferugli con degli abitanti del posto contrari al nuovo governo di Kiev.
 
Le operazioni di voto si sono svolte in una situazione del tutto particolare. Dagli altoparlanti della città è stato trasmesso per tutta la mattina l’inno della città e l’inno russo. Ovunque bandiere russe, manifesti contro la Nato, appelli a votare sì perché “il futuro dipende della vostra scelta” si legge nei poster elettorali affissi dappertutto. I militari russi controllavano le strade: è stata una presenza massiccia e visibile. ”Torniamo a casa”, ha detto qualche elettrice mostrando la scheda prima di inserirla nell’urna trasparente. Due i quesiti, in tre lingue (russo, ucraino e tartaro): “Siete a favore della riunificazione della Crimea con la Russia come entità costituente?” e “Siete a favore dell’applicazione della costituzione della repubblica di Crimea del 1992 e dello status della Crimea come parte dell’Ucraina?”. Al voto erano chiamati oltre 1,5 milioni di aventi diritto, in 1205 distretti elettorali, con 27 commissioni elettorali cittadine e distrettuali. I risultati del referendum già alla vigilia apparivano scontati. Il parlamento regionale ha annunciato che si riunirà già domani per approvare il risultato. 
 
A monitorare il voto erano presenti una settantina di osservatori da 23 Paesi, compresa l’Italia: si tratta di deputati, eurodeputati ed esperti europei di diritto internazionale e attivisti per i diritti umani, invitati dalle autorità locali. Non sono presenti osservatori dell’Osce (l’organizzazione per la cooperazione in Europa) né della Csi (la Comunità degli stati indipendenti che federa 11 Repubbliche ex sovietiche). E Kiev, in tal senso, ha chiesto proprio all’Osce di inviare d’urgenza osservatori anche nel sud-est dell’Ucraina, compresa la Crimea. “Una votazione tranquilla”, simile a “quelle viste spesso in Italia” dichiara Fabrizio Bertot, europarlamentare di Forza Italia, uno degli osservatori internazionali invitati dalle autorità locali. “Ho parlato con gli italiani di Crimea, mi hanno detto di essere tranquilli e liberi di scegliere l’opzione che preferiscono”, ha aggiunto in una conferenza stampa a Simferopoli. Oltre a Bertot è presente Valerio Cignetti, presidente dell’Alleanza Europea dei Movimenti Nazionali (Fiamma Tricolore): “Non capisco il perché di tanta agitazione nei media internazionali, ci è sembrato tutto estremamente calmo”. E se la penisola russofona chiede la secessione, il sud-est dell’Ucraina, russofono ma non a maggioranza russa, sollecita invece la federalizzazione, con deboli manifestazioni di piazza che oggi hanno raccolto 5mila persone a Kharkiv, 2-3mila a Donetsk, 500 a Lugansk e alcune centinaia a Odessa.