MESSICO
Gli studenti messicani scomparsi sono stati uccisi e bruciati
ILPOST.IT - 28 gennaio 2015
Lo ha detto il procuratore generale del Messico basandosi su quasi 400 interrogatori
e una testimonianza molto importante (ma non sugli esami del DNA)
Il procuratore generale del Messico, Jesús Murillo, ha detto che è in grado di provare quello che è successo ai 43 studenti scomparsi lo scorso settembre a Iguala, nello stato messicano di Guerrero. Murillo ha detto che tutti gli studenti sono morti: ha spiegato che sono stati uccisi da una banda criminale e i loro corpi sono stati bruciati e scaricati in una discarica. Murillo ha anche detto che gli investigatori che si stanno occupando del caso hanno ottenuto 39 confessioni da membri della banda criminale e poliziotti, considerati anch’essi coinvolti nel caso. Finora, tuttavia, gli esami del DNA realizzati in un laboratorio in Austria hanno portato all’identificazione di un solo studente: il laboratorio ha detto che non sarà possibile identificare altri corpi, per le pessime condizioni dei resti che gli sono stati consegnati.
Oltre alle 39 confessioni, Murillo ha detto che la ricostruzione finale di quello che è successo a Iguala lo scorso settembre è stata resa possibile anche dalle dichiarazioni emerse da 386 interrogatori e da 16 raid della polizia. Il testimone chiave, ha detto Murillo, è stato Felipe Rodriguez Salgado, conosciuto anche come “El Cepillo”, un membro della banda criminale “Guerreros Unidos” accusata di avere preso parte al sequestro degli studenti, alla loro sparizione e al loro omicidio. El Cepillo ha raccontato che l’attacco contro gli autobus su cui erano a bordo gli studenti è cominciato perché ai membri di Guerreros Unidos era stato detto che a bordo c’erano i membri di una loro banda rivale, i “Los Rojos”. La polizia messicana ha anche trovato le prove di un grande incendio dove sono stati ritrovati i resti dei corpi che si suppone siano degli studenti: Murillo ha detto che l’incendio è stato sufficientemente grande da poter bruciare tutti i 43 corpi (quest’ultima ricostruzione, comunque, è stata contestata da alcuni esperti messicani sentiti sul caso).
I famigliari degli studenti scomparsi hanno reagito con rabbia alle ultime dichiarazioni di Murillo. Martedì hanno tenuto una conferenza stampa in cui hanno accusato il governo di voler mettere fine alle indagini. Diversi famigliari sostengono che gli studenti non siano morti e chiedono alla polizia di continuare le ricerche. Il giorno prima gli stessi famigliari avevano guidato una grande manifestazione a Città del Messico per chiedere al governo di andare avanti con le indagini.
La scomparsa degli studenti messicani risale al 26 settembre scorso: la polizia li aveva fermati su una strada di Iguala, c’era stata una sparatoria, alcuni erano stati uccisi sul posto, altri erano riusciti a fuggire. In 43 erano stati arrestati dalla polizia e da allora di loro non si era più saputo nulla. Fin dalle prime fasi delle indagini era emerso il coinvolgimento di una banda criminale locale molto potente, i Guerreros Unidos. Lo scorso 8 novembre tre membri della banda hanno confessato di averli uccisi: hanno detto che i 43 studenti erano stati consegnati loro dalla polizia locale, che a sua volta li aveva fermati mentre su alcuni autobus erano diretti verso un evento organizzato dal sindaco di Iguala José Luis Abarca, e sua moglie, María de los Ángeles Pineda, per contestarli. Entrambi sono stati arrestati il 5 novembre dopo un breve periodo di latitanza: sono accusati di essere i mandanti del sequestro degli studenti e di avere legami stretti con Guerreros Unidos.
Messico. Non si placa la collera
dopo la strage degli studenti
oltremedianews.it - 11 novembre 2014
Non si placa la rabbia in Messico dopo il terribile massacro dei 43 studenti bruciati vivi dai narcos. Anzi, per l’ennesima volta i messicani sono scesi in piazza per manifestare la loro rabbia nei confronti delle istituzioni, considerate complici di quanto successo a Iguala.
La rabbia contro le istituzioni è cresciuta e nella giornata di ieri i dimostranti hanno deciso di effettuare un gesto ad effetto bloccando l’accesso all’aeroporto della località balneare di Acapulco, nello stato di Guerrero. A quel punto le forze dell’ordine sono intervenute ma i dimostranti hanno affrontato la polizia. Difficile accettare per molti di coloro che sono scesi in piazza che a Iguala sono stati bruciati vivi molti dei loro compagni di scuola.
Agghiaccianti le dinamiche del massacro con i 43 studenti che sarebbero stati sequestrati dalla polizia municipale per essere consegnati direttamente nelle mani della criminalità organizzata che li avrebbe poi massacrati su ordine del sindaco della città.
Alla fine la polizia ha ceduto e i manifestanti sono riusciti a irrompere nell’aeroporto bloccandolo per oltre tre ore. Si è trattato di un duro colpo all’immagine del presidente Enrique Pena Nieto, che si era proposto come un giovane volto nuovo della politica messicana. Nieto è stato accusato da più parti di non aver fatto molto per risolvere la questione e di voler solo mettere sotto la sabbia il massacro. Non solo, Nieto è stato anche accusato di non aver annullato gli impegni diplomatici in Asia.
Sabato i dimostranti che chiedevano le sue dimissioni avevano assaltato e dato le fiamme l’ingresso del Palazzo presidenziale a Città del Messico, riportando la questione sotto i riflettori delle telecamere. La fiducia nelle autorità è talmente bassa che i dimostranti in tutto il Paese non credono nelle versioni ufficiali e continuano a chiedere che i ragazzi vengano restituiti in vita alle famiglie, si tratta dello specchio di un Paese, il Messico, dilaniato da qualcosa di molto simile a una continua guerra civile con le bande di narcos che ormai sono diventate una sorta di “Stato nello Stato”. La pazienza dei messicani però sembra essere terminata e dunque a Città del Messico ci si prepara a una nuova stagione di tensioni, tensioni che però evidentemente non interessano ai media occidentali dal momento che il Messico è troppo vicino agli Stati Uniti.
Il sindaco di Iguala accusato di essere
il mandante della scomparsa dei 43 ragazzi
Internazionale - 23 ottobre 2014
Una manifestazione a Città del Messico dei parenti dei ragazzi scomparsi, il 22 ottobre 2014. (Tomas Bravo, Reuters/Contrasto)
Il procuratore generale federale del Messico, Jesús Murillo Karam, ha annunciato che il sindaco di Iguala, José Luis Abarca Velázquez, è accusato di aver ordinato l’operazione di polizia del 26 settembre durante la quale sono scomparsi 43 studenti.
L’obiettivo era evitare che i ragazzi, che stavano partecipando a una manifestazione contro la riforma dell’istruzione, interrompessero il discorso della moglie, María de los Ángeles Pineda, durante un comizio.
Il sindaco, la moglie e il capo della sicurezza sono scappati subito dopo la scomparsa degli studenti e sono ricercati fin dall’inizio delle indagini.
Secondo Karam, il sindaco potrebbe anche avere legami con il gruppo del narcotraffico locale, i Guerreros Unidos. Diversi agenti arrestati dalle forze federali con l’accusa di essere affiliati alla criminalità hanno confessato di aver consegnato gli studenti al gruppo.
Intanto circa 45mila persone sono hanno manifestato a Città del Messico in sostegno dei familiari degli studenti scomparsi, mentre a Iguala i dimostranti hanno dato fuoco alla sede del municipio, senza fare vittime.
I fatti. La notte del 26 settembre un gruppo di studenti nello stato di Guerrero si è impossessato di tre autobus per protestare, la polizia locale ha aperto il fuoco contro i manifestanti e ha ucciso uno studente. Nelle ore successive, mentre gli studenti denunciavano l’accaduto, un gruppo armato li ha attaccati. Da allora 43 studenti sono dispersi.
Una taglia per ritrovare gli studenti scomparsi
Internazionale - 21 ottobre 2014
Una manifestazione ad Acapulco, in Messico, con le foto degli studenti spariti, il 17 ottobre 2014. (Jorge Dan Lopez, Reuters/Contrasto)
Il governo messicano ha offerto una ricompensa fino a un milione e mezzo di pesos, circa novantamila euro, per ciascuno dei 43 studenti della scuola di formazione per insegnanti di Ayotzinapa scomparsi il 26 settembre dopo un attacco della polizia di Iguala e di un gruppo di uomini armati.
La ricompensa è destinata a chiunque fornirà informazioni utili a ritrovare i ragazzi, tutti di età compresa tra i 18 e i 21 anni. Il commissario per la sicurezza nazionale, Monte Alejandro Rubido, ha dichiarato in una conferenza stampa che le forze di sicurezza stanno seguendo varie piste, ma i parenti dei giovani scomparsi hanno espresso molti dubbi sull’efficacia delle ricerche. Per il momento si sa con certezza solo che la polizia di Iguala, appoggiata da quella della vicina Cocula, ha arrestato e consegnato i giovani ai narcos del cartello Guerreros Unidos, che li avrebbero uccisi.
Finora sono state arrestate circa 50 persone, tra agenti e narcotrafficanti. Le autorità hanno anche trovato fosse comuni contenenti i resti di decine di persone, ma le analisi sui primi 28 corpi escludono che si tratti degli studenti. Don Alejandro Solalinde, noto per le sue azioni in difesa dei diritti umani, ha dichiarato in un’intervista radiofonica, che alcuni testimoni gli hanno confessato che tutti gli studenti sono stati uccisi, ma i magistrati inquirenti non sono riusciti a ufficializzare la sua dichiarazione.
Intanto le forze dell’ordine in 13 comuni dello stato di Guerrero sono state sostituite con quelle federali, dopo la scoperta di evidenti collusioni tra istituzioni e criminalità organizzata.
La storia degli studenti scomparsi in Messico
ilpost.it - 9 ottobre 2014
A Iguala non si trovano 43 ragazzi arrestati dalla polizia due settimane fa: migliaia di persone accusano il governo locale e i poliziotti di essere collusi con il crimine organizzato
Mercoledì 8 ottobre migliaia di persone hanno manifestato in diverse città messicane per chiedere di sapere la verità sulla sorte dei 43 studenti scomparsi il mese scorso a Iguala, città dello stato di Guerrero a circa 200 chilometri a sud di Città del Messico. Si sono tenute enormi manifestazioni a Città del Messico, Oaxaca, Veracruz, Morelia, Guerrero e anche a San Cristobal de las Casas, dove hanno marciato in silenzio i gruppi di ribelli zapatisti dello stato del Chiapas. La storia della sparizione degli studenti è assurda e ancora poco chiara. Da qualche giorno la comunità locale ha cominciato a organizzarsi in gruppi per cercare casa per casa gli studenti scomparsi. Molti residenti di Iguala accusano la polizia e l’amministrazione di essere coinvolti nella sparizione degli studenti, e di non volere raccontare come sono andate veramente le cose.
Il 26 settembre scorso un centinaio di studenti del primo e del secondo anno della scuola di Ayotzinapa (a pochi chilometri da Chilpancingo, capoluogo dello stato di Guerrero) sono partiti con due autobus in direzione di Iguala, a circa 100 chilometri di distanza. Gli studenti avevano “sequestrato” i due autobus con i rispettivi autisti, come succede piuttosto di frequente in queste zone (“Abbiamo il diritto di mettere al servizio del pubblico questi mezzi”, ha detto uno studente della scuola al quotidiano spagnolo El Pais). L’istituto magistrale Ayotzinapa è un posto particolare: gli studenti che vi accedono provengono per la maggior parte da famiglie contadine che coltivano mais e fagioli, dove l’ideologia rivoluzionaria è ancora piuttosto forte. Le decisioni all’interno dell’istituto si prendono nelle assemblee, dove si vota per alzata di mano e dove si rivendica la lotta operaia e contadina. Lo scontro con il governo locale è molto forte: è alimentato dalla povertà e dalla violenza dello stato di Guerrero e dalla corruzione politica diffusa a tutti i livelli dell’amministrazione.
Il 26 settembre gli studenti sono arrivati alla stazione di Iguala e hanno sequestrato altri tre autobus. Con i cinque autobus hanno preso la strada per uscire dalla città, ma sono stati fermati dalla polizia locale. Alcuni studenti a bordo del primo autobus sono scesi a parlare con i poliziotti e hanno tentato di spostare con la forza la loro automobile che bloccava il passaggio: a quel punto la polizia ha cominciato a sparare contro gli studenti, uccidendo due e ferendone un terzo alla testa. Più di quaranta studenti sono stati arrestati, mentre gli altri sono riusciti a scappare verso le colline. Alcuni sopravvissuti si sono presentati la mattina dopo al commissariato locale per avere informazioni sugli studenti arrestati, senza però ottenere alcun risultato. Un ragazzo del primo anno della scuola Ayotzinapa è andato dal medico legale per riconoscere uno dei cadaveri: era senza faccia, ha raccontato poi il ragazzo. Gli avevano tolto la pelle con un coltello e gli avevano staccato gli occhi.
Da allora degli studenti non si sa più nulla. Sabato 4 ottobre è stata scoperta a Iguala una fossa comune con 28 cadaveri: secondo Iñaky Blanco, procuratore generale di Guerrero, i corpi ritrovati potrebbero essere di alcuni degli studenti spartiti la settimana precedente. Diversi esperti forensi messicani insieme ad alcuni antropologi argentini stanno analizzando il DNA, ma per i risultati definitivi potrebbero essere necessari da un minimo di due settimane a un massimo di due mesi. Intanto due membri di un gruppo criminale locale hanno detto che 17 dei 43 studenti scomparsi sono stati uccisi non lontano dal posto dove è stata ritrovata la fossa. Un testimone ha anche detto di avere visto 17 studenti nel cortile della procura di Iguala mentre venivano fatti salire su delle auto della polizia (una telecamera di sorveglianza della procura ha confermato questa testimonianza). Juan Diego Quesada, giornalista di El Pais, ha definito la polizia locale “un corpo controllato dal crimine organizzato messicano”.
Proteste in Messico per gli studenti scomparsi
Internazionale - 9 ottobre 2014
Una protesta a Città del Messico l’8 ottobre 2014. (Rebecca Blackwell, Ap/Lapresse)
Migliaia di persone hanno partecipato alle proteste in diverse città del Messico per chiedere verità sulla scomparsa di 43 studenti, avvenuta dopo scontri tra polizia e manifestanti nella città meridionale di Iguala, nello stato di Guerrero, il 26 settembre.
Gli studenti studiavano nella scuola di Ayotzinapa, un istituto per la formazione degli insegnanti. I ragazzi sono scomparsi a Iguala, nello stato messicano di Guerrero, dopo aver manifestato ed essere stati attaccati dalla polizia locale e da presunti miliziani del gruppo armato Guerreros Unidos. Nei giorni successivi le autorità hanno rinvenuto almeno 28 corpi in tre fosse comuni della zona, ma bisogna aspettare almeno due settimane per conoscere il risultato del test del dna e capire se si tratta degli studenti scomparsi. Finora ventidue poliziotti sono stati arrestati in relazione agli scontri del 26 settembre.
Le forze di autodifesa locali hanno cercato i ragazzi porta a porta e il presidente messicano ha promesso che i responsabili verranno puniti.
Secondo i testimoni, alcuni poliziotti locali che hanno legami con il cartello Guerreros Unidos hanno aperto il fuoco contro i bus degli studenti e contro passanti innocenti a bordo di altri veicoli. Il sindaco di Iguala e la moglie sono latitanti, mentre le autorità hanno arrestato 22 tra agenti e funzionari locali. I poliziotti arrestati si sono dichiarati innocenti. Ma un agente ha ammesso di aver consegnato almeno dieci studenti a “persone che non conosceva”.
Catturato il capo del cartello
della droga Tijuana
Internazionale - 24 giugno 2014
Un gruppo di vigilanti messicani a Paracuaro, il 10 gennaio 2014. (Alan Ortega, Reuters/Contrasto)
L’esercito messicano ha catturato Luis Fernando Sánchez Arellano, detto El Ingeniero, leader del potente cartello della droga Tijuana e tra gli uomini più ricercati del paese. Luis Fernando Sánchez Arellano, 37 anni, è il nipote di Benjamín e Francisco Arellano Félix, i due fratelli che hanno fondato l’organizzazione criminale alla fine degli anni ottanta. Negli anni novanta il cartello Tijuana controllava una fetta importante del traffico di droga che dal Messico arrivava negli Stati Uniti.
Luis Fernando Sánchez Arellano è stato l’ultimo della sua famiglia a essere arrestato. Benjamín Arellano Félix è stato fermato nel 2002, e il potere era passato nelle mani del fratello più giovane, Francisco Javier, a sua volta catturato nel 2006.
Un altro fratello, Eduardo, ha preso in seguito il controllo dell’organizzazione prima di essere arrestato nel 2008. Secondo la polizia messicana da quel momento il cartello Tijuana è stato guidato da Luis Fernando Sánchez Arellano insieme alla madre Enedina, scrive El Universal.
Il cartello Tijuana è accusato di aver torturato e ucciso molti suoi rivali negli Stati Uniti e in Messico. La sua storia ha ispirato anche il film Traffic di Steven Soderbergh.
Messico. La Guerra della droga:
136.100 morti in 6 anni
notiziegeopolitiche.net di Enrico Oliari - 6 maggio 2014
Vi sono conflitti armati di cui si sente poco parlare, ma che, visto il numero dei morti, le tecniche di battaglia e gli eccidi, non è sbagliato definirli come una vera e propria guerra.
Iniziata ufficialmente l’11 dicembre 2006 con l’operazione Michoacán (invio di 6.500 soldati nel Michoacán), la Guerra della Droga vede contrapposti i vari cartelli di trafficanti, che portano le sostanze stupefacenti dal Sudamerica ai ricchi mercati del Nordamerica, fra loro e le forze governative, cioè l’esercito e la polizia.
Secondo Amnesty International, il numero delle vittime è impressionante: in sei anni sarebbero state uccise 136.100 persone, in conflitti a fuoco, ma anche sequestri e stragi di civili; la cifra appare in eccesso rispetto alle fonti ufficiali, che comunque abbassano di poco il numero dei morti. 56 degli uccisi sono stati giornalisti, ma anche difensori dei diritti umani, indigeni e attivisti sociali e politici.
I gruppi principali che commbattono le Forze di sicurezza sono:
- Cartello di Sinaloa; si tratta di uno dei gruppi egemoni: è guidato da Joaquín “El Chapo” Guzmán, il più ricercato trafficante di droga del Messico il cui patrimonio personale stimato in oltre un miliardo di dollari.
- Cartello del Golfo; con base a Matamoros, è uno dei principali del traffico.
- Cartello di Juárez; controlla una delle rotte primarie del traffico di droga verso gli Stati Uniti dal Messico; combatte contro il cartello Sinaloa, per il controllo della città di frontiera di Ciudad Juárez.
- Cartello di Tijuana; è il cartello della famiglia Arellano-Félix, decimato dal contrasto delle Forze governative.
- Cartello Los Templarios; si tratta di un ramo quasi estinto della Familia Michoacana.
- Los Zetas; in principio era l’esercito del cartello del Golfo, ma poi si è alleato con i fratelli Beltrán-Leyva.
- La Familia Michoacana; ha la base a Michoacán, ma il gruppo è stato fortemente ridimensionato dal contrasto delle Forze di sicurezza.
- Cartello di Beltrán-Leyva; alleato dal 2008 con i Los Zetas, combatte contro gli altri cartelli.
- Los Negros; erano il braccio armato del cartello di Sinaloa, formato per contrastare i Los Zetas e le forze di sicurezza governative. Furono poi ingaggiati dal cartello Beltrán Leyva
- Cartello di Colima, gruppo minore appartenente al cartello di Sinaloa.
- Cartello di Millennio, gruppo minore appartenente al cartello di Sinaloa.
- Cartello di Sonora, gruppo minore appartenente al cartello di Sinaloa.
Parallelamente al traffico degli stupefacenti, vi è il traffico delle armi, che i vari gruppi utilizzano nella guerra: le più usate sono:
- Il fucile semi-automatico, di fabbricazione russa, il quale viene importato illegalmente dagli Stati Uniti, dall’America Centrale, dal Sudamerica e dal Medio oriente e dai paesi asiatici.
- Il fucile semi-automatico AR-15, che proviene dagli Stati Uniti;
- Il fucile M16 (con selettore di fuoco), che arriva dal Vietnam;
- Le granate a frammentazione M61 / M67 / MK 2 / K400, che provengono dall’America Centrale, dalla Corea del Sud, da Israele, dalla Spagna, dal Guatemala e dal Vietnam
- Il lanciagranate RPG-7 / M72 LAW / M203 , che arriva dalla corea del Nord, dal Guatemala e dall’America centrale.
- Il fucile Barrett M82, che viene importato dagli Stati Uniti.
- Il fucile M2 Carbine (con selettore di fuoco), che arriva dal Vietnam.
Per contrastare il traffico di armi gli Stati Uniti hanno attivato dal 2008 il Progetto Gunrunner che, in collaborazione con le autorità messicane, ha come scopo principale l’espansione in Messico di eTrace, un sistema informatico atto a facilitare il tracciamento delle armi da fuoco che sono state prodotte o importate legalmente negli Stati Uniti.
Capita spesso che a facilitare l’attività dei cartelli sia l’alto tasso di corruzione che vi è nel paese, anche se sono parecchie migliaia i morti fra le Forze dell’ordine: secondo l’’International Narcotics Control Board (INCB), sebbene il governo del Messico abbia compiuto diversi sforzi per ridurre la corruzione nella seconda parte degli anni 2000, questa rimane un problema serio, al punto che si ritiene che alcuni agenti dell’Agencia Federal de Investigación (AFI) abbiano lavorato per il cartello di Sinaloa, e il Procuratore Generale ha riferito, nel dicembre del 2005, che circa 1.500 agenti dell’AFI su 7000 totali erano sotto inchiesta per sospette attività criminali mentre 457 erano sotto accusa.
Messico, infuria la guerra dei narcos,
64 corpi in fosse comuni
ilmondo.it - 03 Dicembre 2013
Mexico City, 3 dic. 64 corpi sono stati trovati in una serie di fosse comuni malamente scavate nella terra rossa dello stato di Jalisco, in Messico. Le autorità di polizia, dopo aver fatto la scoperta, hanno parlato di vittime di un cartello della droga e specificato che i cadaveri sono stati ritrovati in 35 distinte fosse. Il ritrovamento è stato fortuito. La polizia infatti stava cercando due ufficiali federali scomparsi nel vicino stato del Michoacan recentemente. I corpi dei due federali non figurano tra quelli rinvenuti. I sospetti, per queste nuove violenze, ricadono sul cartello della droga di Jalisco, la "Nuova generazione", che sta cercando di insediarsi nel Michoacan scacciando il cartello dei "Templari": sotto la presidenza di Felipe Calderon dal 2006 al 2012, in Messico almeno 26,121 sono scomparse per vicende legate alla narcotraffico e la guerra senza quartiere tra cartelli della droga e forze federali ha fatto almeno 70.000 morti. AFP
Cos'è e come funziona Mara Salvatrucha,
la gang più pericolosa del mondo
Viaggio nella gang che terrorizza Usa e Messico
Un nome: Mara Salvatrucha. Una sigla: MS-13. Parole che per omicidi, furti, contrabbando e spaccio di droga, commercio di armi al mercato nero, fanno tremare gli Stati Uniti da Los Angeles a Washington, il Canada e gran parte del Centro America (Messico, El Salvador, Nicaragua, Honduras e Guatemala). Ma non solo. L'organizzazione criminale, nata negli Anni 80 in California, aveva trovato terreno fertile anche a Milano dove l'8 ottobre è stata "decapitata": la polizia ha eseguito 25 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di soggetti di età compresa tra i 17 e i 36 anni, per lo più salvadoregni, accusati di associazione per delinquere, rapina, lesioni, detenzione e porto d'armi da taglio.
Latin Kings, Comando, Neta e Mara Salvatrucha 13, meglio conosciuti come MS-13. Sono queste le gang latine che da quasi un decennio combattono una guerra cruenta e silenziosa alle porte di Milano e nei piccoli centri della Lombardia. I Latin King arrivano dall'Ecuador, i Comando dal Perù. Nel panorama delle gang gli investigatori hanno ricostruito una geografia precisa delle zone di egemonia delle singole bande coinvolte: i Trebol, egemoni tra Romolo e Corsico, i Netas (soprattutto portoricani e dominicani) presso parco Largo Marinari, i Latin Kingz tra Viale Monza e Pagano e gli MS-13 in piazzale Maciachini.
La Mara Salvatrucha è nata negli Anni 80 in California da immigrati salvadoregni con lo scopo di difendere i connazionali dalle gang afroamericane e messicane. La parola "Mara" significa gruppo, folla; mentre "Salvatrucha" è una parola composta da "salva" che sta significare l'origine del gruppo (El Salvador) e "trucha" che secondo il loro gergo significa: furbo, dritto.
I membri della Mara Salvatrucha, originariamente salvadoregni, sono conosciuti per la loro estrema violenza, crudeltà e spietatezza. Tatuaggi, riti d'iniziazione, linguaggi, segni e codici d'onore sono la loro "Bibbia".
I Maras, ragazzi teenagers o poco più che 20enni, prima di entrare a fare parte della gang, devono superare un vero e proprio rito d'iniziazione: gli uomini devono sopravvivere a 13 secondi di pestaggio a opera degli altri membri; per le donne, gli stupri di gruppo sono il "battesimo" per abbracciare MS-13.
L'organizzazione criminale Mara Salvatrucha è sorta negli Anni 80, quando a El Salvador scoppiò una violentissima guerra civile, il cui bilancio superò le 100 mila vittime tra la popolazione. In questo clima di violenza, moltissimi si videro costretti a fuggire, emigrando nei vicini Stati Uniti: Los Angeles e i suoi sobborghi divennero la loro meta principale. Il loro arrivo venne percepito come una minaccia da parte delle gang che affollavano le periferie di L.A.: per i messicani, questo nuovo flusso migratorio poteva essere il preludio di una escalation di violenza e criminalità; per i gruppi afroamericani, i salvadoregni potevano contrapporsi al loro dominio per il controllo del territorio e della droga. Da qui, i "nuovi arrivati" vennero immediatamente ghettizzati e presi di mira dalle bande locali. Per proteggersi dagli altri gruppi, gli esuli salvadoregni si costituirono in un'unica gang: Mara Salvatrucha.
La Casa Bianca percependo la minaccia costituita dalla Mara Salvatrucha si è mossa per tempo. Nel 2004, il Fbi ha creato una task force dedicata alla lotta contro MS-13 in tutto il Paese, denominata MS National Gang Task Force.
I membri portano i simboli dell'appartenenza alla gang Mara Salvatrucha: tatuaggi, ognuno con uno specifico significato, come "MS", "Salvatrucha" o "Devil Horns" - le corna del diavolo –. Disegni che ricoprono integralmente il loro corpo, quasi come una seconda pelle. Le lacrime tatuate sotto gli occhi sono il simbolo di ogni azione di sangue portata a termine. Una volta che si entra a far parte di Mara Salvatrucha, non è possibile uscirne: solo la morte può spezzare questo vincolo eterno.
Mara Salvatrucha è il principale partner dei cartelli messicani per far entrare nel mercato americano droga, armi e denaro sporco. A questi bisogna aggiungere negli ultimi anni anche il traffico di esseri umani: una vera e propria gestione del flusso migratorio clandestino, il cui impiego, una volta negli Stati Uniti, è nel crimine organizzato o nella prostituzione. Negli ultimi anni è aumentato il sospetto di un legame tra il terrorismo islamico e la spietata ganag latina, come dimostrato dalla denuncia nel 2005 del ministro della Difesa dell'Honduras, che ha segnalato una possibile affiliazione di MS-13 ad al Qaeda. Obiettivo: aiutarla a infiltrarsi negli Stati Uniti e in America Centrale.
Per quanto spesso dispongano di veri e propri arsenali, i membri di Mara Salvatrucha usano di frequente il machete come arma da combattimento o per l'esecuzione delle loro vittime, sottolineando la loro spietatezza e lasciando una sorta di "marchio di fabbrica".
Secondo lo statunitense National Gang Threat Assessment, si stima che facciano parte di Mara Salvatrucha tra le 30 mila e le 50 mila persone, di queste tra le 8 e le 10 mila nei soli Stati Uniti. MS-13 ha una struttura nidificata che si estende da Nord a Sud per tutto il continente americano. Ma negli utlimi anni ha varcato anche i confini europei.
Mexique : les milices populaires,
dernier rempart contre les cartels
Dans les régions abandonnées par les autorités,
les habitants prennent les armes
Liberation - 06 ottobre 2013