MESSICO

 Gli studenti messicani scomparsi sono stati uccisi e bruciati

 

ILPOST.IT28 gennaio 2015

MEXICO-CRIME-STUDENTS-MISSING-RELATIVES

 

Lo ha detto il procuratore generale del Messico basandosi su quasi 400 interrogatori

e una testimonianza molto importante (ma non sugli esami del DNA)

 

Il procuratore generale del Messico, Jesús Murillo, ha detto che è in grado di provare quello che è successo ai 43 studenti scomparsi lo scorso settembre a Iguala, nello stato messicano di Guerrero. Murillo ha detto che tutti gli studenti sono morti: ha spiegato che sono stati uccisi da una banda criminale e i loro corpi sono stati bruciati e scaricati in una discarica. Murillo ha anche detto che gli investigatori che si stanno occupando del caso hanno ottenuto 39 confessioni da membri della banda criminale e poliziotti, considerati anch’essi coinvolti nel caso. Finora, tuttavia, gli esami del DNA realizzati in un laboratorio in Austria hanno portato all’identificazione di un solo studente: il laboratorio ha detto che non sarà possibile identificare altri corpi, per le pessime condizioni dei resti che gli sono stati consegnati.

 

Oltre alle 39 confessioni, Murillo ha detto che la ricostruzione finale di quello che è successo a Iguala lo scorso settembre è stata resa possibile anche dalle dichiarazioni emerse da 386 interrogatori e da 16 raid della polizia. Il testimone chiave, ha detto Murillo, è stato Felipe Rodriguez Salgado, conosciuto anche come “El Cepillo”, un membro della banda criminale “Guerreros Unidos” accusata di avere preso parte al sequestro degli studenti, alla loro sparizione e al loro omicidio. El Cepillo ha raccontato che l’attacco contro gli autobus su cui erano a bordo gli studenti è cominciato perché ai membri di Guerreros Unidos era stato detto che a bordo c’erano i membri di una loro banda rivale, i “Los Rojos”. La polizia messicana ha anche trovato le prove di un grande incendio dove sono stati ritrovati i resti dei corpi che si suppone siano degli studenti: Murillo ha detto che l’incendio è stato sufficientemente grande da poter bruciare tutti i 43 corpi (quest’ultima ricostruzione, comunque, è stata contestata da alcuni esperti messicani sentiti sul caso).

 

I famigliari degli studenti scomparsi hanno reagito con rabbia alle ultime dichiarazioni di Murillo. Martedì hanno tenuto una conferenza stampa in cui hanno accusato il governo di voler mettere fine alle indagini. Diversi famigliari sostengono che gli studenti non siano morti e chiedono alla polizia di continuare le ricerche. Il giorno prima gli stessi famigliari avevano guidato una grande manifestazione a Città del Messico per chiedere al governo di andare avanti con le indagini.

La scomparsa degli studenti messicani risale al 26 settembre scorso: la polizia li aveva fermati su una strada di Iguala, c’era stata una sparatoria, alcuni erano stati uccisi sul posto, altri erano riusciti a fuggire. In 43 erano stati arrestati dalla polizia e da allora di loro non si era più saputo nulla. Fin dalle prime fasi delle indagini era emerso il coinvolgimento di una banda criminale locale molto potente, i Guerreros Unidos. Lo scorso 8 novembre tre membri della banda hanno confessato di averli uccisi: hanno detto che i 43 studenti erano stati consegnati loro dalla polizia locale, che a sua volta li aveva fermati mentre su alcuni autobus erano diretti verso un evento organizzato dal sindaco di Iguala José Luis Abarca, e sua moglie, María de los Ángeles Pineda, per contestarli. Entrambi sono stati arrestati il 5 novembre dopo un breve periodo di latitanza: sono accusati di essere i mandanti del sequestro degli studenti e di avere legami stretti con Guerreros Unidos.

 

Messico. Non si placa la collera

dopo la strage degli studenti

 

 

  oltremedianews.it    -  11 novembre 2014

Non si placa la rabbia in Messico dopo il terribile massacro dei 43 studenti bruciati vivi dai narcos. Anzi, per l’ennesima volta i messicani sono scesi in piazza per manifestare la loro rabbia nei confronti delle istituzioni, considerate complici di quanto successo a Iguala.

 

La rabbia contro le istituzioni è cresciuta e nella giornata di ieri i dimostranti hanno deciso di effettuare un gesto ad effetto bloccando l’accesso all’aeroporto della località balneare di Acapulco, nello stato di Guerrero. A quel punto le forze dell’ordine sono intervenute ma i dimostranti hanno affrontato la polizia. Difficile accettare per molti di coloro che sono scesi in piazza che a Iguala sono stati bruciati vivi  molti dei loro compagni di scuola.

 

Agghiaccianti le dinamiche del massacro con i 43 studenti che sarebbero stati sequestrati dalla polizia municipale per essere consegnati direttamente nelle mani della criminalità organizzata che li avrebbe poi massacrati su ordine del sindaco della città.

 

Alla fine la polizia ha ceduto e i manifestanti sono riusciti a irrompere nell’aeroporto bloccandolo per oltre tre ore. Si è trattato di un duro colpo all’immagine del presidente Enrique Pena Nieto, che si era proposto come un giovane volto nuovo della politica messicana. Nieto è stato accusato da più parti di non aver fatto molto per risolvere la questione e di voler solo mettere sotto la sabbia il massacro. Non solo, Nieto è stato anche accusato di non aver annullato gli impegni diplomatici in Asia.

 

Sabato i dimostranti che chiedevano le sue dimissioni avevano assaltato e dato le fiamme l’ingresso del Palazzo presidenziale a Città del Messico, riportando la questione sotto i riflettori delle telecamere. La fiducia nelle autorità è talmente bassa che i dimostranti in tutto il Paese non credono nelle versioni ufficiali e continuano a chiedere che i ragazzi vengano restituiti in vita alle famiglie, si tratta dello specchio di un Paese, il Messico, dilaniato da qualcosa di molto simile a una continua guerra civile con le bande di narcos che ormai sono diventate una sorta di “Stato nello Stato”. La pazienza dei messicani però sembra essere terminata e dunque a Città del Messico ci si prepara a una nuova stagione di tensioni, tensioni che però evidentemente non interessano ai media occidentali dal momento che il Messico è troppo vicino agli Stati Uniti.

Il sindaco di Iguala accusato di essere

il mandante della scomparsa dei 43 ragazzi

 

 

  Internazionale  -  23 ottobre 2014


Una manifestazione a Città del Messico dei parenti dei ragazzi scomparsi, il 22 ottobre 2014. (Tomas Bravo, Reuters/Contrasto)

 

Il procuratore generale federale del Messico, Jesús Murillo Karam, ha annunciato che il sindaco di Iguala, José Luis Abarca Velázquez, è accusato di aver ordinato l’operazione di polizia del 26 settembre durante la quale sono scomparsi 43 studenti.

 

L’obiettivo era evitare che i ragazzi, che stavano partecipando a una manifestazione contro la riforma dell’istruzione, interrompessero il discorso della moglie, María de los Ángeles Pineda, durante un comizio.

 

Il sindaco, la moglie e il capo della sicurezza sono scappati subito dopo la scomparsa degli studenti e sono ricercati fin dall’inizio delle indagini.

Secondo Karam, il sindaco potrebbe anche avere legami con il gruppo del narcotraffico locale, i Guerreros Unidos. Diversi agenti arrestati dalle forze federali con l’accusa di essere affiliati alla criminalità hanno confessato di aver consegnato gli studenti al gruppo.

 

Intanto circa 45mila persone sono hanno manifestato a Città del Messico in sostegno dei familiari degli studenti scomparsi, mentre a Iguala i dimostranti hanno dato fuoco alla sede del municipio, senza fare vittime.

 

I fatti. La notte del 26 settembre un gruppo di studenti nello stato di Guerrero si è impossessato di tre autobus per protestare, la polizia locale ha aperto il fuoco contro i manifestanti e ha ucciso uno studente. Nelle ore successive, mentre gli studenti denunciavano l’accaduto, un gruppo armato li ha attaccati. Da allora 43 studenti sono dispersi.

 

Una taglia per ritrovare gli studenti scomparsi

 

 

   Internazionale - 21 ottobre 2014

Una manifestazione ad Acapulco, in Messico, con le foto degli studenti spariti, il 17 ottobre 2014. (Jorge Dan Lopez, Reuters/Contrasto)

 

Il governo messicano ha offerto una ricompensa fino a un milione e mezzo di pesos, circa novantamila euro, per ciascuno dei 43 studenti della scuola di formazione per insegnanti di Ayotzinapa scomparsi il 26 settembre dopo un attacco della polizia di Iguala e di un gruppo di uomini armati.

 

La ricompensa è destinata a chiunque fornirà informazioni utili a ritrovare i ragazzi, tutti di età compresa tra i 18 e i 21 anni. Il commissario per la sicurezza nazionale, Monte Alejandro Rubido, ha dichiarato in una conferenza stampa che le forze di sicurezza stanno seguendo varie piste, ma i parenti dei giovani scomparsi hanno espresso molti dubbi sull’efficacia delle ricerche. Per il momento si sa con certezza solo che la polizia di Iguala, appoggiata da quella della vicina Cocula, ha arrestato e consegnato i giovani ai narcos del cartello Guerreros Unidos, che li avrebbero uccisi.

 

Finora sono state arrestate circa 50 persone, tra agenti e narcotrafficanti. Le autorità hanno anche trovato fosse comuni contenenti i resti di decine di persone, ma le analisi sui primi 28 corpi escludono che si tratti degli studenti. Don Alejandro Solalinde, noto per le sue azioni in difesa dei diritti umani, ha dichiarato in un’intervista radiofonica, che alcuni testimoni gli hanno confessato che tutti gli studenti sono stati uccisi, ma i magistrati inquirenti non sono riusciti a ufficializzare la sua dichiarazione.

 

Intanto le forze dell’ordine in 13 comuni dello stato di Guerrero sono state sostituite con quelle federali, dopo la scoperta di evidenti collusioni tra istituzioni e criminalità organizzata.

 

La storia degli studenti scomparsi in Messico

 

 

  ilpost.it   9 ottobre 2014

Studenti spariti Messico

A Iguala non si trovano 43 ragazzi arrestati dalla polizia due settimane fa: migliaia di persone accusano il governo locale e i poliziotti di essere collusi con il crimine organizzato

 

Mercoledì 8 ottobre migliaia di persone hanno manifestato in diverse città messicane per chiedere di sapere la verità sulla sorte dei 43 studenti scomparsi il mese scorso a Iguala, città dello stato di Guerrero a circa 200 chilometri a sud di Città del Messico. Si sono tenute enormi manifestazioni a Città del Messico, Oaxaca, Veracruz, Morelia, Guerrero e anche a San Cristobal de las Casas, dove hanno marciato in silenzio i gruppi di ribelli zapatisti dello stato del Chiapas. La storia della sparizione degli studenti è assurda e ancora poco chiara. Da qualche giorno la comunità locale ha cominciato a organizzarsi in gruppi per cercare casa per casa gli studenti scomparsi. Molti residenti di Iguala accusano la polizia e l’amministrazione di essere coinvolti nella sparizione degli studenti, e di non volere raccontare come sono andate veramente le cose.

 

Il 26 settembre scorso un centinaio di studenti del primo e del secondo anno della scuola di Ayotzinapa (a pochi chilometri da Chilpancingo, capoluogo dello stato di Guerrero) sono partiti con due autobus in direzione di Iguala, a circa 100 chilometri di distanza. Gli studenti avevano “sequestrato” i due autobus con i rispettivi autisti, come succede piuttosto di frequente in queste zone (“Abbiamo il diritto di mettere al servizio del pubblico questi mezzi”, ha detto uno studente della scuola al quotidiano spagnolo El Pais). L’istituto magistrale Ayotzinapa è un posto particolare: gli studenti che vi accedono provengono per la maggior parte da famiglie contadine che coltivano mais e fagioli, dove l’ideologia rivoluzionaria è ancora piuttosto forte. Le decisioni all’interno dell’istituto si prendono nelle assemblee, dove si vota per alzata di mano e dove si rivendica la lotta operaia e contadina. Lo scontro con il governo locale è molto forte: è alimentato dalla povertà e dalla violenza dello stato di Guerrero e dalla corruzione politica diffusa a tutti i livelli dell’amministrazione.

 

Il 26 settembre gli studenti sono arrivati alla stazione di Iguala e hanno sequestrato altri tre autobus. Con i cinque autobus hanno preso la strada per uscire dalla città, ma sono stati fermati dalla polizia locale. Alcuni studenti a bordo del primo autobus sono scesi a parlare con i poliziotti e hanno tentato di spostare con la forza la loro automobile che bloccava il passaggio: a quel punto la polizia ha cominciato a sparare contro gli studenti, uccidendo due e ferendone un terzo alla testa. Più di quaranta studenti sono stati arrestati, mentre gli altri sono riusciti a scappare verso le colline. Alcuni sopravvissuti si sono presentati la mattina dopo al commissariato locale per avere informazioni sugli studenti arrestati, senza però ottenere alcun risultato. Un ragazzo del primo anno della scuola Ayotzinapa è andato dal medico legale per riconoscere uno dei cadaveri: era senza faccia, ha raccontato poi il ragazzo. Gli avevano tolto la pelle con un coltello e gli avevano staccato gli occhi.

 

Da allora degli studenti non si sa più nulla. Sabato 4 ottobre è stata scoperta a Iguala una fossa comune con 28 cadaveri: secondo Iñaky Blanco, procuratore generale di Guerrero, i corpi ritrovati potrebbero essere di alcuni degli studenti spartiti la settimana precedente. Diversi esperti forensi messicani insieme ad alcuni antropologi argentini stanno analizzando il DNA, ma per i risultati definitivi potrebbero essere necessari da un minimo di due settimane a un massimo di due mesi. Intanto due membri di un gruppo criminale locale hanno detto che 17 dei 43 studenti scomparsi sono stati uccisi non lontano dal posto dove è stata ritrovata la fossa. Un testimone ha anche detto di avere visto 17 studenti nel cortile della procura di Iguala mentre venivano fatti salire su delle auto della polizia (una telecamera di sorveglianza della procura ha confermato questa testimonianza). Juan Diego Quesada, giornalista di El Pais, ha definito la polizia locale “un corpo controllato dal crimine organizzato messicano”.

 

Proteste in Messico per gli studenti scomparsi

 

 

  Internazionale - 9 ottobre 2014


Una protesta a Città del Messico l’8 ottobre 2014. (Rebecca Blackwell, Ap/Lapresse)

 

Migliaia di persone hanno partecipato alle proteste in diverse città del Messico per chiedere verità sulla scomparsa di 43 studenti, avvenuta dopo scontri tra polizia e manifestanti nella città meridionale di Iguala, nello stato di Guerrero, il 26 settembre.

 

Gli studenti studiavano nella scuola di Ayotzinapa, un istituto per la formazione degli insegnanti. I ragazzi sono scomparsi a Iguala, nello stato messicano di Guerrero, dopo aver manifestato ed essere stati attaccati dalla polizia locale e da presunti miliziani del gruppo armato Guerreros Unidos. Nei giorni successivi le autorità hanno rinvenuto almeno 28 corpi in tre fosse comuni della zona, ma bisogna aspettare almeno due settimane per conoscere il risultato del test del dna e capire se si tratta degli studenti scomparsi. Finora ventidue poliziotti sono stati arrestati in relazione agli scontri del 26 settembre.

 

Le forze di autodifesa locali hanno cercato i ragazzi porta a porta e il presidente messicano ha promesso che i responsabili verranno puniti.

 

Secondo i testimoni, alcuni poliziotti locali che hanno legami con il cartello Guerreros Unidos hanno aperto il fuoco contro i bus degli studenti e contro passanti innocenti a bordo di altri veicoli. Il sindaco di Iguala e la moglie sono latitanti, mentre le autorità hanno arrestato 22 tra agenti e funzionari locali. I poliziotti arrestati si sono dichiarati innocenti. Ma un agente ha ammesso di aver consegnato almeno dieci studenti a “persone che non conosceva”.

 

Catturato il capo del cartello

della droga Tijuana

 

   Internazionale - 24 giugno 2014


Un gruppo di vigilanti messicani a Paracuaro, il 10 gennaio 2014. (Alan Ortega, Reuters/Contrasto)

 

L’esercito messicano ha catturato Luis Fernando Sánchez Arellano, detto El Ingeniero, leader del potente cartello della droga Tijuana e tra gli uomini più ricercati del paese. Luis Fernando Sánchez Arellano, 37 anni, è il nipote di Benjamín e Francisco Arellano Félix, i due fratelli che hanno fondato l’organizzazione criminale alla fine degli anni ottanta. Negli anni novanta il cartello Tijuana controllava una fetta importante del traffico di droga che dal Messico arrivava negli Stati Uniti.

 

Luis Fernando Sánchez Arellano è stato l’ultimo della sua famiglia a essere arrestato. Benjamín Arellano Félix è stato fermato nel 2002, e il potere era passato nelle mani del fratello più giovane, Francisco Javier, a sua volta catturato nel 2006.

 

Un altro fratello, Eduardo, ha preso in seguito il controllo dell’organizzazione prima di essere arrestato nel 2008. Secondo la polizia messicana da quel momento il cartello Tijuana è stato guidato da Luis Fernando Sánchez Arellano insieme alla madre Enedina, scrive El Universal.

 

Il cartello Tijuana è accusato di aver torturato e ucciso molti suoi rivali negli Stati Uniti e in Messico. La sua storia ha ispirato anche il film Traffic di Steven Soderbergh.

 

Messico. La Guerra della droga:

136.100 morti in 6 anni

 

 

  notiziegeopolitiche.net  di Enrico Oliari - 6 maggio 2014

messico polizia

Vi sono conflitti armati di cui si sente poco parlare, ma che, visto il numero dei morti, le tecniche di battaglia e gli eccidi, non è sbagliato definirli come una vera e propria guerra.


Iniziata ufficialmente l’11 dicembre 2006 con l’operazione Michoacán (invio di 6.500 soldati nel Michoacán), la Guerra della Droga vede contrapposti i vari cartelli di trafficanti, che portano le sostanze stupefacenti dal Sudamerica ai ricchi mercati del Nordamerica, fra loro e le forze governative, cioè l’esercito e la polizia.


Secondo Amnesty International, il numero delle vittime è impressionante: in sei anni sarebbero state uccise 136.100 persone, in conflitti a fuoco, ma anche sequestri e stragi di civili; la cifra appare in eccesso rispetto alle fonti ufficiali, che comunque abbassano di poco il numero dei morti. 56 degli uccisi sono stati giornalisti, ma anche difensori dei diritti umani, indigeni e attivisti sociali e politici.


I gruppi principali che commbattono le Forze di sicurezza sono:

- Cartello di Sinaloa; si tratta di uno dei gruppi egemoni: è guidato da Joaquín “El Chapo” Guzmán, il più ricercato trafficante di droga del Messico il cui patrimonio personale stimato in oltre un miliardo di dollari.
- Cartello del Golfo; con base a Matamoros, è uno dei principali del traffico.
- Cartello di Juárez; controlla una delle rotte primarie del traffico di droga verso gli Stati Uniti dal Messico; combatte contro il cartello Sinaloa, per il controllo della città di frontiera di Ciudad Juárez.
- Cartello di Tijuana; è il cartello della famiglia Arellano-Félix, decimato dal contrasto delle Forze governative.
- Cartello Los Templarios; si tratta di un ramo quasi estinto della Familia Michoacana.
- Los Zetas; in principio era l’esercito del cartello del Golfo, ma poi si è alleato con i fratelli Beltrán-Leyva.
- La Familia Michoacana; ha la base a Michoacán, ma il gruppo è stato fortemente ridimensionato dal contrasto delle Forze di sicurezza.
- Cartello di Beltrán-Leyva; alleato dal 2008 con i Los Zetas, combatte contro gli altri cartelli.
- Los Negros; erano il braccio armato del cartello di Sinaloa, formato per contrastare i Los Zetas e le forze di sicurezza governative. Furono poi ingaggiati dal cartello Beltrán Leyva
- Cartello di Colima, gruppo minore appartenente al cartello di Sinaloa.
- Cartello di Millennio, gruppo minore appartenente al cartello di Sinaloa.
- Cartello di Sonora, gruppo minore appartenente al cartello di Sinaloa.

 

Parallelamente al traffico degli stupefacenti, vi è il traffico delle armi, che i vari gruppi utilizzano nella guerra: le più usate sono:

- Il fucile semi-automatico, di fabbricazione russa, il quale viene importato illegalmente dagli Stati Uniti, dall’America Centrale, dal Sudamerica e dal Medio oriente e dai paesi asiatici.
- Il fucile semi-automatico AR-15, che proviene dagli Stati Uniti;
- Il fucile M16 (con selettore di fuoco), che arriva dal Vietnam;
- Le granate a frammentazione M61 / M67 / MK 2 / K400, che provengono dall’America Centrale, dalla Corea del Sud, da Israele, dalla Spagna, dal Guatemala e dal Vietnam
- Il lanciagranate RPG-7 / M72 LAW / M203 , che arriva dalla corea del Nord, dal Guatemala e dall’America centrale.
- Il fucile Barrett M82, che viene importato dagli Stati Uniti.
- Il fucile M2 Carbine (con selettore di fuoco), che arriva dal Vietnam.

 

Per contrastare il traffico di armi gli Stati Uniti hanno attivato dal 2008 il Progetto Gunrunner che, in collaborazione con le autorità messicane, ha come scopo principale l’espansione in Messico di eTrace, un sistema informatico atto a facilitare il tracciamento delle armi da fuoco che sono state prodotte o importate legalmente negli Stati Uniti.


Capita spesso che a facilitare l’attività dei cartelli sia l’alto tasso di corruzione che vi è nel paese, anche se sono parecchie migliaia i morti fra le Forze dell’ordine: secondo l’’International Narcotics Control Board (INCB), sebbene il governo del Messico abbia compiuto diversi sforzi per ridurre la corruzione nella seconda parte degli anni 2000, questa rimane un problema serio, al punto che si ritiene che alcuni agenti dell’Agencia Federal de Investigación (AFI) abbiano lavorato per il cartello di Sinaloa, e il Procuratore Generale ha riferito, nel dicembre del 2005, che circa 1.500 agenti dell’AFI su 7000 totali erano sotto inchiesta per sospette attività criminali mentre 457 erano sotto accusa.

Messico, infuria la guerra dei narcos,

64 corpi in fosse comuni

 

ilmondo.it - 03 Dicembre 2013

 

Mexico City, 3 dic. 64 corpi sono stati trovati in una serie di fosse comuni malamente scavate nella terra rossa dello stato di Jalisco, in Messico. Le autorità di polizia, dopo aver fatto la scoperta, hanno parlato di vittime di un cartello della droga e specificato che i cadaveri sono stati ritrovati in 35 distinte fosse. Il ritrovamento è stato fortuito. La polizia infatti stava cercando due ufficiali federali scomparsi nel vicino stato del Michoacan recentemente. I corpi dei due federali non figurano tra quelli rinvenuti. I sospetti, per queste nuove violenze, ricadono sul cartello della droga di Jalisco, la "Nuova generazione", che sta cercando di insediarsi nel Michoacan scacciando il cartello dei "Templari": sotto la presidenza di Felipe Calderon dal 2006 al 2012, in Messico almeno 26,121 sono scomparse per vicende legate alla narcotraffico e la guerra senza quartiere tra cartelli della droga e forze federali ha fatto almeno 70.000 morti. AFP

 

Cos'è e come funziona Mara Salvatrucha,

la gang più pericolosa del mondo

 

Viaggio nella gang che terrorizza Usa e Messico

 

El Salvador: un membro dell'organizzazione Mara Salvatrucha in carcere. 

 

Un nome: Mara Salvatrucha. Una sigla: MS-13. Parole che per omicidi, furti, contrabbando e spaccio di droga, commercio di armi al mercato nero, fanno tremare gli Stati Uniti da Los Angeles a Washington, il Canada e gran parte del Centro America (Messico, El Salvador, Nicaragua, Honduras e Guatemala). Ma non solo. L'organizzazione criminale, nata negli Anni 80 in California, aveva trovato terreno fertile anche a Milano dove l'8 ottobre è stata "decapitata": la polizia ha eseguito 25 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di soggetti di età compresa tra i 17 e i 36 anni, per lo più salvadoregni, accusati di associazione per delinquere, rapina, lesioni, detenzione e porto d'armi da taglio.

 

Latin Kings, Comando, Neta e Mara Salvatrucha 13, meglio conosciuti come MS-13. Sono queste le gang latine che da quasi un decennio combattono una guerra cruenta e silenziosa alle porte di Milano e nei piccoli centri della Lombardia. I Latin King arrivano dall'Ecuador, i Comando dal Perù. Nel panorama delle gang gli investigatori hanno ricostruito una geografia precisa delle zone di egemonia delle singole bande coinvolte: i Trebol, egemoni tra Romolo e Corsico, i Netas (soprattutto portoricani e dominicani) presso parco Largo Marinari, i Latin Kingz tra Viale Monza e Pagano e gli MS-13 in piazzale Maciachini.

 

La Mara Salvatrucha è nata negli Anni 80 in California da immigrati salvadoregni con lo scopo di difendere i connazionali dalle gang afroamericane e messicane. La parola "Mara" significa gruppo, folla; mentre "Salvatrucha" è una parola composta da "salva" che sta significare l'origine del gruppo (El Salvador) e "trucha" che secondo il loro gergo significa: furbo, dritto.

 

I membri della Mara Salvatrucha, originariamente salvadoregni, sono conosciuti per la loro estrema violenza, crudeltà e spietatezza. Tatuaggi, riti d'iniziazione, linguaggi, segni e codici d'onore sono la loro "Bibbia".

 

I Maras, ragazzi teenagers o poco più che 20enni, prima di entrare a fare parte della gang, devono superare un vero e proprio rito d'iniziazione: gli uomini devono sopravvivere a 13 secondi di pestaggio a opera degli altri membri; per le donne, gli stupri di gruppo sono il "battesimo" per abbracciare MS-13.

 

L'organizzazione criminale Mara Salvatrucha è sorta negli Anni 80, quando a El Salvador scoppiò una violentissima guerra civile, il cui bilancio superò le 100 mila vittime tra la popolazione. In questo clima di violenza, moltissimi si videro costretti a fuggire, emigrando nei vicini Stati Uniti: Los Angeles e i suoi sobborghi divennero la loro meta principale. Il loro arrivo venne percepito come una minaccia da parte delle gang che affollavano le periferie di L.A.: per i messicani, questo nuovo flusso migratorio poteva essere il preludio di una escalation di violenza e criminalità; per i gruppi afroamericani, i salvadoregni potevano contrapporsi al loro dominio per il controllo del territorio e della droga. Da qui, i "nuovi arrivati" vennero immediatamente ghettizzati e presi di mira dalle bande locali. Per proteggersi dagli altri gruppi, gli esuli salvadoregni si costituirono in un'unica gang: Mara Salvatrucha.

 

La Casa Bianca percependo la minaccia costituita dalla Mara Salvatrucha si è mossa per tempo. Nel 2004, il Fbi ha creato una task force dedicata alla lotta contro MS-13 in tutto il Paese, denominata MS National Gang Task Force.

 

I membri portano i simboli dell'appartenenza alla gang Mara Salvatrucha: tatuaggi, ognuno con uno specifico significato, come "MS", "Salvatrucha" o "Devil Horns" - le corna del diavolo –. Disegni che ricoprono integralmente il loro corpo, quasi come una seconda pelle. Le lacrime tatuate sotto gli occhi sono il simbolo di ogni azione di sangue portata a termine. Una volta che si entra a far parte di Mara Salvatrucha, non è possibile uscirne: solo la morte può spezzare questo vincolo eterno.

 

Mara Salvatrucha è il principale partner dei cartelli messicani per far entrare nel mercato americano droga, armi e denaro sporco. A questi bisogna aggiungere negli ultimi anni anche il traffico di esseri umani: una vera e propria gestione del flusso migratorio clandestino, il cui impiego, una volta negli Stati Uniti, è nel crimine organizzato o nella prostituzione. Negli ultimi anni è aumentato il sospetto di un legame tra il terrorismo islamico e la spietata ganag latina, come dimostrato dalla denuncia nel 2005 del ministro della Difesa dell'Honduras, che ha segnalato una possibile affiliazione di MS-13 ad al Qaeda. Obiettivo: aiutarla a infiltrarsi negli Stati Uniti e in America Centrale.

 

Per quanto spesso dispongano di veri e propri arsenali, i membri di Mara Salvatrucha usano di frequente il machete come arma da combattimento o per l'esecuzione delle loro vittime, sottolineando la loro spietatezza e lasciando una sorta di "marchio di fabbrica".

 

Secondo lo statunitense National Gang Threat Assessment, si stima che facciano parte di Mara Salvatrucha tra le 30 mila e le 50 mila persone, di queste tra le 8 e le 10 mila nei soli Stati Uniti. MS-13 ha una struttura nidificata che si estende da Nord a Sud per tutto il continente americano. Ma negli utlimi anni ha varcato anche i confini europei.

 

 

Mexique : les milices populaires,

dernier rempart contre les cartels

 

Dans les régions abandonnées par les autorités,

les habitants prennent les armes

 

Liberation - 06 ottobre 2013

 

 

Le corps d'un tueur après une fusillade avec les policiers, à Jungapeo, dans l'Etat du Michoacan, le 19 janvier 2012. I

 

«Tous les jours, des personnes qui n’auraient jamais imaginé prendre les armes en sont réduites à cette solution pour défendre leur vie», se lamente Manuel Mireles Valverde, médecin et leader de la résistance populaire contre les narcotrafiquants dans un village du centre du Mexique. Ses mots dénotent une réalité crue : la prolifération des groupes d’autodéfense qui assurent, dans plusieurs régions, une mission sécuritaire à laquelle les autorités semblent avoir renoncé. Durant les dix premiers mois de la présidence d’Enrique Peña Nieto, la formation de ces milices civiles s’est étendue à dix des trente Etats mexicains ...

 

 

Le proteste in Messico

 

Migliaia di persone hanno manifestato di nuovo contro le riforme sulla scuola e l'energia volute dal presidente Peña Nieto: ci sono stati scontri e molti feriti

 

Proteste in Messico  

ilpost.it  - 2 settembre 2013

 

Domenica 1 settembre, migliaia di persone hanno protestato a Città del Messico contro le riforme sull’istruzione, sul petrolio e sull’elettricità promosse dal presidente Enrique Peña Nieto. Le manifestazioni proseguono da giorni: ieri, come sabato, ci sono stati anche violenti scontri con i circa 34 mila agenti schierati in tenuta antisommossa, decine di persone sono rimaste ferite e almeno 16 sono state arrestate: tra loro, anche alcuni giornalisti. I manifestanti, per lo più studenti e insegnanti, hanno sostenuto che le violenze sono il risultato di alcune infiltrazioni nel loro movimento e insistito sulla natura pacifica della loro protesta.

 

Il disegno di legge per la riforma del sistema educativo, in discussione in queste ore alla Camera, ha come obiettivo dichiarato quello di migliorare la qualità dell’istruzione messicana. Gli insegnanti, raggruppati nella CNTE (Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación), sostengono invece che viola i loro diritti come lavoratori, e i movimenti studenteschi lo accusano di mettere a rischio la gratuità dell’educazione. La riforma, oltre a favorire il tempo pieno e a migliorare la qualità delle mense scolastiche, sottopone gli insegnanti a un sistema di valutazione costante che prevede la possibilità di licenziamento dei docenti non idonei e rende gli istituti più autonomi. Fa infatti esplicito riferimento all’istituzione di un Sistema di Informazione e Gestione e al rafforzamento dell’«autonomia gestionale delle scuole».

 

Le manifestazioni di questi ultimi giorni hanno coinvolto anche molti cittadini messicani – in gran parte attivisti dei partiti di opposizione al governo – contro la riforma presentata a metà agosto che prevede la privatizzazione del settore del petrolio e dell’elettricità. Il presidente del Messico ha infatti dichiarato la propria intenzione di mettere fine al monopolio statale sulla produzione di gas e petrolio: la compagnia petrolifera di Stato Pemex fu creata dopo l’esproprio pubblico delle risorse deciso il 18 marzo del 1938 dal generale Lázaro Cárdenas che si schierò a fianco dei lavoratori del petrolio nel conflitto che li contrapponeva ai loro datori di lavoro americani e britannici per l’aumento dei salari e maggiori diritti. Il 18 marzo, “El Dia de la Expropriacion Petrolera“, è per il Messico una specie di festa nazionale e il 77 per cento dei messicani si è dichiarato contrario alla privatizzazione. Il nuovo  progetto, nonostante preveda di mantenere la proprietà delle risorse del sottosuolo, il controllo e la regolamentazione delle attività di esplorazione, prevede infatti la possibilità di offrire contratti di sfruttamento delle riserve petrolifere alle compagnie internazionali.

 

 

Guerra polizia-narcos: altra strage in Messico

 

Almeno 22 morti nelle sparatorie in Michoacan

nell'Ovest del Paese

 

lettera43.it  24 Luglio 2013

 
Forze di polizia impegnate alla guerra ai narcos in Messico.

 

È guerra in Messico tra i narcos e la polizia. Nella notte tra martedì 23 e mercoledì 24 luglio uomini armati hanno attaccato le forze dell'ordine in sei città dello Stato del Michoacan nell'Ovest del Paese. Drammatico il bilancio: 22 morti. Ad annunciare l'episodio è stato il ministero dell'Interno. «Al momento abbiamo due membri della polizia federale e 20 criminali uccisi e 15 feriti», ha reso noto in un comunicato la commissione nazionale di Sicurezza. Le sparatorie sono cominciate quando i malviventi hanno bloccato le autostrade con autobus e altri veicoli.

 

Gli affari del cartello Michoacana

 

di Piero Innocenti  liberainformazione.org  30 giugno 2013

 

Poco più di un anno fa, il 21 giugno 2012, ad Aguascalientes, ad un posto di controllo, la polizia federale messicana aveva arrestato Josè de Jesus Mendez Vargas (detto El Ghango), pericoloso narcotrafficante, componente la “cupola” del poderoso cartello de La Familia e suo “capo spirituale”. Grande soddisfazione delle autorità per il colpo inferto alla organizzazione criminale dopo la morte, avvenuta nel dicembre del 2010, in un conflitto a fuoco con i federali, di Nazario Moreno Gonzales (alias El mas Loco o ElDoctor), considerato l’erede di Carlos Rosales Mendoza ( arrestato nel 2004), fondatore della Familia. Alcuni “autorevoli” osservatori messicani, subito dopo la cattura di El Chango, nell’euforia del momento, dichiararono lo “smantellamento”definitivo della Familia. Credo che fosse più prudente parlare diuna “battaglia” vinta dalle forze dell’ordine che di fine del cartello. Del gruppo dirigenziale, ancora oggi, fanno parteimportanti narcotrafficanti come Servando Gomez Martinez (alias La Tuta), considerato il responsabile del settore “militare”, Dionicio Loyas Plancarte (alias El Tio), addetto ai rapporti con i mezzi d’informazione, Enrique Plancarte Solis (La Chiva) e Josè Arnoldo Rueda Medina.

 

Pare che l’arresto di El Ghango sia stato determinato dal “tradimento” di “La Tuta”, che, nel contesto della organizzazione criminale, è sicuramente la persona più pericolosa. Quest’ultimo ha come suo stretto collaboratore tale Juan Victor Fernandez Castaneda, soprannominato El Brujo (lo Stregone), perché dalla lettura delle carte, si dice, è in grado di predire eventi negativi per il “capo”. Nell’ambiente criminale è risaputo che La Tuta avrebbe ordinato gli omicidi di diverse persone solo perché “messo in guardia” da El Brujo sulla loro affidabilità. Sconcertante, poi, la notizia diffusa nel dicembre 2010, secondo cui La Tuta risultava ancora insegnante di ruolo, almeno fino al primo trimestre del 2010, nella scuola primaria del municipio michoacano di Arteaga.Professione per la quale percepiva il relativo stipendio mensile. Il Messico è anche questo!

 

Tornando alla Familia, va detto che questa si era andata strutturando negli anni Ottanta, nello Stato di Michoacan, grazie alla fusione di esponenti di una milizia rurale locale con elementi dei Los Zetas (oggi il più violento dei cartelli messicani ma,all’epoca, braccio armato del cartello del Golfo). Il compito originario era quello di proteggere le popolazioni locali dalle violenze degli altri narcos e dalle ingiustizie dell’autorità. Successivamente La Familia si era specializzata nella produzione e distribuzione della marjiuana, passando, poi, alla cocaina e alle amfetamine. Più recentemente, si sono aggiunti i sequestri di persona, le estorsioni in danno di semplici cittadini e commercianti in cambio di “protezione”, il lavaggio di denaro sporco.

 

La Familia, secondo i rapporti dell’intelligence americana emessicana, può contare su diverse migliaia di persone, molte delle quali indottrinate da un rigido codice d’onore contenente riferimenti alla Bibbia e all’evangelismo dell’americano John Eldrege. Le prediche religiose e gli omicidi con decapitazioni e smembramenti dei cadaveri sono stati convincenti strumenti di propaganda nei confronti dei rivali più riottosi. Sono ancora in molti a ricordare l’episodio, avvenuto nel luglio del 2006, aUruapan, quando su una pista da ballo furono lanciate, da alcuni membri del cartello, cinque teste mozzate con un messaggio che faceva riferimento alla Familia e alla sua “giustizia divina”.

 

La Familia ha stretto eccellenti rapporti con il potere politico negli Stati di Michoacan, Guerrero e nel Distretto Federale. Quando il 25 maggio 2009 i federali hanno arrestato una decina di sindaci di Michoacan, sette presidenti municipali, un giudice e cinque dei collaboratori del governatore, la gente non si è sorpresa più di tanto. Era ben noto che Julio Cesar Godoy, deputato e fratello del governatore Leonel Godoy, teneva rapporti di “affari” con La Familia.

 

La Familia, tuttavia, non esercita il controllo soltanto sul territorio messicano. “Uffici di rappresentanza” sono operativi negli Usa, in Olanda, in Belgio, in Costarica e in Cina. Il riconoscimento ufficiale della Familia nel contesto internazionale delle mafie delle droghe, è avvenuto nel luglio del 2009, con la Dea che ha  riconosciuto nella Familia “..un nuevo cartel de narcotraficantes”.

 

L’operazione “Coronado”, condotta dalla Dea e dal Fbi nell’ottobre 2009 in tredici Stati americani con l’arresto di trecento persone, molte delle quali ritenute organiche alla Familia, confermeranno le valutazioni dei servizi di sicurezza americani apportando ulteriori elementi di conoscenza della struttura criminale di cui fanno parte non più soltanto  messicani ma anche  guatemaltechi e salvadoregni, seguendo “direttive” di un “consiglio” composto da uomini d’affari, funzionari pubblici, trafficanti di droghe e di armi. Una vera struttura mafiosa con una distribuzione territoriale da far invidia anche alla ultracentenaria organizzazione della nostra ‘ndrangheta. La conferma di tale pervasiva presenza negli USA arriva il 22 luglio 2011. Sono i massimi vertici politici e della sicurezza statunitense – John Brenner, consigliere del presidente Obama, Janet Napolitano, il Procuratore Generale Eric Holder, il capo dell’antidroga Gil Kerlikowske – a dare conto del “Progetto Delirio” contro La Familia. Oltre mille narcotrafficanti catturati nei venti mesi di indagine, 221 solo negli ultimissimi giorni, alcune tonnellate di cocaina e metamfetamine sequestrati in diversi Stati (Alabama, California, Colorado, Georgia, Kansas, Michigan, Missouri, Carolina del Nord, Tennessee, New Messico, Texas).

 

In Messico la “truppa” del cartello deve superare appositi corsi di addestramento della durata di alcuni mesi, in appositi campi situati nello Stato di Michoacan, sotto la guida di istruttori provenienti dai ranghi delle forze speciali militari colombiane e messicane.

 

Nel cartello, circa due anni fa, si sono registrati episodi di violenza nella lotta per la leadership. La nascita, ad opera di alcuni membri dissidenti della Familia, (La Tuta o El Chayo?), di un nuovo gruppo denominato dei “Caballeros Templarios”(dall’ordine medievale di crociati cattolici che combattevano i musulmani per il controllo di Gerusalemme),che si è andato sovrapponendo alla precedente organizzazione, era il segnale dieventi ancora più sanguinosi e tragici per un paese ormai nelle mani dei narcotrafficanti. L’arresto, il 12 luglio, ad Apatzingan, di una ventina di “cavalieri” armati di tutto punto e con una decina di bombe a mano confezionate artigianalmente, contenenti una sostanza tossica,  può aiutare a comprendere lo scenario di ulteriore violenza che si è venuto delineando. Il “quadro” si ècompletato, pochi giorni dopo, quando i federali hanno sequestrato un quadernetto di ventidue pagine contenente, tra l’altro, la formula del giuramento per entrare nella organizzazione e combattere “la povertà, la tirannia e la ingiustizia”. Nel libretto si parla anche della polizia federale “colpevole” di non proteggere i cittadini di Michoacan. Una sorta di “Bibbia” per chi voglia difendere i “veri valori “messicani e il loro “onore”. Regole di condotta in cui si esalta il patriottismo, l’orgoglio di appartenenza del popolo messicano, il rispetto dovuto alle donne e alle madri,l’impegno assunto dal “cavaliere” che “giura” “davanti a tutti di vivere e morire con onore”. La pena capitale è la giusta sanzioneper i traditori alla quale consegue la “confisca” delle proprietà.

Nel frattempo, sempre a luglio 2011, La Familia aveva perso altri due personaggi importanti del cartello. Il primo è Nicolas Mora (El Nico), ricercato per narcotraffico e capo cellula nel territorio di Aguascalientes. Muore nel conflitto a fuoco che ingaggia con i fanti della Marina e della polizia dopo aver tentato di fuggire facendosi scudo della  moglie e di un figlio di 5 anni. Il secondo a morire nella sparatoria con i federali è Pedro de Jesus Ramirez (El Peter), capo cellula della Familia a Chalco.

 

La violenza che caratterizza il restante periodo dell’anno in diversi Stati, con stragi indiscriminate ( ventuno persone assassinate in un bar di Monterrey, undici uccise a Valle de Chalco, quattordici ad Acapulco, dieci decapitate a Torreon, decine di cadaveri abbandonati lungo le strade di Veracruz, teste umane abbandonate lungo le strade di Nuevo Leon), mettono in risalto la conflittualità tra i vari cartelli. Si tratta di una vera guerra del cartello del Golfo contro i Los Zetas, della Familia contro i Los Zetas, dei Templarios -alleati della Resistencia e del Golfo- contro i Los Zetas. Il governo centrale si decide ad inviare a Michoacan un contingente di 1800 agenti federali per cercare di ristabilire condizioni minime di vivibilità. Una pia illusione come dimostreranno i fatti di violenza che raggiungeranno l’apice con la strage, attribuita ai Los Zetas, il 25 agosto, di 52 persone morte nell’incendio doloso del casinò Royale di Monterrey.

Tra i successi delle forze di sicurezza annotati nella parte finale del 2011, l’arresto, il venti settembre, di Saul Solis Solis (El Lince), ricercato da tempo per traffico di droghe e fratello del più noto Enrique Plancarte Solis, uno dei fondatori della Familia. Da annotare che El Lince, nel 2009, era stato candidato nelle elezioni a deputato per il Partito Ecologista. Il cinque ottobre i federali ammanettano Martin Rosales Magana (El Terry). Stava progettando un attacco ai Templarios con un centinaio di uomini della Familia e dei Los Zetas.  Dure perdite anche per i Templarios che, in tre scontri a fuoco con la polizia, dal 28 al 30 ottobre, perdono ventuno persone. A Morelia (Michoacan),intanto, viene arrestato El Gasca, capo cellula locale, accusato di una ventina di sequestri di persona e di omicidi avvenuti nel giugno. Che La Familia sia ancora …in salute, lo dimostra la cattura, il 20 gennaio 2012, a Texcoco, di Fernado Arevalo Ponce (El Coreano) ricercato per almeno cinque omicidi. Con lui, in manette, anche tre poliziotti che gli garantivano adeguata “copertura” sul territorio. Anche i Templarios si rifanno …vivi e la polizia federale, in una retata del sette marzo 2012, ne ammanetta una ventina nella zona di Morelia. Erano tutti intenti a trafficare droghe, a praticare estorsioni e sequestri di persona.

 

La rilevanza dei Caballeros Templarios sullo scenario criminale, trova ulteriore conferma il 23 marzo, in occasione della visita pastorale compiuta dal Pontefice Benedetto XVI a Leon. Lungo la strada che dall’aeroporto conduce al centro della città, alcuni striscioni, ben visibili, appesi a rammentare “la tregua dalle violenze per la visita del Papa”. Una “pace” temporanea sancita dai Templari che si sono fatti “garanti” della sicurezza nei tre giorni di permanenza del Pontefice.

 

Si torna a parlare dei Caballeros il 26 maggio. Nella notte, in cinque città sono stati gravemente danneggiati da incendi dolosi altrettanti centri di distribuzione e diversi autocarri dell’impresa Sabritas (del gruppo PepsiCo). La polizia di Salvatierra (Guanajuato), arresta quattro persone, tra cui il capo cellula locale dei Caballeros, a bordo di un’auto con alcune taniche contenenti  residui di benzina.

Ai primi di luglio, in un quartiere popolare di Los Angeles. Viene arrestata Anel Violeta Noriega Rios, ventisette anni, considerata la responsabile dello spaccio di amfetamine e cocaina per conto della Familia in California e a Washington.

Il 2012 si chiude con l’arresto, il primo novembre, di ventitre poliziotti (e del loro comandante) di Chalco e Valle de Chalco (Stato del Messico), per collusioni con la Familia e il 24 dicembre, con un violentissimo conflitto a fuoco a Brisenas, tra polizia e Caballeros Templares con il saldo di diciannove morti tra cui sette agenti.

 

Della Familia si torna a parlare il 23 gennaio 2013 con il rinvenimento a Toluca, di sei cadaveri di uomini fatti a pezzi e lasciati in grossi sacchi della spazzatura. Alla Familia e ai Caballeros viene attribuita l’uccisione, il 23 marzo, di cinque agenti federali e di tre civili all’interno della cantina “Las Vegas” di Altamirano (Guerrero). Sette uomini, invece, vengono eliminatia Urupan perché ritenuti responsabili, secondo i messaggi lasciati sui loro cadaveri, di alcuni furti nelle abitazioni e,quindi, elementi di “disturbo” dell’ordine pubblico locale. La Familia non tollera problemi di questo tipo e si fa “garante” con le autorità locali!

 

Tornano a far parlare di sé anche i Cavalieri Templari. Il 10 aprile, nella frazione Charapando, municipio di Gabriel Zamora, in uno scontro a fuoco tra federali e malviventi a bordo di alcuni fuoristrada, cinque componenti dei Caballeros Templares restano uccisi. A giugno, nei municipi di Buenavista, Tepalcatepec, Coalcoman e Tecpac de Galeana, inizia la protesta di numerosi coltivatori di limoni e di mango costretti a pagare il “pizzo”mensile ai Cavalieri Templari per evitare seri problemi. Denunce presentate da tempo agli organismi di sicurezza statali e federali, inclusa la magistratura, non avrebbero ottenuto alcuna risposta secondo quanto dichiarato il 21 giugno u.s. da uno dei leader di un gruppo di autodifesa cittadino costituitosi a Tepcan contro le violenze dei Cavalieri Templari.

 

 

Messico: catturato 'Z-40',

boss tra i più ricercati al mondo

 

Miguel Trevino era a capo del cartello del narcotraffico Zetas

 

Ansa 16 luglio 2013

 

Trevino era uno degli uomini piu' ricercati al mondo. Il dipartimento di Stato americano offriva 5 milioni di dollari per avere informazioni su 'Z-40'. Anni fa era agli ordini del noto capo del cartello del Golfo Osiel Cardenas, da tempo in carcere negli Usa. Poi pero' era passato agli Zetas, dove divenne un boss molto potente grazie alla disponibilita' di ingenti risorse finanziarie e ottime reti di comunicazioni. Noto per i tradimenti e le esecuzioni degli avversari, oltre che per la crudelta', visto che tra l'altro faceva bruciare i cadaveri dei suoi rivali per eliminare ogni traccia, divenne il capo degli Zetas quando prese il posto di Heriberto Lazcano, 'Il Lazca', ucciso nell'ottobre del 2012. Secondo alcune fonti, 'Z-40' riusciva a gestire l'invio dal Messico negli Stati Uniti di centinaia di chilogrammi di cocaina, oltre a partecipare anche nel contrabbando della droga dal Guatemala agli Usa. Con lui alla guida, gli Zetas erano pero' passati dal business classico del narcotraffico ad altri 'affari', quali la tratta degli esseri umani, la prostituzione e l'alcol, non solo in Messico, ma anche nei paesi del Centroamerica e in alcune aree del sud degli Stati Uniti. 'Z-40' era stato vicino alla cattura nell'aprile del 2010, mentre era il numero due degli Zetas: riusci' a scappare per poco durante una sparatoria con soldati dell'esercito messicano nel ranch 'Los Martinez' in un villaggio di Camargo, nello stato di Chihuahua. Suo fratello, Jose', venne catturato nel giugno del 2012 negli Stati Uniti: gli investigatori lo scoprirono perche' a nome degli Zetas gestiva diversi affari nel mondo dei cavalli da corso per riciclare denaro sporco. Ora sara' Miguel a finire in prigione, fatto che decapita il vertice degli Zetas e che allo stesso tempo rappresenta un successo per il presidente messicano Enrique Pena Nieto, al potere dal dicembre del 2012.