Colombia

 

Le proteste degli agricoltori in Colombia

 

Colombia Unrest

 

ilpost.it  27 agosto 2013

 

Ieri, lunedì 26 agosto, centinaia di manifestanti a sostegno degli agricoltori si sono scontrati con la polizia in Colombia, a Ubaté, un comune del dipartimento centrale di Cundinamarca, a circa cento chilometri dalla capitale Bogotà. Gli agricoltori protestano da più di una settimana: lo scorso 20 agosto hanno proclamato uno sciopero generale del settore per chiedere al governo di Juan Morales Santos una riduzione dei prezzi della benzina, maggiori sussidi e, soprattutto, l’annullamento degli accordi di libero scambio con gli Stati Uniti e l’Unione Europea per tutelare i prodotti locali. L’accordo era stato firmato il 26 giugno del 2012 ed è entrato in vigore il primo agosto 2013. Prevede, tra l’altro, l’azzeramento dei dazi doganali per favorire una liberalizzazione reciproca degli scambi commerciali.

 

Le contestazioni sono iniziate nel dipartimento di Boyacà, a 130 chilometri a nord est di Bogotà, ma si sono rapidamente diffuse nel resto del paese coinvolgendo migliaia di agricoltori, camionisti, minatori, studenti e operai. Domenica 25 agosto, almeno 4 mila persone hanno marciato a Bogotà, bloccando le strade che collegano la capitale a Villavicencio. In numerose altre città continuano da giorni i blocchi ad oltranza. Finora la repressione della polizia e dei militari è stata molto dura, come mostrano le immagini: si hanno notizie di 220 arresti, di decine e decine di feriti e di cinque morti. I manifestanti accusano i militari di usare munizioni vere e di lanciare gas lacrimogeni all’interno delle case.

Le proteste non sembrano comunque fermarsi e il presidente della Colombia Juan Manuel Santos ha infine accettato di ascoltare le richieste degli agricoltori: un primo incontro tra governo e delegati del settore agricolo si è svolto ieri a Tunja, a nord di Bogotà, e da oggi inizieranno i negoziati. Santos ha ammesso che alcuni impegni che erano stati presi con gli agricoltori «non sono stati rispettati». Ha anche detto di aver appreso da diverse fonti che «ci sono stati degli abusi da parte della polizia» spiegando però che «se i poliziotti devono rispettare i diritti umani dei manifestanti, devono a loro volta difendere i loro diritti».

 

 

Colombia e FARC verso un accordo?

 

Nonostante qualche difficoltà, forse è la volta buona:

le trattative sono a buon punto e potrebbero concludersi in tempi brevi, complici le elezioni

 

Farc

Lunedì 26 agosto, dopo una sospensione durata quattro giorni, sono ripresi i colloqui di pace tra il governo colombiano e le FARC, il movimento marxista che controlla parte del paese e che da anni combatte il governo centrale. La partecipazione della guerriglia ai negoziati in corso era stata sospesa venerdì scorso dopo l’annuncio del presidente colombiano Juan Manuel Santos, eletto nel 2010, di voler sottoporre a referendum l’accordo finale. Qualche ora dopo il gruppo aveva però fatto sapere che avrebbe ripreso i colloqui lunedì.

 

Nonostante alcune difficoltà i negoziati sembrano essere sulla strada di un accordo storico. È infatti la terza volta che il governo e i ribelli iniziano una trattativa, ma gli scorsi tentativi non sono mai arrivati da nessuna parte. L’ultimo risale al 2002, durante la presidenza di Andrés Pastrana, che aveva concesso all’organizzazione una zona demilitarizzata di 42mila chilometri quadrati. Le FARC però avevano lanciato una serie di attacchi per rafforzare le proprie posizioni e a quel punto Pastrana si era ritirato dal negoziato. Per questo motivo e per non permettere alle FARC di usare i negoziati per riprendere fiato e ricostituire la propria organizzazione duramente colpita negli ultimi anni, Santos ha deciso di non concedere alcun cessate il fuoco.

 

I negoziati attualmente in corso sono cominciati con alcuni incontri segreti e sono proseguiti nel novembre del 2012 in maniera ufficiale a Cuba. I lavori sono andati avanti lentamente, ma il 26 maggio è stato firmato un primo accordo ritenuto molto importante da tutti gli osservatori perché riguarda la questione agraria che è all’origine del conflitto armato che dura da cinquant’anni e prevede che il governo colombiano adotti una riforma agraria per ridistribuire la terra ai contadini più poveri.

 

Restano ora da discutere gli altri quattro punti che comprendono la completa smobilitazione delle FARC, il trattamento giudiziario per i loro capi, un accordo per la trasformazione dell’organizzazione in un movimento politico riconosciuto e le riparazioni per le vittime della guerra civile. Il governo vuole chiudere l’accordo entro quest’anno, anche per sfruttarlo alle prossime elezioni del 2014. E se le FARC sperano di riuscire a formare un partito politico, sarebbe anche nel loro interesse raggiungere un accordo ben prima della data del voto: «Sanno che il tempo è contro di loro e che da un logoramento del governo non trarranno alcun beneficio. Questi fattori li stanno portando ad essere più pragmatici», ha detto Enrique Santos, fratello del presidente che partecipa ai negoziati. La scorsa settimana uno dei comandanti del gruppo ha anche letto una dichiarazione in cui il gruppo per la prima volta nel corso dei negoziati ha ammesso le proprie responsabilità per le vittime del conflitto armato.  

 

La guerriglia in Colombia è una delle più lunghe nella storia del continente. È cominciata nel 1964, anche se nel paese c’erano stati disordini, scontri e violente repressioni governative anche nei decenni precedenti. Le FARC furono create in seguito ad una di queste spedizioni punitive dell’esercito contro una comunità di contadini.

 

Le FARC da allora sono cresciute, occupando le aree più remote nel sud-est del paese, ma senza mai minacciare seriamente il governo. L’ideologia del gruppo è marxista e anti-imperialista. Il movimento si presenta come difensore dei ceti agricoli più poveri e ha come obiettivo quello di rovesciare il governo e instaurare uno stato comunista. I suoi principali canali di finanziamento sono il traffico di droga, le estorsioni – di cui sono spesso oggetto proprio i contadini – e i rapimenti (come quello di Ingrid Betancourt).

 

Nell’ultimo decennio le operazioni dell’esercito hanno seriamente danneggiato la guerriglia. Nel 2000 le FARC potevano contare su una milizia composta da circa 40mila guerriglieri, mentre oggi si stima che siano meno di 18 mila. Negli ultimi anni 32 capi delle FARC – tra cui il leader principale, Alfonso Cano, a fine 2011 – sono stati uccisi e altri sette sono stati catturati. Nonostante questo le FARC sono un movimento ancora molto attivo: nel 2012 si calcola che abbiano compiuto una media di due attacchi al giorno.