GRECIA
Tsipras sfida l'Ue: «Rispetterò il mio programma»
Atene non arretra. «Avanti con gli impegni elettorali».
Varoufakis: «Anche l'Italia rischia il crac».
Padoan smentisce. Spettro Grexit al G20 di Istanbul
lettera43.it - 08 Febbraio 2015
La sfida all'Unione europea non arretra di un centimetro.
Lo ha ribadito il primo ministro greco Alexi Tsipras nel suo discorso programmatico al parlamento di Atene.
«Mi impegno a rispettare in pieno il programma del partito con cui ho vinto le elezioni», è stata la sua scommessa nonostante Berlino lo avesse invitato a rinunciare a certe promesse fatte ai cittadini.
«VOGLIAMO PAGARE». Tsipras ha spiegato che «la Grecia vuole pagare il suo debito, ma vuole raggiungere un'intesa comune con i partner per l'interesse di tutti: il problema del debito greco non è economico, ma politico».
Quel che è certo è che la Troika ormai non può più funzionare: «Il Memorandum ha fallito da solo. Il nostro governo non deve chiedere il suo prolungamento. Chiede un nuovo accordo-ponte sino a giugno per rinegoziare il suo debito. La Grecia vuole un accordo sostenibile con i partner e, a essere sincero, sono sicuro lo raggiungeremo».
RIDUZIONE DEGLI SPRECHI. Le misure che il governo è pronto ad attuare per ridurre gli sprechi sono la riorganizzazione da zero della tivù pubblica, la vendita di 800 auto blu, il taglio dei costi.
Il problema, ora, è capire come reagiranno le istituzioni comunitarie.
Roma e Parigi si sono fatte da parte cedendo la leadership nelle trattative ad Angela Merkel.
FRECCIATA ALL'ITALIA. E così Atene ha mandato una frecciata al governo Renzi. «Funzionari italiani mi hanno detto che non possono dire la verità. Anche l'Italia è a rischio bancarotta, ma teme ritorsioni da parte della Germania», ha detto il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis dopo il tour europeo che l'ha portato anche a Roma.
Parole pesanti che rompono decisamente con lo stile 'felpato' che di solito domina gli scambi fra i ministri europei, e che ben testimoniano la delusione di Atene per la mancanza di solidarietà da parte dei Paesi, Italia e Francia in testa, che in effetti dello stop all'austerity avevano fatto la propria bandiera.
PADOAN SMENTISCE ATENE. Secca anche la replica del ministro dell'Economia italiano, Pier Carlo Padoan: «Il nostro debito è sostenibile, le parole di Varoufakis sono fuori luogo».
Ultimatum della Bce e agenzie di rating in agitazione
Atene vorrebbe far uscire allo scoperto in particolare i socialisti europei, che si sono intestati lo stop all'austerity, ma di fatto - o almeno così dice la Merkel - sono con lei nella trattativa con la Grecia.
Proprio per questo Tsipras, il neo-premier, ribadisce che gli impegni elettorali che l'Europa vorrebbe rinnegati saranno invece rispettati.
«Non riceveremo più ordini via email». I nodi potrebbero venire al pettine all'Eurogruppo convocato d'urgenza per l'11 febbraio, alla vigilia del Consiglio dei capi di Stato e di governo a Bruxelles, con la Bce che ha dato praticamente un ultimatum tagliando i prestiti diretti alle banche elleniche.
SPETTRO GREXIT. Ma il tema della Grecia, con le agenzie di rating che agitano lo spettro di un default, fa breccia già al vertice turco dei ministri finanziari e governatori di lunedì e martedì.
Il rischio 'Grexit', con la sua carica d'instabilità che mette in forse i progressi europei ottenuti con il quantitative easing di Draghi, non piace per niente a Washington.
ARRIVANO GLI USA. Il segretario del tesoro Usa Jack Lew, a Istanbul, potrebbe vestire i panni del genitore che riprende i 'bambini' europei chiedendo loro una maggiore cooperazione sulla Grecia.
Alla Casa Bianca non è piaciuta affatto l'apertura di Mosca ad Atene sul fronte finanziario. «Incoraggeremo le due parti a trovare un percorso comune. È importante che la Grecia e l'Ue lavorino insieme», dice un funzionario americano senior anticipando i colloqui del G20.
LONDRA CONTRO LO STALLO. E anche Londra torna a farsi sentire, con il ministro delle Finanze George Osborne che punta il dito sulla stallo nei negoziati europei con Atene a causa del quale Londra starebbe preparando un piano di contingenza e a Istanbul «incoraggerà i partner a risolvere la crisi».
Mario Draghi, il presidente della Bce, incontrerà Lew: non è escluso che a Istanbul, geograficamente vicina ma paradossalmente distantissima politicamente da Atene, comincino a tracciarsi i contorni della strategia per salvare la Grecia e l'euro a 19.
Con, sullo sfondo, il tema caro agli Usa di un rilancio della domanda globale.
Le conseguenze economiche
del voto
oltremedianews.it BY - ON 26 GENNAIO 2015
“Il popolo greco ci ha dato un mandato molto chiaro, la Grecia lascia l’austerità, lascia dietro di sé anni di oppressione, la Grecia va avanti con la speranza verso un’Europa che sta cambiando”. Con queste parole Alexis Tsipras, nuovo primo ministro greco, ha commentato lo storico risultato emerso dalle urne. Syriza, un partito nato dall’unione tra comunisti, militanti della società civile e dissidenti del Pasok, è dunque la prima forza di governo apertamente socialista e contraria all’austerity in Europa, e l’importanza politica di questo risultato maturerà i suoi frutti già da oggi. Nell’Unione dei grandi sacerdoti di Bruxelles e dei vertici finanziari si è generata una falla creata dal malcontento sociale di chi ha visto naufragare la propria vita contro la crisi economica e la sua pessima gestione da parte delle istituzioni: Syriza ha saputo dare una risposta a queste persone, passando dal 4,5% del 2009 a più del 35% dei voti in questa tornata elettorale, evolvendosi da un semplice laboratorio di idee per una sinistra alternativa ad una sinistra di governo senza perdere il suo radicamento sociale e la sua radicalità politica.
Cerchiamo di capire le implicazioni del voto greco.
La posizione sull’Europa di Syriza è chiara: sette anni di austerità non hanno funzionato ed è ora di cambiare strada. La soluzione? In primo luogo occorre ristrutturare i debiti dei paesi indebitati (cosa su cui è arrivato a convenire persino il Financial Times), in secondo luogo è necessario dare vita ad un vasto piano di investimenti pubblici su scala europea per ridare un po’ di ossigeno alle esauste società del vecchio continente. Il mito dell’austerità espansiva e dell’uscita dalla crisi grazie a politiche economiche fortemente restrittive non esiste e la Troika ha mostrato di essere interessata solo agli aspetti finanziari della crisi europea.
Tuttavia chiunque abbia in mente il mantra dei vincoli del 3% tra deficit e pil e del 60% tra debito e pil, nonché la posizione ultraconservatrice dei paesi nordici in termini di intervento pubblico nell’economia, sa che la partita non sarà né semplice né agevolmente prevedibile. Se infatti da un lato Tsipras e i suoi si sono sempre detti convinti della necessità di affrontare i problemi su scala europea e non solo nazionale, d’altro canto non si può ignorare che tra la sopravvivenza materiale dei cittadini greci e il soddisfacimento dei creditori del Paese (Germania, FMI e Paesi Bassi in testa), i dirigenti di Syriza non avrebbero troppi indugi a schierarsi, come hanno sempre fatto, in favore dei primi. Dunque sì all’Europa, purché si cambino le regole del gioco. Ma siamo sicuri che l’establishment europeo voglia cambiare? Certamente avere un governo di un paese dell’Eurozona che in sede di Consiglio avanzi proposte come quelle sopra riportate non è un elemento trascurabile, ma sarebbe ingenuo immaginare che a Bruxelles non siano pronti al muro contro muro. Lo scorso dicembre il Fondo Monetario, a mo’ di ammonimento verso gli elettori e senza troppi convenevoli per la democrazia, ha sospeso gli aiuti alla Grecia in attesa del risultato delle urne, mentre il Quantitative Easing di Draghi, per motivi legati al rating del titoli acquisibili dalla BCE, ha di fatto estromesso il paese dal programma. In mattinata i vertici di Bce e Commissione Europea hanno convocato una riunione di urgenza per capire come muoversi: il piano di salvataggio europeo nei confronti della Grecia, senza cui il paese risulterebbe insolvente e costretto a dichiarare default sul debito, scade il prossimo mese, ma probabilmente verrà prorogato fino a questa estate con l’auspicio di riuscire a contenere le richieste greche. Qualora dovesse verificarsi una fuga di capitali, la Grecia potrebbe accedere al fondo OMT, con cui la Bce si impegna ad acquistare titoli di stato in quantità illimitata e che per definizione prevede una sorta di socializzazione del debito di un singolo paese, ma le condizionalità da rispettare sono decisamente troppo stringenti per rendere l’opzione una scelta convincente.
Credere che la Grecia dichiari default e receda dall’Unione appare tuttavia improbabile. Come ha ricordato il giornalista greco Dimitri Deliolanes in una nostra recente intervista, “la guerra è guerra e fa male a tutti”, a sottolineare che un fallimento greco non sarebbe privo di ricadute sugli altri paesi europei, che hanno tutto l’interesse a far sì che il paese resti nell’Unione e soprattutto entro i ranghi stabiliti da frau Merkel. Dunque ci sarà un braccio di ferro, questo è certo, e la partita verrà giocata sull’abilità di Syriza nell’ottenere la rinegoziazione del debito senza arrivare allo scontro frontale – magari anche con l’appoggio di altri paesi indebitati – e sulla capacità dei creditori di concedere il minimo possibile.
Per quanto riguarda la politica interna, il lavoro di Syriza sembra invece più facilmente prevedibile. Gli schieramenti To Potami e gli indipendenti di centrodestra contrari all’austerity di Anel si sono detti disponibili ad un appoggio esterno al governo, dunque la maggioranza assoluta dovrebbe essere garantita. Servirà prestare attenzione ai rapporti traNea Demoktratia e Alba Dorata, che già in passato hanno collaborato e che potrebbero ostacolare i piani di Tsipras, ma la stabilità interna non sembra essere a rischio.
L’Europa delle lobby e della deregulation ha perso. La vittoria di Syriza ha un enorme valenza politica in termini di capacità di organizzazione e convogliamento delle forze al di là delle logiche finanziarie che guidano la politica negli altri paesi europei: probabilmente la sua forza contrattuale nell’Unione è troppo piccola per riuscire a dare completa attuazione ai suoi programmi (la Grecia contiene circa un cinquantesimo della popolazione dell’Unione e rappresenta poco più dell’1% del suo Pil), ma le imminenti tornate elettorali in Spagna eRegno Unito segneranno con ogni probabilità un ulteriore passo contro l’austerità. A questo punto la questione esce dall’alveo economico per tornare in quello che le compete, cioè nella sfera politica. Spagna e Grecia avranno un governo di sinistra, in Inghilterra gli ultranazionalisti di UKIP, che pure hanno festeggiato per la vittoria di Tsipras, hanno già palesato la loro volontà di uscire dall’UE. I cittadini di tutti e 28 i paesi hanno il cruciale incarico di decidere se vale la pena rispolverare il progetto dell’Europa dei popoli o se tornare a brucare nel proprio orticello di provincia. Chiunque abbia parteggiato per Syriza, se non vuole tradire lo spirito stesso del partito greco, ha anche il difficile compito di non delegare più la sua partecipazione. In questo modo si può vincere, i greci ci hanno avvisato.
IL SOGNO SOCIALISTA DI ATENE
Il giornalista italiano Tullio Filippone ha passato quattro giorni insieme ai giovani di Syriza, il partito di sinistra radicale
thepostinternazionale.it di Tullio Filippone - 25 gennaio 2015
Quella strada che sale dolcemente verso la collina di Strefi si chiama Temistokleus ed è stretta come il canale dove Temistocle fermò i persiani nella battaglia di Salamina.
Siamo a Exarchia, temuto bastione anarchico di Atene, centro artistico e culturale allergico al potere costituito.
Per le vie di questa zona franca spopolano murales, centri sociali, caffè e librerie alternative. L’ultima banca è stata chiusa dopo i ripetuti attacchi di matrice anarchica.
Qui, nel 1973 il glorioso Politecnico si ribellava alla feroce dittatura dei Colonelli e nel 2008 veniva ucciso dalla polizia il 15enne Alexandros Grigoropulos, scatenando le dure proteste che avrebbero messo a soqquadro la città.
Ma Exarchia non è soltanto un quartiere anarchico. È il laboratorio di un sogno, quello del riscatto di un Paese messo in ginocchio dalla crisi e dell’austerità.
Per le sue vie un avamposto di poliziotti protegge la sede dell'ala giovanile del partito socialista Pasok, ma a pochi metri dalla piazza principale ci si imbatte nella sede di Neolaia Syriza, formazione giovanile di Syriza, il partito di Alexis Tsipras, astro nascente della politica greca che, secondo i sondaggi, sopravanza Antonis Samaras e la Nuova Democrazia e si candida per governare e cambiare la Grecia con qualche preoccupazione di Bruxelles (e dei mercati).
L’edificio è anonimo e persino un po’ squallido. Solo le bandiere di Syriza lo identificano e lo differenziano dai vicini anarchici o antifascisti padroni del quartiere. Calma piatta, saracinesche abbassate e lucchetti.
All'interno della sede di via Temistokleus 52 non entreremo mai. Sono tutti al campus universitario di Atene. È qui che dal 2 al 5 ottobre si celebra la festa nazionale del partito che si candida a guidare la Grecia.
Incontriamo il nostro “contatto” alla fermata metro di Panepistimio. Alexandros, è uno studente di 25 anni e ha militato nella giovanile di Synaspismós, componente principale dell'alleanza che nel 2004 ha dato vita alla coalizione di Syriza (Synaspismós Rizospastikís Aristerás) e nel 2012 si è trasformata in un vero e proprio partito.
Nato ufficialmente a dicembre del 2013, Neolaia Syriza nasce da quel tentativo di dare una connotazione internazionale ed europea all'impegno contro la crisi e all'opposizione al modello liberista attraverso «la solidarietà tra nazioni e popoli in Europa».
Il giovane, una sorta di coordinatore della comunicazione, racconta con passione e precisione la storia di un “partito figlio della tradizione comunista”.
"Abbiamo dei punti in comune con il KKE (partito comunista greco, n.d.r.), ma loro sono di matrice stalinista e hanno una politica molto severa e chiusa sulle alleanze. Criticano tutto e pensano di sapere la verità. L'azione politica, secondo me, deve portare a un risultato. Per questo ho scelto Syriza", conclude.
Cosa significa oggi essere un giovane militante di un partito di “sinistra radicale”? "È una domanda alla quale stiamo da sempre cercando di rispondere", confessa.
"Noi giovani cerchiamo di prendere le cose positive della tradizione comunista, per rinfrescarle. Il nostro obiettivo è creare un socialismo del XXI secolo", come si legge anche nella frase perentoria scolpita nel manifesto ufficiale su internet.
Con quel pizzico d'incoscienza idealista della gioventù, il nostro contatto cita gli esempi latinoamericani di Chavez e Morales e auspica il superamento dell'attuale modello capitalistico attraverso la cooperazione e la difesa dei diritti civili.
Si serve di un vocabolario marxista e, compiaciuto del fatto che siamo italiani, cita Gramsci, ispiratore del Centro culturale Nicos Poulantzas, punto di riferimento della tradizione marxista greca e uno dei padri dell'eurocomunismo.
"Oggi molti giovani hanno ottenuto livelli d'istruzione e abilità che potrebbero essere sfruttate diversamente, c'è un enorme potenziale. Il nuovo socialismo deve essere basato sulla conoscenza e le abilità".
Nella società greca, fiaccata e sfilacciata dalla crisi e dalle politiche di Bruxelles, e orfana di un quarto del Pil nazionale, Neolaia Syriza ha un rapporto diretto con il territorio.
"Prima di essere un partito era un movimento". I militanti sono il "cuore pulsante", hanno una tessera e contribuiscono con una quota simbolica annuale. Il modello di organizzazione è invece ibrido: un comitato centrale ad Atene e poi altri piccoli uffici nei centri principali del Paese, come Patrasso e Salonicco.
"Stiamo cercando di dare una struttura più orizzontale e di creare una piattaforma d'informazione alternativa in inglese per informare i lettori al di fuori della Grecia", aggiunge.
Ogni aspetto della vita sociale viene invece regolato da un comitato ad hoc. "Stiamo anche lavorando alla costruzione di un network di solidarietà diffuso in tutto il Paese".
Tanto entusiasmo e pochi soldi. "Non abbiamo bisogno di grandi finanziamenti, il grosso serve per il festival".
E alla festa arriviamo giusto in tempo per assistere ai preparativi finali. Non mancano elementi tipicamente ellenici, come il tributo al cantautore Vassilis Tsitsanis, il palinsesto dedicato a una versione politicizzata del rebetiko e i deliziosi suvlaki grigliati, abbinati alla birra alfa.
Il parco universitario accoglie anche workshop tematici e dibattiti, esposizioni e persino una tribuna riservati ad alcuni lavoratori licenziati da alcune multinazionali.
Intorno, i volontari si danno da fare con entusiasmo. "Se vogliamo essere unici dobbiamo dare il meglio. Non siamo i migliori e non conosciamo la verità, ma vogliamo che la gente venga qui e partecipi per mostrargli cosa stiamo facendo", dice il ventenne Kiriakos con la spontaneità di chi si sente parte di qualcosa di grande.
"In un periodo come questo devi essere radicale, altrimenti non puoi fare la differenza e cambiare lo stato delle cose".
Il tramonto si avvicina e i primi visitatori cominciano ad affluire, ma la nostra attenzione si concentra su quella sezione viola che richiama uno dei colori della bandiera di Syriza.
"Il rosso è il simbolo dell'eurocomunismo e della rivoluzione, il verde dell'ecologia e il viola del femminismo", spiega Aliki, membro del ufficio centrale di Neolaia Syriza. "Ci stiamo occupando molto delle politiche di genere", prosegue, mentre indica l’esposizione dedicata al femminismo.
La nuova fase aggressiva di Alba Dorata
Ancora più aggressiva, con riferimenti
sempre più espliciti al nazismo:
il partito greco di estrema destra
«non è qualcosa di passeggero»
ilpost.it - 9 giugno 2014
Lo scorso 4 giugno, il Parlamento greco ha deciso la revoca dell’immunità per Nikos Mihaloliakos, fondatore e leader del partito di estrema destra Alba Dorata, e per altri due deputati dello stesso gruppo, Christos Pappas e Yannis Lagos. L’assemblea ha votato a favore della revoca con 223 voti e soltanto uno contrario: la richiesta era stata fatta dalle due giudici istruttrici che stanno indagando sulle presunte attività criminali di alcuni esponenti del partito. Il giorno del voto, di fronte al Parlamento in piazza Syntagma ad Atene, circa 400 sostenitori di Alba Dorata hanno organizzato una manifestazione a sostegno dei loro deputati.
Michaloliakos e altri deputati di Alba Dorata erano stati arrestati negli scorsi mesi con l’accusa di essere a capo e di avere gestito un’organizzazione criminale. All’accusa principale se ne erano poi aggiunte altre: Mihaloliakos e Lagos erano stati accusati di detenzione illegale di armi da fuoco, mentre Pappas di possesso di documenti illegali. Tutti e tre gli accusati avevano comunque mantenuto i loro seggi al Parlamento. L’inchiesta della magistratura era stata avviata in seguito all’uccisione del rapper di sinistra Pavlos Fyssas (in arte “Killah P”) avvenuta nel quartiere di Keratsini del Pireo, a sud di Atene, il 18 settembre scorso per mano di Georgios Roupakias, militante di Alba Dorata.
Il 4 giugno Michaloliakos e gli altri due deputati sono stati trasferiti dal carcere di Korydallos alla sede del Parlamento per intervenire nel dibattito sulla revoca della loro immunità che è stato piuttosto movimentato con pesanti scambi di accuse tra i parlamentari del partito di estrema destra e quelli delle altre formazioni politiche presenti in aula. I tre hanno rilasciato diverse dichiarazioni dopo l’esito del voto: «Non mi vergogno di essere nazionalista e membro di Alba Dorata. Non piegherete il mio spirito qualunque cosa facciate. Per i miei ideali sono pronto ad andare in carcere e a morire perfino», ha detto Michaloliakos. E ancora: «È Dio che vuole la liberazione della Grecia. Che Dio possa avere pietà di voi miserabili perché il popolo greco non ne avrà».
Nonostante si fosse parlato di una recente crisi interna nel partito dovuta all’arresto di alcuni suoi esponenti, del coinvolgimento di diversi deputati nell’inchiesta della magistratura e anche a causa di alcune significative “diserzioni” dal gruppo parlamentare, nelle recenti elezioni europee, regionali e amministrative Alba Dorata è riuscita a ottenere un consistente numero di voti diventando la terza forza politica del paese: ha raggiunto il 9 per cento alle elezioni europee e un buon risultato anche alle amministrative che si sono svolte domenica 18 maggio. Ad Atene, ad esempio, Alba Dorata ha più che triplicato i voti rispetto le amministrative del 2010 con un candidato sindaco, Ilias Kasidiaris, che ha tatuata una svastica sul braccio ed è in attesa di un processo per aggressione e possesso illegale di armi.
Alba Dorata esiste dal novembre del 1993 e dal 2012 si trova in Parlamento. Nel corso degli anni molti militanti di Alba Dorata sono stati accusati di aver condotto azioni violente contro gli avversari politici, contro gli immigrati e contro le minoranze etniche presenti in Grecia. Le simpatie di Alba Dorata nei confronti del nazismo non sono dunque una novità: nel maggio del 2013, ad esempio, in occasione dell’anniversario del suicidio di Hitler e di Eva Braun, il deputato di Alba Dorata Xristos Pappas aveva elogiato apertamente Hitler in quanto «visionario dell’Europa unita». Dopo i recenti arresti e le accuse rivolte al partito, però, i suoi leader avevano in qualche modo avviato un processo di normalizzazione interna, cercando di prendere le distanze dagli atti di teppismo e dalla retorica razzista da cui il movimento era nato. Grazie a questo “ammorbidimento” erano riusciti anche ad attrarre un numero sempre crescente di consensi soprattutto nella classe media.
Secondo la giornalista del Guardian Helena Smith la deriva neonazista del partito sarebbe entrata però in una nuova fase: nuovamente manifesta, particolarmente aggressiva e condivisa. Helena Smith parla dell’atteggiamento di Michaloliakos in Parlamento, dei suoi saluti a braccio e mano tesa tra i seggi, dei sostenitori in piazza vestiti con camicie nere, schierati come fossero un esercito mentre sventolavano bandiere con la svastica e cantavano in greco Horst-Wessel-Lied (In alto la bandiera, inno ufficiale del Partito Nazionalsocialista). Questo ritorno alle origini e il successo ottenuto nelle recenti elezioni, dimostrerebbero come il partito e la sua ideologia stiano diventando sempre più radicate e diffuse. Da un sondaggio della Anti-Defamation League pubblicato il mese scorso, risulta ad esempio che in Grecia il 69 per cento della popolazione ha idee antisemite.
Un analista politico greco, Pavlos Tzimas, intervistato da Helena Smith sul Guardian, dopo la manifestazione del 4 giugno ha spiegato: «Dopo tutte le rivelazioni sull’attività criminale, dopo tutte le persecuzioni contro i suoi parlamentari, Alba Dorata ha ancora il coraggio di agire in questo modo, con scene di odio che, francamente, non ricordo di aver mai visto all’interno del Parlamento. Alba Dorata non è qualche cosa di passeggero, e non scomparirà con la fine della crisi economica: si sente intoccabile, non ha paura di nulla, e quello che abbiamo visto in quest’ultima settimana è il suo vero volto. Non è come gli altri partiti estremisti d’Europa: è una vera forza neonazista, il cui scopo è quello di usare la democrazia per distruggere la democrazia».
Dopo la vittoria Tsipras
chiede di tornare alle elezioni
Internazionale - 26 maggio 2014
Alexis Tsipras ad Atene, il 25 maggio 2014. (Aris Messinis, Afp)
Il partito di sinistra Syriza di Alexis Tsipras è stato il più votato alle elezioni europee del 25 maggio in Grecia. Syriza ha raccolto il 26,6 per cento dei consensi, mentre il partito conservatore Nuova democrazia del primo ministro Antonis Samaras si è fermato al 22,7 per cento. Al terzo posto Alba dorata con il 9,3 per cento. I socialisti di Pasok hanno raccolto l’8 per cento, mentre il partito comunista Kke il 6,1 per cento.
Grazie ai risultati delle elezioni, Syriza eleggerà sei parlamentari europei, Nuova democrazia cinque, Alba dorata tre, mentre l’alleanza Elia (guidata dal Pasok), il Kke e il nuovo partito To Potami, guidato dal presentatore televisivo Stavros Theodorakis, ne eleggeranno due ciascuno.
Nonostante la sconfitta, la coalizione di governo formata da Nuova democrazia e Pasok, che ha avallato le politiche di austerità imposte dalla troika, ha detto che continuerà a guidare il paese. Secondo il premier Samaras il risultato non avrà conseguenze sulla tenuta dell’esecutivo.
Alexis Tsipras invece, dopo un incontro con il presidente greco Karolos Papoulias, ha chiesto nuove elezioni politiche il “prima possibile”, sostenendo che il governo non ha più il consenso popolare necessario per portare avanti le sue politiche di austerità, scrive Kathimerini.
Sindaci e governatori. Alle elezioni amministrative, che si sono tenute contemporaneamente alle europee, si è votato per eleggere i governatori in tredici regioni e i sindaci di 325 comuni. Nuova democrazia ha fatto eleggere due governatori, così come Syriza. Particolarmente importante per il partito di Tsipras il successo nell’Attica, la regione che include la capitale Atene e dove risiede quasi la metà della popolazione greca. La candidata si Syriza, Rena Dourou, ha vinto con il 50,8 per cento, dopo un testa a testa con il governatore uscente Yiannis Sgouros.
Ad Atene il sindaco uscente Giorgos Kaminis ha battuto il candidato di Syriza, Gavriel Sakellaridis, al ballottaggio, mentre il presidente della squadra di calcio Olympiakos, Yiannis Moralis, è diventato il nuovo sindaco di Pireo. A Salonicco il sindaco uscente Yiannis Boutaris, del partito di orientamento liberale Drassi, è stato confermato.
Alexis Tsipras ha chiesto di non approvare nuove misure di austerità, si è opposto alla privatizzazione dell’acqua e ha chiesto che il nuovo governatore della Banca di Grecia non sia eletto senza l’approvazione del suo partito.
“Questo governo non ha la legittimità per condurre le trattative con la troika sul debito, un problema che riguarderà i cittadini greci per i prossimi decenni”, ha detto Tsipras.
Grecia in crisi, l'auto diventa un lusso
Dall'inizio della crisi economica in Grecia l'automobile è diventata un lusso. Spinti dalle imposte sempre più pesanti, molti cittadini hanno deciso di restituire le targhe di circolazione. O di contraffarle, come l'ex ministro dei Trasporti Michalis Liapis
Come un antico Centauro: a cavallo, a ricordare i guerrieri mezzi uomini e mezzi equini che scorrazzavano da queste parti tremila anni fa, almeno secondo i miti, ma con la targa della sua automobile in mano.
Così il signor George Panutsopulos, agricoltore del paesino di Marathià, sul lungomare della regione Elide nel Peloponneso, non lontano da dove un tempo si svolgevano gli antichi giochi olimpici (là dove ancora sorgono le rovine dell’antico santuario panellenico) si è presentato all’inizio dell’anno al locale ufficio delle tasse.
Nostalgia delle antiche gare equestri? No, impossibilità a mantenere la propria quattroruote, fra i crescenti costi della tassa di circolazione, dell’assicurazione auto e della benzina. “Il cavallo sarà d’ora in poi il mio mezzo di trasporto”, ha esclamato agli impiegati attoniti il signor Panutsopulos.
George forse può permetterselo, perché si deve spostare nei dintorni campestri e boschivi di Olimpia. Ma attraversare Atene, Salonicco o Patrasso, le più grandi città greche, in sella a un destriero o a un ronzino è complicato. Quindi gli almeno 100mila greci che fra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 hanno restituito agli uffici della Motorizzazione civile le targhe delle loro auto, perché non riescono a sostenerne i costi, dovranno accontentarsi di metropolitana, autobus e lunghe scarpinate a piedi. Forse si abbasseranno i tassi d’inquinamento da polveri sottili, ma l’umore dei greci è nero.
Corsa a restituire le targhe
Negli ultimi quattro anni, segnati dalla Grande crisi, sono più di 200.000 le targhe abbandonate dai legittimi proprietari. Solo dal 2013 giacciono sugli scaffali della Motorizzazione 70mila targhe dismesse, secondo una recente indagine dell’edizione domenicale del quotidiano ateniese “To Vima”.
Ma non ci sono solo le famiglie sull’orlo della povertà, che si disfano delle spese voluttuarie, come è ormai considerata una macchina, anche se utilitaria. Anche molte persone abbienti hanno deciso di sbarazzarsi delle macchine di cilindrata superiore ai 2000 cc, acquistate prima della crisi economica, fra il 2004 e il 2009, per lo più a rate, per evitare anche il salasso della nuova tassa sul lusso.
“Ci arrivano anche dieci Suv da rivendere al mese”, racconta un concessionario di auto usate di Larissa, in Tessaglia. “Molte vecchie Cherokee riusciamo a venderle in Bulgaria, quelle che però hanno tanti chilometri sul contatore trovano un mercato ricettivo in Libia o in Romania, altre ancora in Georgia. Solo le jeep seminuove, dal 2007 in poi e comunque in ottime condizioni, le acquistano i tedeschi”. L’interesse locale rasenta lo zero: una Cherockee diesel del 2006 si vende a 5900 euro, una del 2004 a benzina a 2800 euro, una KIA Sportage del 2005 Diesel sui 4500 euro. “Chi vende la macchina più grande lo fa per acquistarne una più piccola”, conclude il concessionario.
Su una popolazione di circa dieci milioni di abitanti, in Grecia circolano complessivamente cinque milioni e mezzo fra automobili familiari, motociclette o auto aziendali, grazie alle quali il ministero dell’Economia ha incassato un miliardo e 81 milioni di euro solo in tasse di circolazione per il 2014. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che ben 95mila proprietari sono ancora debitori della tassa di circolazione arretrata per il 2013, mentre per il 2014 non hanno ancora saldato circa 200mila guidatori.
E anche il ministro tenta di farla franca...
Porteranno tutti la macchina dal venditore di auto di seconda mano, o la chiuderanno in garage in attesa di tempi migliori le migliaia di greci che hanno restituito le loro targhe automobilistiche? La domanda si pone, perché in un panorama così desolante c’è chi tenta di farla franca.
Paradossale che a guidare il drappello dei furbi sia un ministro dei Trasporti (!) dell’ex governo di centrodestra guidato da Kostas Karamanlis fra il 2004 e il 2008. Il 17 dicembre scorso, infatti, Michalis Liapis è stato fermato dalla polizia di Loutsa, nel grande hinterland ateniese, a bordo della sua Touareg nera perché correva troppo e non si è fermato a uno stop di un incrocio.
Dopo un rapido controllo, Liapis risultava anche sprovvisto di patente, di assicurazione e, qui sta il grande inghippo, con targhe false fai da te. Una volta esaminati i documenti, l’amara verità è emersa dal cervellone elettronico della motorizzazione ellenica: Liapis aveva riconsegnato nel 2012 le targhe della sua auto per evitare di pagare circa 1400 euro di tassa di circolazione e di assicurazione. E subito dopo aveva applicato davanti e dietro la sua jeep due targhe false. Non solo.
Oltre a non aver rinnovato la polizza, aveva lasciato anche scadere la patente per evitare di pagare il bollo annuale. Pratiche purtroppo comuni in un Paese dove la gente in maggioranza non riesce a pagare neppure le spese di riscaldamento, e dove l’inquinamento delle città non è più dovuto tanto al traffico automobilistico ma a quello prodotto dai caminetti e dalle stufe a legna dove vengono bruciati pezzi di legno provenienti anche da mobili trattati con vernici tossiche.
Drammatico che a dare l’esempio delle “targhe false” sia un (ex) ministro dei Trasporti, legato da vincoli di parentela a una delle più ricche Dinasty della politica ellenica (quella dei Karamanlis) e che nella dichiarazione dei redditi del 2011 aveva dichiarato 109mila euro di entrate. “Avevo bisogno della macchina, anche se ero senza patente e senza assicurazione”, si è giustificato Liapis, che ora non gode più dell’immunità parlamentare essendosi ritirato dalla politica nel 2009, mentre veniva accompagnato al processo che l’ha visto condannare a quattro anni di carcere. “Sapete”, ha poi aggiunto, “la crisi ha colpito anche me”.
I greci e la classe politica, un rapporto sfortunato
E dire che Liapis è l’autore di saggi dal titolo-sermone "Per un rinnovo radicale", "Una nuova etica", "Per una rivoluzione creativa". Peccato che, appena rilasciato con la libertà condizionale, Liapis abbia riempito le prime pagine dei giornali ellenici con le sue ultime prodezze in materia fiscale: ha usato fondi pubblici per ristrutturare (quando ancora era al governo) uno chalet nella regione montuosa di Evritania e non ha pagato di recente la dovuta supertassa sulla casa. E via truffando.
Quanto a classe politica, è evidente, la Grecia è stata per decenni davvero poco fortunata. Saranno di migliore esempio i leader attuali, che chiedono lacrime e sangue ai loro conterranei?
LA GRECIA DOPO ALBA D'ORATA
balcanicaucaso.org di Gilda Lyghounis 2 ottobre 2013
“Vedrai, dopo l’omicidio del rapper prenderemo il 40% dei voti!”, “L’accordo era che, subito dopo gli agenti antisommossa, ci schieravamo noi con le catene. Lo prendeva sempre Nikos il 'corto'”... Frammenti di dialoghi, intercettati dalla magistratura, fra i membri di Alba Dorata prima di finire in manette lo scorso fine settimana, dopo che la Grecia si è infiammata a causa dell’assassinio del giovane musicista hip hop Pavlos Fyssas da parte di George Roupakias, capo della sezione di Alba Dorata di Nikaia, hinterland di Atene, omicidio avvenuto la notte fra il 17 e il 18 settembre.
Dopo l’ondata di arresti fra i deputati del partito neonazista (sei su 18 parlamentari di Alba Dorata) e suoi affiliati, e mentre gli interrogatori davanti ai giudici si susseguono a partire da martedì 1 ottobre, giornali ellenici e stranieri si interrogano su cosa succederà adesso. Che fine faranno i voti dati ad Alba Dorata nelle scorse elezioni del giugno 2012? E’ stata davvero una sorpresa scoprire relazioni privilegiate fra polizia e chrysavghites (da Chrysì Avghì, Alba Dorata)?
Rapporti scomodi tra Alba Dorata e forze dell'ordine
Partiamo da quest’ultimo punto. Già numerose inchieste un anno fa avevano mostrato che ad Atene un poliziotto su due aveva votato per il partito della svastica. A ciò si è aggiunto, fra i tanti scoop di questi giorni di molti quotidiani, quello di lunedì del quotidiano To Ethnos, che ha mostrato la foto di un noto squadrista aggredire i manifestanti antifascisti stando a un passo dai poliziotti, che non lo degnavano di uno sguardo, quasi fossero vecchi amici, proprio il giorno successivo all’assassinio a sangue freddo del rapper di sinistra Pavlos Fyssas, pugnalato da un membro di Alba Dorata la notte fra il 17 e il 18 settembre. Un omicidio che ha infiammato le piazze elleniche.
Ethnos ha inoltre passato al setaccio le riprese dei raduni di Alba Dorata degli ultimi mesi: eccolo lì, lo squadrista di cui sopra accanto all’inseparabile amico, l’assassino ormai confesso di Fyssas, George Rupakias. La frase intercettata dagli inquirenti “L’accordo era che, subito dopo gli agenti antisommossa ci schieravamo noi con le catene. Lo prendeva sempre Nikos il 'corto'”, ha trovato quindi un innegabile fondamento.
A chi i voti dell'estrema destra?
Quanto alle conseguenze dell’inchiesta in corso sull’opinione pubblica, due sorprendenti sondaggi confrontati dal quotidiano satirico To Pontiki fanno sorgere dubbi sulla sicurezza, sbandierata dal governo e in particolare dal centro destra di Nuova democrazia, sul fatto che i voti di Alba Dorata andranno ai partiti che appoggiano l’esecutivo. Sono due sondaggi, uno dell’istituto Alco e l’altro di Mrg, che in sostanza arrivano alla medesima conclusione. Gli elettori che nel giugno 2012 scelsero Alba Dorata…rivoteranno Alba Dorata (circa il 6,8 %, il partito neonazista aveva ottenuto il 7%).
Stabili anche le percentuali degli altri partiti, sempre secondo entrambi i sondaggi: né Nuova Democrazia, né i socialisti del Pasok (entrambi nella coalizione di governo) trarrebbero vantaggi da un nuovo voto. E neppure, questa la maggiore sorpresa, l’opposizione della sinistra progressista di Syriza. Doveroso precisare, però, che i due sondaggi sono stati fatti nei giorni successivi al brutale assassinio del rapper Pavlos Fyssas, ma prima dell’arresto dei deputati di Alba Dorata.
Rischi per la governabilità
Quanto alle conseguenze immediate sulla governabilità del Paese, il Parlamento sta applicando la legge in materia. In particolare, ieri sono stati bloccati i finanziamenti statali a Chrysì Avghì, che in un anno e mezzo ha incassato un milione e 200mila euro come partito che ha un gruppo parlamentare di 18 deputati. Il blocco dei finanziamenti segue la stessa norma giuridica che consente gli arresti dei deputati (senza che per questo decadano dalla qualifica parlamentare): le manette sono a norma di legge, in quanto in Grecia non è necessaria l’approvazione in proposito del Parlamento in caso di “associazione criminale”, capo d’accusa su cui è basato il mandato d’arresto della Corte Suprema greca, l’Areion Pagos.
Sempre secondo la legislazione, il ministro degli Esteri Evanghelos Venizelos, citando la Costituzione, ha sottolineato che in casi del genere, anche se i deputati di Alba Dorata mettessero in pratica la loro minaccia di dimettersi e fare cadere così il governo, il Parlamento potrebbe ugualmente continuare a funzionare legittimamente con un numero inferiore ai 300 parlamentari attuali.
Resta un’amarezza di fondo, espressa da un giornale tedesco, Tagespiegel: “Che cosa ne sarà dei 500mila elettori di Alba Dorata che negli ultimi mesi, secondo i sondaggi, erano saliti a un milione? La maggior parte di loro, continua Tagespiegel, non sono nostalgici di Hitler. Il partito è frutto della crisi, soprattutto fra i giovani che non hanno lavoro né prospettive di averlo. Nessuno sa, nel caso Alba Dorata sia messa fuori legge, dove si orienteranno i suoi elettori, ma una cosa è certa: a beneficiarne non saranno i partiti di centro. “Coloro che prestano soldi alla Grecia”, conclude il quotidiano tedesco, “devono capire che quanto più spingono il Paese nella recessione con misure di austerity, tanto più la società greca e il sistema politico rischiano di esplodere”.
Alba Dorata decapitata,
leader neonazi in manette
Ansa - di Furio Morroni - 28.09.2013
Un vero e proprio "tsunami di arresti" - 20 sinora, 16 ancora i ricercati - si è abbattuto oggi per ordine della Corte Suprema sul partito filo-nazista greco Chrysi Avgì (Alba Dorata), accusato di essere un'organizzazione criminale "ricalcata sulle strutture di comando naziste" responsabile di omicidio, aggressioni fisiche e racket a fine estorsivo. Una vicenda che sta facendo risalire alle stelle la tensione politica e sociale in Grecia ma che comunque, come ha assicurato il ministro delle Finanze Yannis Stournaras, "non rischia di destabilizzare il Paese". A finire in manette per ordine del procuratore Charalambos Vourliotis sono stati Nikos Michaloliakos, fondatore e leader storico del partito (nella cui abitazione la polizia ha trovato due pistole e un fucile non denunciati), i deputati Ilias Kasidiaris (portavoce in Parlamento), Ilias Panagiotaros, Ioannis Lagos e Nichos Michos. Ancora tra i ricercati il 'numero due' del partito, il deputato Christos Pappas. Gli arresti sono scattati dopo che Vourliotis aveva emesso all'alba i relativi mandati legati alle indagini sull'omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas, avvenuto il 17 settembre per mano del militante neo-nazi Georgos Roupakias. Il giudice ha emesso i mandati di cattura sulla base delle intercettazioni telefoniche effettuate dagli inquirenti sui cellulari di membri del partito e suoi simpatizzanti da cui sarebbero emersi collegamenti di Alba Dorata con l'omicidio di Fyssas. Tra gli arrestati figurano anche Nikos Patelis, il responsabile della sezione di Alba Dorata di Nikeia, il quartiere ateniese dove è stato ucciso Fyssas, altri 12 quadri di alto livello del partito e due agenti di polizia - un uomo e una donna - sospettati di connivenza con i neo-nazisti.
Proprio ieri Michaloliakos aveva minacciato le dimissioni in massa dei suoi 18 deputati dal Parlamento per costringere il Paese ad andare a elezioni anticipate o, quanto meno, parziali. Un voto che sarebbe disastroso nel momento in cui Atene sta negoziando con la troika altri aiuti, perché metterebbe a rischio la tenuta dell'attuale fragile coalizione di governo impegnata in un rigido programma di risanamento dei conti pubblici richiesto dai creditori internazionali. Gli arrestati sono stati portati tutti nell'edificio dove ha sede il quartier generale della polizia di Atene, in Viale Alexandra, all'interno del quale - al 12.mo piano - sono stati interrogati. Intanto alcune centinaia di militanti del partito si erano radunati minacciosamente davanti al palazzo sventolando i vessilli di Alba Dorata e scandendo slogan nazionalisti. In serata tutti i fermati sono stati trasferiti al tribunale di Atene, dove un giudice li ha interrogati e incriminati. Commentando la vicenda con i giornalisti prima di partire per una visita negli Usa, il premier Antonis Samaras ha affermato che il suo governo si muove su tre direttive: giustizia, stabilità e niente elezioni anticipate. Dal canto suo, il ministro della Giustizia, Charalambos Athanassiou, ha assicurato che tutti gli arrestati avranno un processo imparziale perché, ha detto, "la democrazia in Grecia è forte".
"Quella di oggi é stata una giornata storica per la Grecia - ha detto il ministro dell'Ordine Pubblico Nikos Dendias - perché abbiamo dimostrato che nel nostro Paese non c'è spazio per le organizzazioni che predicano l'odio e la violenza". Ciò nonostante il fantasma dell'eversione sembra essere tornato ad agitarsi: nel timore di scontri di piazza tra militanti di opposte fazioni politiche, la polizia di Atene ha vietato "per motivi di sicurezza e ordine pubblico" che si tenesse oggi una marcia di protesta degli aderenti all'Associazione dei riservisti delle forze speciali dell'esercito (Keed) che proprio due giorni fa ha chiesto le dimissioni del governo. L'inquietante richiesta ha fatto subito scattare un'inchiesta dell'autorità giudiziaria nonostante i responsabili del sindacato abbiano negato di avere intenzioni golpiste. Si è intanto appreso che lunedì prossimo il governo, contrario ad una pura e semplice messa al bando di Alba Dorata che potrebbe paradossalmente giovare alla sua popolarità, presenterà in Parlamento un disegno di legge per sospendere il finanziamento pubblico a quei partiti i cui dirigenti o parlamentari siano accusati di reati gravi.
Grecia: donna prende a calci bimba rom
Foto diventa virale su web, aperta inchiesta per identificarla
Ansa - 18 settembre 2013
Nella Grecia della crisi è “caccia” allo straniero
“Ad un certo punto il bus si è fermato. All'inizio pensavo fosse un normale controllo del biglietto, poi dei poliziotti in uniforme sono saliti e hanno urlato: 'Tutti i neri, fuori!' Gli unici ad essere scesi sono stati sei neri e due asiatici. Tutti gli altri hanno applaudito ai poliziotti per incoraggiarli”. A parlare è Tupac, 19enne originario della Guinea, e il fatto è accaduto non nel Sud Africa degli anni '50-'60 ma in Piazza Amerikis, centro di Atene, a febbraio del 2013.
Tupac è uno dei numerosi stranieri intervistati in Grecia dall'organizzazione internazionale sui diritti umani Human Rights Watch che di recente ha pubblicato un rapporto dal titolo: “Ospiti indesiderati: gli abusi della polizia greca sui migranti ad Atene”. Perchè se gli episodi di razzismo e xenofobia in Grecia non sono nuovi – soprattutto da quando il partito di estrema destra Alba Dorata ha fatto la sua comparsa nella scena politica – i comportamenti brutali della polizia sono cresciuti esponenzialmente dopo l'avvio, da parte del governo, dell'operazione denominata Zeus Xenios, da uno dei numerosi appellativi di Zeus, che rappresenterebbe proprio il dio greco dell'ospitalità. “Un nome crudelmente ironico, dato che l'operazione è tutt'altro che ospitale per i migranti e richiedenti asilo, che sono regolarmente fermati, ricercati, e detenuti solo per il loro aspetto fisico” denuncia l'autrice dello studio di HRW, Eva Cossé.
L'operazione Xenios, infatti, consiste in tre punti fondamentali: “scoraggiare gli attraversamenti illegali delle frontiere sigillando il confine con la Turchia; identificare i migranti privi di documenti, in particolare nei centri urbani, e restituirli ai loro paesi di origine; riportare la legalità ad Atene e migliorare così la qualità della vita per i residenti e i visitatori”. In tutto questo, è la polizia a giocare un ruolo chiave. Ed è proprio sugli abusi e i maltrattamenti compiuti dalle forze dell'ordine che si concentra il report di HRW, secondo cui, a partire dall'agosto 2012 (data di inizio di Xenios) fino a febbraio 2013 la polizia avrebbe costretto quasi 85.000 stranieri a recarsi alle stazioni di polizia per i controlli sul loro status di immigrazione.
“Solo il 6%, appena 4.811 persone, è risultato non essere in regola con i documenti, e questo suggerisce l'ampiezza straordinaria di questa rete innescata dalla polizia” si legge nel report. Ciò significa che “al momento degli arresti molti degli intervistati avevano il pieno diritto legale di stare in Grecia, perché richiedenti asilo, stranieri residenti legalmente, o greci di origine straniera”.
L'organizzazione sottolinea più volte il fatto che la maggior parte di queste persone vengono fermate per le proprie caratteristiche fisiche: i neri sono bloccati e controllati decine di volte al giorno, sottoposti a perquisizioni brutali, epiteti offensivi e costretti, anche in caso di documenti regolari, a trascorrere ore in commissariato per le verifiche. Come Ali, 33enne, afghano richiedente asilo, che ha raccontato a HRW di come il suo picnic in famiglia sia stato interrotto quando gli agenti di polizia lo hanno fermato nei pressi della stazione della metropolitana di Attica il 2 Aprile 2013, mentre era insieme ai suoi due figli di 12 e 8 anni: “La polizia mi ha preso – racconta – I bambini hanno detto ‘è nostro padre, ha una carta rosa [quella specifica del richiedente asilo], perché lo prendete?' Loro hanno risposto: 'Lo porteremo alla stazione di polizia di Allodapon, faremo il controllo dei documenti e poi lo rilasceremo. Intanto voi tornate a casa'”. Al ché Ali ha detto: “Ma viviamo nel Pireo, fuori Atene, come possono i bambini tornare a casa da soli?” I poliziotti hanno risposto che non era un loro problema e Ali ha dovuto portare i bambini con sé in commissariato, per uscirne solo diverse ore dopo.
Se a questi episodi si aggiunge il fatto che gli stranieri “bianchi”, come i moldavi o gli albanesi (che sono la seconda nazionalità di migranti più numerosa in Grecia) non vengono quasi mai fermati si capisce come la polizia greca stia davvero usando il profilo etnico come criterio per i fermi e gli arresti. “Per essere legale, qualsiasi privazione della libertà deve essere effettuata in conformità con la legge, e non in modo così discriminatorio arbitrario” lamenta HRW. L'organizzazione non nasconde la situazione difficile di un paese di confine come la Grecia in materia di immigrazione, il ché comunque non giustifica questo razzismo dilagante, men che meno da parte delle istituzioni.
Da diversi anni, inoltre, la Grecia è in forte difficoltà a causa delle politiche di austerità imposte dalla cosiddetta trojka – Fondo monetario internazionale, Commissione europea e Banca centrale – per far fronte alla violenta crisi economica del paese. In cambio dei “prestiti di salvataggio”, infatti, il governo greco ha dovuto effettuare tagli pesantissimi che hanno colpito soprattutto il lavoro, portando al licenziamento di migliaia di lavoratori del settore pubblico, mentre l'assistenza sanitaria e le politiche sociali sono crollate, con conseguenze disastrose per tutti i cittadini. Come spesso accade in questi casi, il primo capro espiatorio sono stati gli stranieri, con il partito di estrema destra Alba Dorata che ha colto la palla al balzo per accalappiare voti e consensi: il terreno era favorevole, così quel gruppo di giovani in maglia nera e saluto nazista, autori delle ronde contro gli immigrati, arrivati perfino a negare l'Olocausto, oggi detiene 18 seggi in parlamento ed è al terzo posto nei sondaggi di opinione, dietro solo alla Nuova Democrazia del primo ministro Antonis Samaras, e al partito di sinistra Syriza.
Il governo di Samaras, dal canto suo non starebbe facendo molto per arginare il fenomeno delle violenze sugli stranieri, anzi: basti pensare che, alla richiesta delle 30 organizzazioni non governative raccolte nella Racist Violence Recording Network (RVRN) di una nuova legge contro il razzismo, il neo-ministro della Giustizia Haralambos Athanasiou ha risposto che “in questo momento non costituisce una priorità”. Intanto anche la RVRN sta mappando la situazione: sarebbero 154 i casi di violenza razzista rilevati nel 2012, di cui 43 compiuti da appartenenti alle forze di polizia. Ma il numero in realtà sarebbe molto più alto dato che, secondo lo studio, la maggior parte delle vittime tende a non presentare una denuncia formale. E se la polizia da aprile 2013 ha smesso di fornire le statistiche dei fermi, le violenze contro gli immigrati non si sono arrestate, mentre il governo sembra aver iniziato un pericoloso gioco di avvicinamento con Alba Dorata per intercettare i voti dei greci più arrabbiati e disperati, ormai sempre più numerosi.