Israele. Da Gaza una pioggia di oltre
130 razzi; Netanyahu e Lieberman,
‘rioccuperemo la Striscia’
notiziegeopolitiche.net di Giacomo Dolzani - 12 marzo 2014
La parte meridionale di Israele, nei pressi della Striscia di Gaza, è stata oggi sottoposta ad un intenso lancio di razzi, provenienti dai territori palestinesi. In un primo momento, secondo le autorità militari, erano 20 i missili caduti sul territorio dello Stato ebraico (oltre 30 secondo la stampa israeliana); la realtà si è rivelata però ben più grave: una vera e propria pioggia di oltre 130 razzi, lanciati da Gaza, si è abbattuta oggi sulla parte meridionale di Israele.
Le proporzioni insolitamente massicce di questo attacco hanno costretto migliaia di cittadini israeliani residenti nella zona a cercare riparo nei rifugi antimissile; la pericolosità della situazione ha inoltre destato la preoccupazione di Tel-Aviv che ha aumentato lo stato di allerta in tutta l’area del Neghev.
La reazione delle forze di sicurezza e del Governo Israeliano non si è però fatta attendere; le condizioni meteo non hanno consentito raid aerei, ma quelli che sono stati definiti “due siti terroristici” sono stati bombardati con l’utilizzo di carri armati ed artiglieria pesante mentre, con un tweet, l’esercito israeliano ha fatto sapere che “si tratta del peggiore attacco contro Israele dall’operazione Pilastro di Difesa”, svoltasi nel 2012 e che costò la vita ad oltre 170 civili palestinesi, a cui si aggiunsero sei cittadini israeliani.
Ancora più pesanti invece le prese di posizione del Governo di Tel-Aviv: il primo ministro Benjamin Netanyahu ha garantito che “si agirà con la massima forza contro coloro che vogliono danneggiarci” ed il suo ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, ha rincarato ulteriormente la dose, aggiungendo di non vedere altra alternativa alla “piena rioccupazione della Striscia di Gaza”.
Nuovo attacco di Israele:
colpita una base missilistica Hezbollah in Libano,
vicino al confine siriano
notiziegeopolitiche.net di Guido Keller - 25 febbraio 2014
Nuovo attacco dell’aviazione israeliana ad obiettivi Hezbollah, al confine fra la Siria e il libano: lo hanno riferito una fonte libanese e l’Osservatorio siriano sui diritti umani, vicino agli insorti e con sede a Londra, i quali hanno parlato di “Due raid israeliani che hanno colpito un obiettivo di Hezbollah alla frontiera libanese-siriana”, per la precisione “una base missilistica” del gruppo sciita, in Siria impegnato nel conflitto con circa 4mila militari a fianco di al-Assad.
La televisione al-Manar, vicina al movimento sciita libanese, ha invece smentito la notizia, riportando che “nessun raid israeliano ha avuto luogo sul territorio libanese”, pur ammettendo che vi sono stati “intensi sorvoli dell’aviazione del nemico sulla regione nord della Bekaa”.
Per quanto Israele non abbia ne’ ammesso ne’ smentito l’attacco, fonti hanno informato che ad essere colpita sarebbe stata una base nella valle di Bekaa con un razzo trasportabile Tochka, di fabbricazione russa e in grado di portare una testata nucleare, ed un SS- 21 Scarab, di fabbricazione statunitense, anch’esso montato sopra un camion, capace di portare una testata di 480 kg, con un raggio di 70 km.
Razzi di questo genere con testate convenzionali sarebbero stati sparati di recente contro le brigate degli jihadisti legate ad al-Qaeda nella battaglia per il controllo di Qalamoun, a 80 km dal confine siriano.
Interpellato mentre era in Golan, il capo di stato maggiore israeliano Benny Gantz ha solo ammesso che Israele tiene sotto controllo i traffici di armi su tutta la regione.
Nel gennaio 2013 i caccia israeliani avevano colpito in due diversi attacchi il centro di ricerche militari di Jamaraya e un convoglio che portava armi in Libano, mentre nel maggio successivo avevano centrato un convoglio che trasportava armi, sempre per il gruppo paramilitare degli Hezbollah. A quanto si era appreso da al-Arabiya, si sarebbe trattato di mezzi che trasportavano missili sofisticati.
L’atteggiamento di Israele nei confronti del confinante conflitto siriano è sempre stato quantomeno prudente per diversi motivi: pur non permettendo il rifornimento di armi e di altre risorse al nemico di sempre Hezbollah e pur rispondendo a qualche scaramuccia lungo la frontiera del Golan con gli insorti, il governo Netanyahu non si è mai voluto intromettere sostenendo una parte o l’altra, sia perché i movimenti jihadisti attivi in Siria hanno come secondo obiettivo lo Stato ebraico, sia perché la Siria è fornitore di gas per Israele (a Homs si raccolgono le diramazioni che portano l’energia ad Ashkelon, oltre la Striscia di Gaza, lungo il gasdotto Arabico, che arriva fino ad Aqaba, in Giordania, e risale il Sinai fino ad al-Arish, dove entra in mare), sia perché la Siria ha aperta con Israele la questione del Golan, importante zona strategica e ricca di risorse idriche occupata con la Guerra dei Sei giorni del 1967, “cessione” che ha trovato un atteggiamento morbido da parte degli al-Assad.
Razzismo, la lotta degli ebrei neri
Discriminati per anni,
ora gli etiopi vogliono l'integrazione.
E un'agenzia punta a trasformarli in testimonial da spot
lettera43.it - di Giovanna Faggionato 06 Ottobre 2013
Sul fatto di essere ebreo e pure nero, Woody Allen affonderebbe una battuta. E invece per gli ebrei etiopi non c'è mai stato molto da ridere. Arrivati in Israele a migliaia dalla metà degli Anni 80 per scappare alla miseria e alla guerra civile, ancora oggi i 120 mila Falascia (questo il nome del popolo) che risiedono tra Tel Aviv e Gerusalemme sono il segmento più povero e discriminato della società ebraica. Nel gennaio del 2012 però la prima deputata di origini etiopi, Pnina Tamano-Shata, ha fatto il suo ingresso storico alla Knesset, il parlamento israeliano.
TRA MISS ISRAELE E GRANDE FRATELLO. Il 2013 sembra inoltre portare una nuova ventata di integrazione.
A febbraio Yityish Aynaw, un'altra etiope, è diventata Miss Israele. Ad agosto la modella Tahunia Rubel, anche lei di origini etiopi, ha trionfato nell'edizione locale del Grande Fratello. Dopo la politica, insomma, anche la tivù e la moda hanno portato alla ribalta i neri ebrei.
L'INTEGRAZIONE PASSA DALLA MODA. L'integrazione passa anche da qui. Ne è convinto Yohannes Azanaw, attivista per i diritti degli ebrei etiopi e assistente di Tamano-Shata, che ha deciso di usare come strumento di lotta per l'integrazione un'agenzia di modelle.
Nel 2009 ha fondato la società YaIsrael con l'obiettivo di portare gli ebrei neri sugli schermi della televisione come testimonial pubblicitari. E farli diventare esempi da imitare.
La discriminazione degli ebrei etiopi
Riuscire nell'impresa, per Azanaw non è stato semplice. I neri sono sempre stati gli ultimi tra gli ebrei. La legge del ritorno istituita in Israele nel 1950 consente a chiunque professi la religione ebraica o che abbia nelle vene sangue ebraico (almeno per parte di uno dei quattro nonni) di ottenere la cittadinanza.
Ciononostante, esiste da sempre una gerarchia non scritta tra chi è più o meno gradito. Ai primi posti vengono gli ebrei ashkenaziti dell'Europa dell'Est, poi ci sono i sefarditi dell'Europa meridionale, poi gli ebrei russi che in Israele sono oggi 2 milioni. A ogni ondata migratoria, Israele ha dovuto ridisegnare la propria identità nazionale.
EMARGINAZIONE A SCUOLA. Gli ebrei etiopi, secondo l'antico testamento eredi della tribù di Dan, hanno iniziato a migrare verso la Terra promessa solo intorno a metà degli Anni 80. E oggi sono all'ultimo gradino di tutte le statistiche. La metà di loro vive sotto la soglia di povertà. Gli adolescenti denunciano di essere emarginati a scuola; gli adulti al lavoro. E la discriminazione è stata perpetrata sistematicamente anche dallo Stato.
LO SCANDALO DONAZIONI. Nel 2006 le autorità israeliane hanno ammesso di aver scartato per anni le donazioni di sangue degli ebrei etiopi: le sacche venivano gettate per paura che fossero infettate con il virus dell'Hiv. A dicembre del 2011, dopo lunghe dispute dottrinali, il Gran rabbinato d'Israele, organo supremo dello Stato per gli affari spirituali, ha minacciato di espellere la comunità etiope dall'ortodossia ebraica. Provocando vive proteste da parte dei suoi leader.
I CONTRACCETTIVI OBBLIGATORI. Ma il caso più clamoroso è stato sollevato nel dicembre 2012 da un documentario trasmesso in tivù: 30 donne etiopi hanno accusato l'American joint distribution committee, un'organizzazione governativa che si prende cura dei neoimmigrati, di aver somministrato loro iniezioni di Depo-Provera, un contraccettivo con pesanti effetti collaterali. L'organizzazione spiegò allora che le donne erano state informate. Ma il problema è a monte.
LA BATTAGLIA SULLA NATALITÀ. In un decennio, infatti, il tasso di natalità delle ebree etiopi è calato del 20%. Il trattamento con il Depo-Provera, previsto dal piano di educazione per il controllo delle nascite, è stato rivolto nel 57% dei casi proprio alla comunità etiope, che rappresenta però solo il 2% degli israeliani: in altre parole, gli ebrei neri sono pochissimi e sono stati quelli maggiormente coinvolti nel controllo delle nascite.
La vicenda ha avuto un'eco mondiale. E per la prima volta, grazie alle pressioni della deputata Tamano-Shata, a gennaio il ministero della Salute ha cambiato le linee guida sul loro tasso di natalità.
«Oggi c'è una speranza che la società israeliana si apra», ha spiegato al quotidiano Haaretz il leader spirituale Semai Elias. «Abbiamo una chance».
La campagna sulla vera bellezza di Israele
Il cambiamento politico è andato di pari passo con quello culturale e sociale. Quando Azanaw ha fondato l'agenzia di modelle, la strada degli africani di Israele era ancora lunga: in tivù, sulle riviste e nelle pubblicità, i neri ebrei non esistevano. Così Azanaw ha deciso di tentare la strada del marketing. Le ragazze sono arrivate da ogni parte del Paese, ma le agenzie pubblicitarie israeliane non le volevano. Quando l'attivista bussava alle loro porte, i pubblicitari sorridevano e poi chiudevano ogni spiraglio. «Mi dicevano che il mercato etiope era ristretto: non è razzismo, è che non è il target giusto», ha spiegato al portale Al Monitor.
IL SUCCESSO DI AYNAW. Le cose sono cambiate quando Aynaw, orfana di padre e cresciuta nelle periferie povere di Tel Aviv, è stata incoronata Miss Israele. La scelta ha destato polemiche e sui social network si sono riversate battute sul colore della sua pelle, ma anche sulle povere origini della sua famiglia: «Poveri parenti, non sanno che ha vinto perché non hanno la televisione», era il tono dei commentatori. Ma lei, coerente con il suo nome africano che significa «guardare al futuro», ha tirato dritto: «La mia è una storia da Cenerentola», ha raccontato alla stampa poco prima di incontrare il presidente americano Barack Obama durante la sua visita ufficiale in Israele.
LA LOTTA AL RAZZISMO IN TIVÙ. Poi c'è stata la vittoria di Rubel al Grande Fratello, valsa 274 mila dollari. Ma durante il reality show non sono mancati momenti di tensione: due concorrenti sono stati eliminati per averla insultata per il colore della sua pelle. Oggi, insomma, la missione del talent scout Azanaw è più facile. Miss Israele potrebbe sdoganare gli ebrei neri su riviste patinate e spot. E per sfruttare l'occasione l'attivista ha deciso di lanciare una nuova campagna intitolata La bellezza di Israele. Sottinteso: la bellezza di Israele è la sua faccia scura.