LIBIA. Caos: dimostranti in parlamento;
7 morti a Bengasi
notiziegeopolitiche.net - 3 marzo 2014

La sede dell’Assemblea costituente libica è stata assaltata da una folla inferocita che ha chiesto le dimissioni dei deputati, alcuni dei quali sono stati fatti oggetto di colpi di arma da fuoco: alla base dell’aggressione la protesta per l’arresto, definito dai dimostranti “il rapimento”di alcuni oppositori che ieri partecipavano a un sit-in di protesta nel centro della capitale, dove sono state bruciate le loro tende.
In diversi hanno un atteggiamento di rimostranza nei confronti dell’Assemblea nazionale, sia perché i deputati non sono stati in grado di licenziare l’attesa Costituzione, prolungandosi così il mandato fino ad almeno la fine del 2014, sia perché non è stata in grado di garantire la sicurezza; infatti la situazione in Libia permane caotica, con il governo di Ali Zeidan cronicamente sull’orlo di cadere, circa 500 milizie che dal dopo-rivoluzione non hanno accettato l’invito di deporre le armi o di sciogliersi nell’Esercito, la società frammentata in tribù costantemente in guerra fra loro, venti di secessione del Fezzan e della Cirenaica, la presenza di forze jihadiste specialmente nella parte centro-meridionale del paese, gruppi di militari fedeli all’ancien regime la cui avanzata è stata sedata solo pochi giorni fa e soprattutto una spirale di violenza, fatta di conflitti a fuoco, omicidi, sequestri e scontri.
Solo nelle ultime ore a Bangasi un ingegnere francese, Patrice Re’al, di 49 anni, impegnato nell’ampliamento di un centro medico, è stato assassinato a colpi d’arma da fuoco, un ufficiale delle forze speciali è rimasto ucciso dallo scoppio di bomba piazzata sulla sua automobile e cinque cadaveri sono stati rinvenuti con segni di colpi di arma da fuoco e di torture ad una quarantina di chilometri dal capoluogo della Cirenaica
Libia, premier:
raggiunto compromesso
con ex ribelli su ultimatum
Miliziani lo hanno prorogato di 72 ore
ilmondo.it - 19 febbraio 2014
Il premier libico Ali Zeidan ha annunciato di aver raggiunto "un compromesso" con gli ex ribelli che ieri avevano lanciato un ultimatum al parlamento,
intimandogli di lasciare il potere nell'arco di poche ore.
"Diamo al Congresso, il cui mandato è scaduto, cinque ore di tempo per presentare le dimissioni", avevano intimato i leader dei gruppi di ex ribelli della città occidentale di Zintan, minacciando di arrestare quanti non avessero rispettato l'ultimatum, che scadeva ieri sera alle 20.30.
Stando al compromesso annunciato dal premier i miliziani hanno accettato di prolungare l'ultimatum di 72 ore. Zeitan non ha riferito altro sui colloqui avuti con diversi gruppi di ex ribelli, con esponenti dell'Onu e del Congresso generale nazionale. Anche il capo della missione Onu in Libia, Tarek Metri, ha incontrato i leader delle milizie: "Ho chiesto loro di offrire una possibilità al dialogo politico sulla base delle elezioni che devono essere indette". (fonte AFp)
Rivolta a Tripoli, Libia nel caos
Ultimatum ai parlamentari dalle potenti brigate
integrate nell'esercito: dimettevi entro 5 ore
o vi arrestiamo. Milizie in marcia sulla capitale.
globalist.ch - 18 febbraio 2014

La Libia nel caos. Il tentativo, annunciato e poi smentito solo qualche giorno fa, stasera è diventato concreto dopo l'ultimatum lanciato da alcuni potenti gruppi di miliziani che oggi hanno lanciato un ultimatum ai membri del Congresso generale nazionale, la più alta autorità politica del Paese. Un ultimatum che scadrà alle 20.30, secondo quanto dichiarato dai capi di queste milizie ex ribelli e ora integrate nell'esercito regolare.
I parlamentari dovranno lasciare il potere entro cinque ore, hanno detto i miliziani, e coloro che si opporranno saranno arrestati e processati. "Rassicuriamo i libici di non aver sete di potere ma di voler salvare e proteggere il Paese", hanno dichiarato in un comunicato trasmesso dalla tv libica, i miliziani delle potenti brigate di Al Qaaqaa e Al Sawaeq, originarie di Zintan (dove è detenuto il figlio del colonnello Saif Al Islam), entrate a far parte dell'esercito regolare.
Solo ieri il presidente del Congresso, Nuri Abu Sahmain, aveva annunciato elezioni anticipate per sostituire le autorità di transizione. Nelle settimane scorse proteste si sono verificate in tutto il Paese contro la decisione del Parlamento di estendere il mandato, scaduto lo scorso 7 febbraio, fino al dicembre 2014. Intanto giovedì prossimo i libici sono chiamati a votare per l'Assemblea costituente.
notiziegeopolitiche.net di Guido Keller - 4 dicembre 2013

Il Congresso generale nazionale libico ha approvato ed ha annunciato che “La sharia é la fonte della legislazione in Libia”.
La notizia non giunge del tutto inaspettata, anche se in più occasioni vi sono stati malumori da parte della popolazione nei confronti dei partiti confessionali ed il 27 luglio scorso centinaia di manifestanti, per lo più giovani, hanno preso d’assalto la sede di Tripoli del Partito per la Giustizia e la Costruzione, braccio politico dei Fratelli Musulmani, devastandola e bruciando i simboli della formazione politica in quanto sospettati di aver organizzato l’omicidio di Abdessalem al-Mesmary, un avvocato anti-islamista noto per il suo impegno a favore della creazione di uno Stato laico in Libia.
Sempre il Congresso ha reso noto che verrà istituita una specifica commissione con il compito di adeguare le leggi a quella islamica e che “Tutte le istituzioni statali sono chiamate a rispettarla”.
Al momento la Libia del dopo-rivoluzione non si è ancora dotata di una Costituzione, la cui stesura inizierà dopo che saranno stati nominati i 60 membri dell’apposito comitato.
Tutte le leggi, anche di carattere economico, dovranno essere rielaborate in funzione del rispetto della sharia.
E’ possibile immaginare che, per quanto i Fratelli musulmani siano organizzati e possano contare sui finanziamenti del Qatar, il fronte Alleanza Nazionale, di ispirazione più liberale, muoverà battaglia verso la decisione assunta dal Congresso. In passato militanti del partito avevano chiuso gli uffici di Tripoli della Qatar airways ed avevano impedito l’atterraggio degli aerei della compagnia qatariota.
Libia, rapito e rilasciato premier
accusato di aver aiutato Usa a catturare terrorista
Le tv arabe parlavano di rapimento, l'agenzia ufficiale libica di arresto. Fatto sta che il primo ministro della Libia Ali Zeidan era stato portato via stamani all’alba da un gruppo armato composto da 150 persone e tenuto in custodia in un luogo sconosciuto. Per poche ore perché Zeidan è stato rilasciato intorno alle 11. La Nato aveva detto di essere pronta a intervenire
ilfattoquotidiano.it - 10 ottobre 2013
Le tv arabe parlavano di rapimento, l’agenzia ufficiale libica di arresto. Fatto sta che il primo ministro della Libia Ali Zeidan è stato portato via stamani all’alba da un gruppo armato composto da 150 persone e tenuto in custodia in un luogo sconosciuto. Per poche ore perché Zeidan è stato rilasciato intorno alle 11. Sky News Arabia e Al Arabiya avevano riferito che tutto era avvenuto avvenuto in un albergo a Tripoli, il Corinthia Hotel, di fatto assediato da un commando. Una foto di Zeidan era stata diffusa dai rapitori e riportata da Al Arabiya. L’immagine (da Twitter) mostrava il premier con una camicia marrone semiaperta e un’espressione accigliata, tenuto sotto braccio da due persone in borghese. La Nato si era detta pronta intervenire.
La cattura del leader Abu Anas al-Libi. Alcuni gruppi estremisti libici nei giorni scorsi avevano accusato Zeidan e il suo governo di aver autorizzato segretamente il raid delle forze speciali Usa che il 5 ottobre scorso ha portato alla cattura a Tripoli di Abu Anas al-Libi, terrorista di Al Qaeda considerato la mente delle stragi di Nairobi e Dar es Salam del 1998. A rivendicare l’azione era stato il gruppo chiamato “la Camera dei rivoluzionari di Libia” che aveva confermato che l’uomo era stato “arrestato su mandato della Procura generale”. Ma l’autorità giudiziaria aveva smentito. Il portavoce del Dipartimento Anticrimine, Abdel Hakim Albulazi, aveva però confermato all’agenzia ufficiale libica Lana che Zeidan era “in custodia per un mandato di arresto emesso dal Dipartimento”, aggiungendo che il premier è “in buona salute e che viene trattato bene come qualsiasi cittadino libico”. ”Le procedure dell’arresto del premier ad interim Ali Zeidan sono illegali e chi si è reso responsabile di questa azione ne dovrà rispondere” ha poi detto all’agenzia libica Lana una fonte dell’ufficio del procuratore generale di Tripoli, confermando che la procura non ha emesso alcun mandato di arresto. Per farlo, ha spiegato la fonte, è necessaria la revoca dell’immunità del premier da parte del Congresso nazionale.
Zeidan in una conferenza stampa aveva detto che i cittadini libici hanno diritto ad essere processati sul suolo libico e che la questione sarebbe stata affrontata con le autorità americane, ma che il blitz non avrebbe compromesso le relazioni fra Usa e Libia. Proprio ieri mattina, durante un incontro con la famiglia di al-Libi, il premier libico aveva assicurato che il governo avrebbe garantito e protetto diritti dell’uomo che, attualmente, si trova su una nave statunitense nel Mediterraneo per essere interrogato da Fbi e Cia che intendono trasferirlo a New York per il processo. L’ambasciatrice statunitense a Tripoli Deborah Jones era stata convocata dal ministro della Giustizia per chiarimenti e il Congresso nazionale aveva chiesto la riconsegna immediata di al-Libi.
Il Pentagono nei giorni scorsi ha spostato 200 marine a Sigonella. Gruppi radicali islamici avevano tuttavia lanciato appelli a colpire obiettivi americani e dei paesi alleati. Minacce che hanno spinto il Pentagono a spostare nella base siciliana di Sigonella 200 marine, pronti a operazioni di evacuazione e salvataggio ostaggi. Il portavoce del premier, Amel Jerary, ad al-Jazeera: “Temo che non ci sia molto di chiaro. Non ho informazioni certe su come sia stato condotto (il raid, ndr). Sono sicuro che coloro che lo hanno fatto erano davvero molto ben preparati”. Jerary ha poi smentito le indiscrezioni secondo cui anche il ministro delle Finanze sarebbe stato rapito. “Non è vero”, ha affermato. Le informazioni sull’azione sono contrastanti. Le accuse nei confronti del premier sarebbero “di aver danneggiato la sicurezza e di corruzione”. Abdel-Moneim al-Hour, della Commissione anticrimine di Tripoli, ha dichiarato ad Associated Press che però l’ufficio del procuratore non ha emesso alcun mandato d’arresto.
Zeidan ex diplomatico anti Gheddafi. Nominato il 15 ottobre del 2012 Ali Zeidan aveva presentato il nuovo governo del Paese nei giorni successivi ed aveva ottenuto la fiducia del Congresso nazionale il 31 ottobre. Considerato un liberale ed eletto in Parlamento come indipendente – si era dimesso per poter concorrere alla carica di premier – Zeidan è un ex diplomatico che nel 1980 passò all’opposizione in esilio denunciando il regime di Muammar Gheddafi. Nel Consiglio nazionale transitorio (Cnt) ha svolto il ruolo di inviato in Europa: dopo la sua nomina, alcuni osservatori avevano evidenziato che era stato decisivo per l’intervento dei jet francesi nel marzo 2011, che impedirono un bagno di sangue a Bengasi, su cui marciavano i carri armati della Brigata corazzata guidata da Khamis Gheddafi. Il mese scorso Zeidan ha visitato la Gran Bretagna, chiedendo aiuto a Londra per rimuovere le ingenti quantità di armi dalla Libia a causa dei timori di un crescente traffico verso la Siria. Già in precedenza, Zeidan aveva esortato la popolazione ad appoggiare il governo per far fronte a “gente che vuole destabilizzare il Paese” e aveva definito “atti di sabotaggio” alcuni attacchi contro il ministero dell’Interno e la sede dall’emittente tv nazionale.
I sequestratori sono componenti della “Camera dei rivoluzionari di Libia”. La “Camera dei rivoluzionari di Libia” è solo uno dei tanti gruppi di ribelli che, dopo la fine vittoriosa della guerra che ha causato la caduta di Muammar Gheddafi e del suo regime, non ha deposto le armi, di fatto imponendo il suo controllo su vaste porzioni del territorio. Così come ha fatto la Brigata di lotta contro il crimine, la Camera dei rivoluzionari ha allacciato dei rapporti ufficiali soprattutto con il Ministero dell’Interno (ma anche con quello della Difesa) per esercitare, in sua vece, compiti di polizia e di controllo delle frontiere, soprattutto nel sud del Paese dove la presenza dell’esercito di Tripoli è al momento solo simbolica. In sostanza, il governo di Tripoli ha deciso di “neutralizzare” il potenziale eversivo che tali gruppi portano in loro, ingaggiandoli ufficialmente, con tanto di salari mensili. E quando gli stipendi non arrivano con puntualità i miliziani sono pronti a schierarsi, in armi, contro i palazzi del Potere (è accaduto anche pochi mesi fa, con un lungo assedio al ministero dell’Interno) sino a quando non ottengono il dovuto.
La Nato chiedeva l’immediato rilascio di Zeidan. Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, aveva chiesto l’immediato rilascio del premier libico. Rasmussen, che ha comunque precisato di essere ancora in attesa della conferma del rapimento, ritiene “importantissimi la stabilità e il pieno rispetto della legge in Libia”. La Nato era quindi pronta a intervenire per rafforzare le condizioni di sicurezza in Libia “ma sta al Paese chiederlo”. Per Rasmussen era evidente che “bisogna fare qualcosa per assicurare la stabilità in Libia” ma si tratta di un Paese sovrano e quindi la richiesta di un aiuto extra deve arrivare dalle autorità nazionali. Ma Alì Zaiden è tornato libero.
Allo Stato Maggior e della Difesa si è tenuta una riunione tra il ministro della Difesa, Mario Mauro, e i vertici militari per “monitorare la situazione libica in raccordo con la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero degli Affari esteri”. ”Stiamo facendo verifiche sulle notizie e siamo in stretto contatto con alti ufficiali Usa e libici sul terreno” ha dichiarato la portavoce del dipartimento di Stato Usa, Jen Psaki, in viaggio con il segretario di Stato John Kerry in Brunei.
Le Premier ministre libyen
enlevé par des hommes armés
AFP 10.10.2013

Le Premier ministre libyen Ali Zeidan, le 8 avril à Tripoli. (Photo Mahmud Turkia. AFP)
Ali Zeidan a été emmené à l'aube «vers une destination inconnue» par un groupe soupçonné d'être composé d'anciens rebelles
Le Premier ministre libyen Ali Zeidan a été enlevé jeudi à l’aube par un groupe armé et on ignore où il se trouve, a annoncé le gouvernement. «Le chef du gouvernement de transition, Ali Zeidan, a été conduit vers une destination inconnue pour des raisons inconnues par un groupe» d’hommes qui seraient des ex-rebelles, a indiqué le gouvernement dans un bref communiqué sur son site internet.
Cet enlèvement intervient cinq jours après la capture à Tripoli d’Abou Anas al-Libi,un chef présumé d’Al-Qaeda, par un commando américain. Le gouvernement «soupçonne» deux groupes d’ex-rebelles, la «Chambre des révolutionnaires de Libye» et la «brigade de lutte contre le crime», qui dépendent en théorie des ministères de la Défense et de l’Intérieur, d’être derrière cette opération.
Le gouvernement a indiqué que le Conseil des ministres tenait une réunion d’urgence. «Le gouvernement et le Congrès général national (Parlement) vont traiter cette situation», a ajouté le communiqué qui «appelle les citoyens au calme».
Ali Zeidan a été enlevé de l’hôtel Corinthia où il réside, a précisé une source du bureau du Premier ministre sans autre précision. «Un grand nombre d’hommes armés sont entrés dans les lieux très tôt jeudi. Mais nous n’avons rien compris à ce qui se passait», a indiqué à l’AFP un employé de l’hôtel.
Contacté par l’AFP, le ministre de la Justice, Salah al-Marghani, a confirmé l’information, sans autre détail.
Pourquoi le Libye réclame Abou Anas
afrik.com di Malick Hamid - 9 ottobre 2013
C’est ce mardi que le Congrès général national libyen (CGN), la plus haute autorité politique du pays, a enjoint Washington de lui remettre « immédiatement » Abou Anas al-Libi. Ce dernier n’est autre que le chef présumé d’Al-Qaïda, que les Etats-Unis ont capturé à Tripoli.
Samedi, lors d’un raid à son domicile à Tripoli, les forces spéciales américaines ont capturé Abou Anas al-Libi, un Libyen qui figure sur la liste des personnes les plus recherchées par le FBIqui avait mis sa tête à prix, moyennant la coquette somme de 5 millions de dollars, pour toute information permettant son arrestation.
Ce mardi, le Congrès général national libyen (CGN), la plus haute autorité politique du pays, a enjoint Washington de lui remettre « immédiatement » Abou Anas al-Libi. Ce dernier n’est autre que le chef présumé d’Al-Qaïda, que les Etats-Unis ont capturé à Tripoli.
Dans un communiqué lu par son porte-parole, Omar Hmidan, le CGN a souligné « la nécessité de la remise immédiate du citoyen libyen », qualifiant l’opération américaine de « violation flagrante de la souveraineté nationale ».
A travers un texte voté, le Congrès veut récupérer le présumé terroriste. En effet, le CGN insiste sur la nécessité de permettre aux autorités libyennes et à sa famille d’entrer en contact avec Abou Anas al-Libi. La Libye est d’avis qu’il faut garantir à l’accusé l’accès à un avocat.
Libia. Paese senza sicurezza e stabilità,
uccisi due alti ufficiali a Bengasi
Notizie geopolitiche: di Bessem ben Dhaou - 30 settembre 2013

La sicurezza in Libia continua ad essere precaria ed a oscillare fra la mancanza di controllo da parte dello Stato e l’illegalità, in un caos crescente in cui i politici non sanno dove mettere le mani: domenica 29 settembre due alti ufficiali dell’esercito sono stati assassinati nella città di Bengasi: nel primo caso il colonnello Abdul Qadir Almaadana è stato freddato da uno sconosciuto dopo essere uscito di casa con i due figli, dei quali uno è rimasto ucciso e l’altro gravemente ferito e condotto in ospedale.
L’altro ufficiale ucciso è un pilota tenente colonnello dell’Aeronautica, morto nella sua auto a causa di una bomba, nei pressi del mercato della città cirenea.
La situazione nelle città peggiora di giorno in giorno e spesso sono presi di assalto gli uffici governativi e colpiti coloro che rappresentano lo Stato, il quale non riesce a garantire sicurezza e stabilità, come i libici vorrebbero.