Nel primo pomeriggio di domenica 11 gennaio ci sono state due esplosioni in un mercato di telefoni cellulari a Potiskum, in Nigeria, nello stato di Yobe: sono morte almeno sei persone. Secondo quanto scrivono le principali agenzie di stampa e siti di news internazionali, a compiere l’attacco sono state due bambine. Al Jazeeracita un testimone oculare, un commerciante, che ha spiegato come le attentatrici avessero circa 10 anni. «Ho visto i loro cadaveri. Si tratta di due giovani ragazze di circa 10 anni, si vedevano solo i loro capelli intrecciati e parte del tronco», ha detto. Finora non ci sono state rivendicazioni ma la zona di Yobe, dopo Adamawa e Borno, è uno dei tre stati nel nord-est della Nigeria che dal 2009 è tra i più colpiti da Boko Haram, il gruppo estremista islamico che vuole istituire un califfato in Nigeria.
Secondo una stima del Council on Foreign Relations, associazione e centro studi americano, lo scorso anno in Nigeria sono morte più di 10 mila persone; almeno altre 850 mila sono state costrette a lasciare le loro cause a causa della violenza, secondo le Nazioni Unite. Nell’ultimo semestre si stima che Boko Haram abbia attaccato oltre 20 città nel nord-est della Nigeria, concentrandosi soprattutto nella zona di Borno. Grazie ai costanti attacchi, il gruppo estremista che vuole imporre la legge islamica ora controlla tutti i confini dello stato di Borno con Niger, Ciad e Camerun: si tratta di un territorio di circa 52 mila chilometri quadrati, un’area grande come Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta.
Gli assalti di Boko Haram sono di solito condotti di notte con armi pesanti e bombe incendiarie, che distruggono in poco tempo decine di capanne. Da qualche tempo gli analisti politici sostengono che l’insurrezione sia entrata in una nuova fase molto più aggressiva, anche a causa della “competizione” con lo Stato Islamico. La nuova strategia di Boko Haram sarebbe dunque condurre azioni violente di maggiore portata. La scorsa settimana, per esempio, c’è stato un attacco a Baga in cui non è ancora chiaro quante persone siano state uccise. Amnesty Internationalha detto che l’attacco è stato «forse il più letale di Boko Haram di sempre» e Associated Press ha scritto che c’erano «centinaia di corpi, troppi per essere contati».
Di questa nuova strategia fanno parte anche i sistematici rapimenti, soprattutto di donne, e da qualche mese anche gli attacchi suicidi compiuti proprio da donne. Utilizzando delle kamikaze sarebbe più facile per il gruppo penetrare negli obiettivi poiché le donne sono meno sospettate e dunque meno controllate degli uomini. D’altra parte la presenza di donne militanti renderà in futuro i controlli ancora più complicati, poiché sarà necessario organizzare a ogni punto di controllo e di sorveglianza la presenza di agenti donne. E tutto questo in una situazione già difficile per il governo nigeriano, che è stato più volte criticato dalla comunità internazionale e da diverse organizzazioni umanitarie per non dare risorse sufficienti all’esercito per combattere i miliziani. In molti casi i soldati non hanno armi e mezzi adeguati per confrontarsi con i combattenti di Boko Haram, che dispongono di armi pesanti di diverso tipo e di una migliore organizzazione.
L’attentato di ieri in cui sono state coinvolte due bambine è avvenuto due giorni dopo che in un affollato mercato di Maiduguri, capitale di Borno, sono morte almeno 20 persone, e molte altre sono rimaste ferite: testimoni oculari, fonti della polizia e testimoni all’ospedale di Maiduguri hanno detto che a compiere l’attacco è stata una bambina di circa 10 anni. BBC haraccolto un elenco di attacchi compiuti lo scorso anno da Boko Haram con l’aiuto di donne kamikaze.
Il primo di cui si ha notizia risale all’8 giugno del 2014: in sella a una motocicletta una donna di mezza età si era fatta esplodere vicino a una caserma nella città nord-orientale di Gombe durante una perquisizione a un posto di blocco, uccidendo un soldato. Il 27 luglio un’adolescente con una bomba nascosta sotto gli abiti aveva attaccato un campus universitario a Kano, ferendo cinque agenti di polizia. Il giorno dopo una giovane donna si era fatta esplodere in una stazione di rifornimento uccidendo tre persone e ferendone altre 16; un’altra aveva ferito sei persone in un centro commerciale, sempre a Kano. Il 30 luglio un’adolescente si era fatta esplodere in un campus universitario causando la morte di sei persone.
Lo scorso anno, dopo gli attacchi estivi compiuti da donne di Boko Haram, diversi siti avevano affermato che il gruppo islamista avesse trasformato alcune delle oltre 200 studentesse rapite nel mese di aprile in attentatrici, ma la notizia era stata smentita dal governo. Secondo altri si tratterebbe di bambine abbandonate per le strade a chiedere l’elemosina e che sono state reclutate nell’organizzazione, ma è più probabile – come ha affermato un membro della sicurezza nigeriana intervistato da BBC – che le ragazze coinvolte siano figlie o parenti di membri di Boko Haram: «Le loro menti sono state indottrinate, proprio come lo sono quelle dei loro genitori».
Nigeria, Hrw:
oltre 500 ragazze rapite da Boko Haram dal 2009
Internazionale - 27 ottobre 2014
Le ragazze rapite in Nigeria dai jihadisti di Boko Haram sono costrette a sposarsi e a convertirsi, subiscono abusi fisici e psicologici e sono spesso usate “in prima linea” nei combattimenti lanciati nel nord-est del Paese. E’ quanto ha denunciato l’organizzazione Human Rights Watch in un rapporto diffuso oggi, in cui risulta che sono oltre 500 le donne e le ragazze rapite dal gruppo dal 2009 a oggi.
Il rapporto è intitolato “‘Those Terrible Weeks in Their Camp’: Boko Haram Violence against Women and Girls in Northeast Nigeria” e si basa sulle interviste rilasciate da oltre 46 vittime e testimoni dei rapimenti messi a segno da Boko Haram, tra cui anche le ragazze che sono riuscite a fuggire dopo il sequestro di 276 studentesse, il 14 luglio scorso, in un liceo di Chibok, nello Stato di Borno.
“Sebbene Boko Haram abbia catturato alcune vittime in modo arbitrario, sembra prendere di mira studenti e cristiani, in particolare – si legge nel comunicato – il gruppo minaccia le vittime di frustate, percosse o morte se non si convertono all’islam, non smettono di andare a scuola e se non indossano il velo o l’hijab”. Una ragazza di 19 anni, rimasta per tre mesi nelle mani dei jihadisti, ha invece raccontato di aver preso parte ai combattimenti.
Stando alle stime di Hrw, sono oltre 7.000 i civili rimasti uccisi dal 2009 in centinaia di attacchi lanciati da Boko Haram nel nord-est della Nigeria e nella capitale Abuja; almeno 4.000 vitttime sono state registrate solo tra il maggio del 2013 e settembre 2014.
Questa è una notizia dell’agenzia TMNews.
(con fonte Af)
Nigeria: tra miliziani Boko Haram e pastori Fulani
unimondo.org Alessandro Graziadei - 7 Ottobre 2014
Mentredal 23 settembre per mano della “strana coalizione” guidata dagli Usa con Francia, Inghilterra oltre ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Barhein e Qatar, è iniziata la pioggia di bombe contro gli jihadisti sunniti dello Stato Islamico (Isis) in Siria ed Iraq, in Nigeria i terroristi di Boko Haram continuano quasi indisturbati la loro avanzata. Nonostante i recenti annunci di successo dell’esercito nigeriano nella lotta a Boko Haram, infatti, il terrore seminato dai miliziani della setta sembra continuare quasi indisturbato. Il gruppo di terroristi è sempre meglio armato e non di rado fronteggia l’esercito nigeriano alla pari riuscendo a spostarsi non più solamente con i fuoristrada e i mitragliatori, ma con armi pesanti e carri armati, proprio come un esercito convenzionale. In questo modo il gruppo terroristico da luglio 2014 è riuscito a conquistare solamente nello stato di Borno ben sette città e si è avvicinato fino a 70 km dalla metropoli di Maiduguri, dove hanno cercato rifugio centinaia di migliaia di profughi dal nord della Nigeria.
L’Associazione per i Popoli Minacciati(APM) ha accusato il governo e le forze di sicurezza nigeriane del fallimento di tutti i tentativi effettuati per proteggere la popolazione civile dal terrore della setta islamista radicale. “Mentre le autorità, i politici e l’esercito nigeriano tentano di far mantenere la calma alla popolazione civile e promettono la veloce distruzione della setta di stampo radical-islamico, la popolazione continua a diffidare delle promesse delle autorità e le comunità cristiane minoritarie nel nord della Nigeria continuano ad essere prese di mira da Boko Haram” ha spiegato l’APM. In due distinti attacchi ai villaggi di Shaffa e di Shindiffu compiuti tra mercoledì 24 settembre e giovedì 26 settembre nel nord del paese africano, i miliziani di Boko Haram hanno distrutto la scuola per ragazze di Shaffa, ucciso uno degli insegnanti della scuola, ucciso il pastore Eliud Gwamna Mshelizza con altri 18 fedeli e bruciato varie chiese, tra cui quella della comunità pentecostale “Living Faith Church”. L’attacco è poi proseguito il giorno dopo al villaggio di Shindiffu dove i miliziani sono stati fermati dall’esercito nigeriano mentre provavano a dirigersi verso il villaggio di Turaku. Nello scontro, a quanto pare, è rimasta uccisa la maggior parte dei combattenti di Boko Haram.
Ma sarà vero? Negli scorsi mesi l’esercito nigeriano ha annunciato di aver ucciso un sosia del leader di Boko Haram Mohamed Shekau. Secondo l'esercito, Shekau stesso sarebbe morto già da due anni. L'opinione pubblica nigeriana però ha reagito con scetticismo all'annuncio. Da un lato, infatti, gli atti di terrore compiuti da Boko Haram sembrano aumentare piuttosto che diminuire e dall'altro lato l'esercito ha già annunciato altre volte la morte del leader della setta e l'imminente successo nella lotta a Boko Haram. “Il governo e l'esercito della Nigeria cercano di propagandare un senso di fiducia e regolarmente annunciano la distruzione di Boko Haram - ha spiegato l’APM - La realtà invece è molto diversa. Il gruppo terroristico è oggi più forte che mai e costringe il governo e le forze armate della Nigeria a mostrare tutta la loro incapacità. Invece di cercare congiuntamente soluzioni per la lotta contro il gruppo terroristico e per una più efficace protezione della popolazione civile, i politici nigeriani sfruttano il terrore per i propri fini politici e per la campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali del febbraio 2015”.
Di fatto dopo il violento rapimento in aprile di 219 studentesse di Chibok da parte degli estremisti, polizia, esercito e governo nigeriani hanno ripetutamente annunciato la loro liberazione, ma fino ad oggi non sono ancora state tutte liberate e prosegue la campagna internazionale #Bringbackourgirls partita dalla studentessa pachistana Malala Yousafzai, icona della lotta contro i talebani, che ha chiamato “sorelle” le oltre duecento ragazze rapite in Nigeria. Per l’APM “Il tragico destino delle studentesse di Chibok è tipico della situazione di tutta la popolazione civile. La Nigeria del Nord rischia una deflagrazione del conflitto come nel nord dell'Iraq.” Secondo le stime delle Nazioni Unite da gennaio 2014 almeno 650.000 persone sono fuggite in seguito alle azioni terroristiche di Boko Haram. Altre stime parlano invece di un numero di nuovi rifugiati che arriva a fino a 3,3 milioni di persone. Se la politica della Nigeria non sarà in grado di dare una risposta credibile e definitiva alla sfida di Boko Haram, il gruppo terrorista potrebbe diventare una grave minaccia per la sopravvivenza non solo della Nigeria, ma di tutta l'Africa occidentale.
La Nigeria deve, però, fare i conti con un altro problema di politica interna fino ad oggi poco percepito dai media, concentrati quasi esclusivamente sull'ondata di violenza innescata nel paese dalla setta Boko Haram. Si tratta della escalation del conflitto tra pastori nomadi e agricoltori che si protrae da decenni senza che il governo del paese abbia mai seriamente tentato di risolverlo, ma che dal gennaio 2014 ad oggi ha causato almeno 522 morti. Solamente lo scorso luglio sono morte 68 persone in tre attacchi sferrati presumibilmente da pastori nomadi Fulani/Fulbe in Nigeria centrale. Nel distretto di Gidandawa (stato federale di Zamfara) un gruppo di Fulani pesantemente armati hanno attaccato un villaggio sparando indistintamente a uomini, donne e bambini e uccidendo sul colpo 40 persone. Altre 12 persone sono morte per le ferite riportate. Tutti erano musulmani di etnia Hussa. Altre cinque persone sono morte nei villaggi di Barkin Ladi (distretto di Rakung, stato federale di Plateau). Altri attacchi e altri morti si sono registrati ai villaggi di Ganlang e Zama Dede (distretto di Pilgani nello stato federale di Plateau). Tra il 25 e il 29 giugno 2014 erano già stati attaccati 20 villaggi, sempre presumibilmente da pastori Fulani, con un triste bilancio: più di 200 persone assassinate, 690 case distrutte, oltre a tre chiese e circa 50 esercizi commerciali dati alle fiamme. Per questo oltre 1.500 agricoltori Hussa sono fuggiti dalla regione.
Per l’APM negli ultimi anni questo conflitto per il controllo della terra e dei pascoli si è notevolmente inasprito non ultimo a causa delle conseguenze ambientali del cambiamento climatico. “Negli ultimi 50 anni la progressiva desertificazione di molte aree africane ha causato la perdita di circa il 35% dei pascoli della Nigeria settentrionale costringendo i pastori Fulani a spostarsi sempre più verso sud. Qui però entrano in conflitto con gli agricoltori appartenenti ad altre etnie e a volte anche fedeli di altre religioni” ha concluso l’APM. La lotta per la terra rischia quindi di confondersi con una guerra religiosa e, senza sottovalutare il reale pericolo di una sovrapposizione dei conflitti, vi è certamente anche una voluta riduzione del conflitto per la terra a guerra religiosa, in modo da permettere fino ad adesso al presidente nigeriano Jonathan Goodluck di evitare di affrontare seriamente e all'origine le cause del conflitto. Ormai da più di dieci anni, infatti, il Governo di Abuja ha promesso nuovi pascoli ai circa 15 milioni di pastori nomadi, senza mai dare seguito alle sue promesse.
Il presidente incontra
i parenti delle studentesse rapite
Internazionale - 22 luglio 2014
Una protesta del movimento #BringBackOurGirls ad Abuja, il 22 maggio 2014. (Afolabi Sotunde, Reuters/Contrasto)
Il 22 luglio il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha incontrato per la prima volta i familiari delle studentesse sequestrate da Boko haram da cento giorni.
All’incontro, che si è svolto ad Abuja, hanno partecipato almeno 177 persone, tra genitori, parenti e alcune delle ragazze che sono riuscite a fuggire. Per portare tutti dallo stato di Borno, il governo ha messo a disposizione un aero. Le ragazze ancora nelle mani dei terroristi, rapite il 14 aprile 2014 dalla città di Chibok, sono 214, dopo che una sessantina di loro sono riuscite a scappare. Un precedente appuntamento con il presidente era stato cancellato dai parenti delle studentesse che rimproverano al governo di non aver fatto abbastanza per ritrovare le giovani e di aver organizzato l’incontro solo per un problema d’immagine.
Dal giorno del rapimento a oggi, sono morti undici dei genitori delle studentesse: sette di loro sono stati uccisi in un attacco dei terroristi al villaggio di Kautakari, all’inizio di luglio, e almeno altri quattro sono morti per problemi cardiaci.
In cambio della liberazione delle studentesse, Boko haram chiede la scarcerazione dei suoi combattenti e dei loro parenti arrestati, ma il governo ha rifiutato.
Intanto non si fermano gli attacchi dei terroristi. Nel villaggio di Gaidamgari, nello stato di Borno, tra il 19 e il 20 luglio sono state uccise almeno 60 persone e molti altri abitanti sono stati feriti a colpi d’arma da fuoco. Secondo il quotidiano nigeriano Vanguard, nell’attacco sono state anche incendiate decine di negozi, veicoli e abitazioni. Centinaia di persone sono fuggite nella vicina Bama. Secondo la Misna la popolazione ha fatto resistenza al tentativo del gruppo armato di reclutare con la forza giovani di età compresa tra 15 e 20 anni, suscitando la reazione violenta degli assalitori.
Poche ore prima era stata assalita Damboa, dove sono stati uccisi almeno 40 civili. Secondo alcune fonti di stampa gli insorti starebbero attualmente occupando la località nordorientale, sopra la quale avrebbero innalzato la bandiera del gruppo.
NIGERIA. Fuggite 64 delle 68 giovani
rapite dal Boko Haram il 24 giungo
Notizie Geopolitiche - 7 luglio 2014
Sono riuscite a fuggire dai miliziani del Boko Haram 64 delle 68 ragazze rapite lo scorso 24 giugno a Kummabza, villaggio situato nel distretto di Damboa dello Stato federato orientale de Borno.
Abbas Gava, un vigilante di un’organizzazione che collabora con le forze governative nella lotta contro il gruppo islamista-secessionista, ha riferito che le giovani “Hanno compiuto una mossa tanto coraggiosa quando i loro sequestratori si sono allontanati per un’operazione militare” in cui sono poi morti 53 miliziani del Boko Haram e 6 militari.
Sono invece ancora nelle mani del Boko Haram 219 delle 276 studentesse rapite il 14 aprile presso una scuola femminile a Chibok, sempre nello stato del Borno e ieri gli attivisti del gruppo “Bring Back Our Girls” hanno cercato di marciare sul Palazzo Presidenziale nella capitale Abuja per reclamare dal governo maggiore impegno per liberare le giovani tenute in ostaggio, che i rapitori intenderebbero vendere al mercato come schiave.
Da più indagini infatti sono risultate connivenze fra i vertici dell’esercito e il gruppo terrorista, tanto che già 5 generali sono stati processati per aver passato informazioni essenziali proprio ai miliziani del Boko Haram, nome che tradotto significa “l’educazione occidentale è peccato”.
Ancora Boko Haram
30 morti e altre 60 donne
rapite in un villaggio a Borno State,
nel nord-est del paese
AFP – 24 giugno 2014
Une capture d'écran du 12 décembre 2013 d'une vidéo obtenue par l'AFP montre l'homme qui clame être le chef du groupe islamiste extrémiste nigérian Boko Haram, Abubakar Shekau (Photo AFP)
Almeno 30 persone sono state uccise e più di 60 ragazze rapite in una serie di attacchi attribuiti al gruppo armato islamista Boko Haram in Nigeria nord-orientale, secondo quanto riportato da funzionari pubblici e residenti locali. Questi eventi hanno avuto luogo la settimana scorsa, nel corso di una serie di attacchi durati diversi giorni, nel villaggio di Kummabza, della città di Damboa a Borno State (nord-est).
Il quartier generale della Nigerian National Defence ha scritto lunedì sera su Twitter che sono state cercate le conferme rispetto alle numerose segnalazioni di rapimenti in Borno.
Contattato martedì da AFP, il portavoce dell’esercito Chris Olukolade ha dichiarato che le ragazze rapite difficilmente possono essere trovate.
Secondo un funzionario del comune di Damboa che ha voluto rimanere anonimo, "oltre 60 donne sono state rapite dai terroristi", mentre un membro del Consiglio comunale Modu Mustapha, non ha voluto confermare né smentire le uccisioni e i rapimenti. Il leader di una milizia locale, Aji Khalil, da parte sua ha confermato che "più di 60 donne sono state prese dai terroristi di Boko Haram".
Un altro rifugiato che vive a Maiduguri, capitale dello Stato di Borno, che ha anche lui chiesto l'anonimato, ha detto che "più di 30 persone sono state uccise durante un attacco durato quasi quattro giorni. Gli aggressori – ha aggiunto - hanno poi tenuto in ostaggio l'intero villaggio per tre giorni.
Presidente Nigeria giura
guerra totale a Boko Haram
Internazionale - 29 maggio 2014
Roma, 29 mag. (TMNews) – Il presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, si è impegnato a guidare una guerra totale contro il gruppo armato islamista Boko Haram. Parlando in occasione del 15esimo anniversario della fine del regime militare in Nigeria, Goodlack Jonathan ha detto che il terrorismo internazionale minaccia le conquista democratiche del suo Paese.
“Con l’appoggio dei nigeriani, dei paesi vicini e della comunità internazionale, rafforzeremo le nostre difese, libereremo le nostre ragazze e faremo piazza pulita dei terroristi in Nigeria”, ha affermato il presidente in un discorso televisivo per la Giornata della Democrazia.
“Ho dato istruzioni alle forze di sicurezza affinché lancino un’offensiva totale per mettere fine all’impunità dei terroristi sul nostro territorio”, ha aggiunto Goodluck Jonatham, secondo quanto riportato dalla Bbc online.
Jonathan ha dichiarato lo stato d’emergenza nel maggio 2013 dispiegando truppe nei tre stati settentrionali dove Boko Harm è più attivo, Borno, Adamawa e Yobe. In risposta il gruppo terroristico, nelle cui mani si trovano in ostaggio 200 studentesse, ha ripreso le incursioni armate contro villaggi e città.
(fonte afp)
Attacco Boko Haram
nel nord della Nigeria, 35 morti
Internazionale - 29 maggio 2014
Roma, 29 mag. (TMNews) – Trentacinque persone sono state uccise in un attacco del gruppo islamista Boko Haram nello Stato settentrionale nigeriano di Borno, al confine con il Camerun. Lo riferiscono fonti militari e di residenti.
Decine di militanti Boko Haram armati e con indosso uniformi militari hanno preso d’assalto a bordo di motociclette e fuoristrada i villaggi di Gumushi, Amuda e Arbokko, aprendo il fuoco sui residenti e dando fuoco alle case con bombe incendiarie, secondo le testimonianze.
(fonte Afp)
Nigeria: localizzate le liceali rapite
Capo Aeronautica militare, ma non possiamo dire dove sono
Ansa - 27 maggio 2014
"Le duecento ragazze nigeriane rapite dal gruppo islamico armato dei Boko Haram sono state localizzate". Lo ha detto il capo di stato maggiore dell'Aeronautica nigeriano, Alex Badeh. "La buona notizia è che sappiamo dove si trovano, ma non possiamo dirlo", ha detto Badeh, ai giornalisti davanti al quartier generale della Difesa ad Abuja. Lo stesso Badeh ha poi escluso un intervento per liberarle.
Obama manda 80 militari
per cercare le ragazze rapite in Nigeria
Rimarranno in Ciad, non lontano da dove
colpisce di più Boko Haram: Obama ha detto al Congresso
che resteranno finché sarà necessario
Il presidente statunitense Barack Obama ha notificato allo speaker della Camera, John Boehner, l’invio di ottanta membri delle forze armate americane in Ciad, come azione di supporto per la ricerca delle oltre 200 ragazze rapite in Nigeria lo scorso 14 aprile. Obama ha spiegato che i membri delle forze armate aiuteranno le autorità locali nella sorveglianza e ricognizione aerea – il Ciad confina a ovest con il nord-est della Nigeria – e rimarranno in Ciad fino a che la loro presenza non sarà più necessaria.
Le studentesse nigeriane sono state rapite in un dormitorio della scuola di Chibok, nel nord-est dello stato di Borno, nella Nigeria nord-orientale. Mercoledì 21 maggio i miliziani di Boko Haram, organizzazione terroristica che ha rivendicato il rapimento delle ragazze, hanno compiuto un altro attacco in almeno tre villaggi della Nigeria del nord. Stando alle notizie raccolte da Associated Press, e comunicate da fonti dell’intelligence nigeriana in forma anonima, almeno 48 persone sono state uccise.
118 morti in Nigeria in due attentati
Una bomba è esplosa a Jos, una città nel centro del paese,
e dopo venti minuti ne è esplosa un'altra nello stesso posto,
colpendo i soccorritori: si sospetta c'entri Boko Haram
ilpost.it - 21 maggio 2014
Nel pomeriggio di martedì 20 maggio almeno 118 persone sono morte a causa di due attentati esplosivi a Jos, una città nella Nigeria centrale. Le esplosioni sono avvenute nei pressi di una stazione degli autobus e di un adiacente mercato e, oltre alle due forti onde d’urto, hanno causato l’incendio di diversi edifici complicando le operazioni di soccorso e di recupero dei feriti. Le bombe erano state nascoste in un furgone e in un minibus e sono esplose a circa venti minuti di distanza l’una dall’altra: quando è avvenuta la seconda esplosione, sul posto stavano già lavorando decine di persone per soccorrere i feriti dalla prima bomba.
Nella notte tra martedì e mercoledì sono proseguite le operazioni di recupero delle persone morte, molte delle quali sono rimaste sotto le macerie dopo le esplosioni. Le autorità locali non escludono che nelle prossime ore possano essere trovati altri morti nei punti intorno alle due esplosioni. I soccorsi nelle prime ore dopo gli attentati sono andati avanti lentamente a causa dello spesso fumo degli incendi che si sono sviluppati dentro alcuni edifici e automobili. Secondo le autorità locali la maggior parte delle persone morte erano donne, mentre non ci sono stime precise sulle decine di feriti.
Le due esplosioni di Jos per ora non sono state rivendicate ma secondo diversi osservatori è probabile che siano state organizzate dai militanti di Boko Haram, il gruppo terrorista jihadista presente soprattutto nel nord-est della Nigeria, e che ha come obiettivo l’imposizione della shari’a. Di Boko Haram si è parlato molto in seguito ad altri attentati organizzati nei mesi scorsi e al recente rapimento di circa 200 ragazze, mentre si trovavano nel dormitorio della loro scuola nella città nord-orientale di Chibok.
Fino a martedì la situazione a Jos era stata relativamente tranquilla, anche se la città aveva già subito altri attentati esplosivi in passato. Il giorno di Natale del 2011, Boko Haram rivendicò l’esplosione di alcune bombe in una chiesa e in altre due aree cittadine dove morirono circa 20 persone. La città si trova praticamente al confine tra i territori in cui vivono i cristiani, a sud, e i musulmani, a nord. La convivenza tra le diverse comunità non è sempre semplice e ci sono spesso scontri violenti tra gruppi armati.
Il presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, ha definito “crudeli e malvagie” le persone che hanno organizzato i due attentati esplosivi di Jos. Il governo ha annunciato che saranno rafforzati ulteriormente gli sforzi per combattere contro le milizie armate, soprattutto intorno al lago Ciad, con la partecipazione di soldati del Ciad, del Niger, del Camerun e della stessa Nigeria.
Nelle ultime settimane il governo nigeriano è stato criticato per i sistemi che sta utilizzando per contrastare Boko Haram, ritenuti insufficienti e non adatti per combattere gruppi che fanno guerriglia e organizzano attentati. Le associazioni umanitarie attive nel paese stimano che da inizio anno almeno 2000 persone siano morte per attentati e violenze dei miliziani.
foto: AP Photo/Stefanos Foundation
Nigeria: almeno 118 morti per bombe a Jos
Fonti ufficiali, ma si temono altri corpi nelle macerie
Ansa - 20 maggio 2014
"Ci vogliono tutti morti": un tweet di una ragazza nigeriana fotografa la nuova giornata di sangue in Nigeria con decine di morti, "in gran parte donne", causati dall'esplosione di almeno due autobomba a Jos, Stato centrale del Paese. Il bilancio ufficiale, sia pure ancora provvisorio, fornito dall'agenzia nazionale della gestione delle crisi (Nema) parla di "almeno 118 morti".
Secondo i media locali, che citano fonti ospedaliere, le vittime sarebbero già 200. "La gente correva ovunque, tanti erano coperti di sangue", ha raccontato un testimone. Le esplosioni, due secondo le autorità, tre secondo fonti citate della Cnn, hanno preso di mira una stazione di taxi in una delle vie commerciali più affollate della città con un camion carico di esplosivo. Poi, in uno schema terroristico targato al Qaida già visto in Afghanistan, Iraq e Libano, un'altra esplosione, circa 20 minuti dopo, con un'auto saltata in aria poco distante nei pressi del Terminus market, mentre i soccorritori portano i primi aiuti. Terribile la scena: "I cadaveri sono carbonizzati sarà difficile riuscire a identificarli", racconta un testimone.
"Si tratta di un episodio gravissimo, non imputabile ai conflitti etnico-religiosi" che attanagliano la regione da decenni, spiega all'ANSA Lionello Fani, un italiano della Onlus Apurimac attiva in città per mitigare i contrasti locali. Jos, capitale dello Stato di Plateau, è infatti il crocevia degli scontri violenti tra pastori cristiani e musulmani. "Subito dopo l'attentato alcuni ragazzi cristiani hanno messo in piedi dei checkpoint, ma le autorità religiose stanno mediando per evitare altra violenza", spiega Fani, da 6 anni in Nigeria. Non sembrano esserci dubbi sulla matrice dell'attacco terroristico, riconducibile a Boko Haram, che alla vigilia di Natale del 2010 aveva colpito Jos con un attentato costato la vita a oltre 80 persone.
Boko Haram: rilasceremo 100 ragazze
Nigeria, gli islamisti pronti a trattare:
“Scambio coi nostri combattenti in cella”
lastampa.it - 18 maggio 2014
LAPRESSE
Il gruppo estremista islamico Boko Haram avrebbe abbandonato la richiesta di liberazione per suoi alti comandanti nello “scambio di prigionieri” e sarebbe pronto a rilasciare fino a metà delle oltre 200 ragazze rapite in Nigeria. Lo scrive il Daily Telegraph citando fonti vicine al gruppo islamista.
I Boko Haram sarebbero pronti a cominciare già nei prossimi giorni un rilascio graduale delle ragazze in cambio della liberazione di alcuni appartenenti al gruppo islamico che si trovano nelle prigioni nigeriane, ma non di alti comandanti del gruppo, scrive il Daily Telegraph.
Se confermata, la decisione costituirebbe una notevole “concessione”, cui il gruppo islamico è giunto in seguito alla consapevolezza che il rilascio di alti comandanti islamisti sarebbe politicamente impossibile per il governo nigeriano. Tra i prigionieri che potrebbero essere liberati ci sarebbero mogli e familiari di combattenti di Boko Haram. «Il gruppo ha inoltre compilato una lista di figure di più basso profilo per cui chiede la liberazione», precisano ancora le fonti citate dal Daily Telegraph.
Se quest’ultima proposta dovesse andare in porto quindi i Boko Haram rilascerebbero fino a 100 delle ragazze, forse già a partire dall’inizio della settimana, che verrebbero lasciate «in un luogo sicuro e le autorità verrebbero avvertite con indicazioni su dove trovarle».
NIGERIA. Liceali rapite, summit di Parigi
“dichiara guerra” a Boko Haram
Adnkronos - 18 maggio 2014
“Siamo qui per dichiarare guerra a Boko Haram”. E’ quanto ha detto ai giornalisti il presidente del Camerun, Paul Biya, al termine del summit convocato ieri a Parigi dal presidente francese Francois Hollande, dopo che il gruppo estremista islamico nigeriano ha rapito oltre 200 studentesse. Al vertice hanno partecipato anche i presidenti di Nigeria, Ciad, Niger e Benin, oltre a rappresentanti di Stati Uniti, Gran Bretagna e l’Unione Europea.
“Boko Haram è una minaccia per l’intera Africa occidentale e ora anche nell’Africa centrale, con legami con al-Qaeda nel Magreb”, ha dichiarato Hollande, annunciando l’adozione di un “piano globale regionale a medio e breve termine” per combattere il gruppo estremista.
I partecipanti al vertice hanno deciso il rafforzamento dello scambio di informazioni d’intelligence, il coordinamento di missioni e operazioni militari, oltre all’aumento dei controlli al confine. “Questi terroristi hanno già causato danni nella sub regione. Se non li fermeremo, tutta la sub regione, se non l’intera Africa, sarà a rischio”, ha affermato il presidente del Ciad, Idriss Deby.
Poche ore prima dell’apertura del summit, circa 200 uomini armati di Boko Haram hanno ucciso due persone e ne hanno rapite altre 10 nella località di Waza, in Camerun, presso il confine con la Nigeria. A Parigi un gruppo di espatriati del Camerun ha inviato una lettera a Hollande in cui si accusa il presidente del loro paese “di non aver saputo mettere al sicuro i confini del paese lasciando i camerunensi alla mercé della setta islamica”.
Perché Boko haram non si può
definire un gruppo islamico
Internazionale - 16 maggio 2014
Un fotogramma di un video registrato dal leader di Boko haram, Abubakar Shekau. (Afp)
Il presidente nigeriano Goodluck Jonathan parteciperà il 17 maggio a Parigi a una conferenza internazionale convocata dal presidente francese François Hollande per discutere come affrontare la crisi innescata da Boko haram.
Jonathan aveva annunciato che prima di partire avrebbe fatto sosta a Chibok, la città nel nordest della Nigeria in cui il 14 aprile sono state rapite 276 ragazze: almeno 223 sono ancora nelle mani dei sequestratori, i ribelli del gruppo Boko haram. La visita è stata però cancellata per motivi di sicurezza: la regione è stata ritenuta troppo instabile per permettere una visita del capo dello stato. Nessuna notizia intanto delle ragazze, che i militanti di Boko haram hanno detto di voler vendere come schiave e che potrebbero essere rilasciate in cambio della liberazione dei loro compagni in carcere. Scambio che il presidente sembra aver escluso.
Mentre si allarga la campagna #bringbackourgirls, anche il mondo islamico comincia a prendere le distanze dalle azioni di Boko haram. Carla Power, giornalista di Time esperta in islam, sottolinea che sia il mufti saudita sia il segretario generale dell’Organizzazione della cooperazione islamica hanno condannato il rapimento delle ragazze.
Power inoltre specifica che ci sono almeno cinque ragioni per smettere di definire Boko haram un gruppo islamico.
Boko haram prende di mira le istituzioni scolastiche. Così contravviene agli insegnamenti dell’islam, la cui prima parola al profeta Maometto fu: “Leggi!”. Il Corano inoltre più volte invita a coltivare l’istruzione e la cultura.
Sostiene di portare avanti il jihad. Ma il jihad può essere portato avanti solo da leader legittimati dalla comunità musulmana, e non da leader autoproclamati come Osama bin Laden o Abubakar Shekau. Inoltre Maometto probiva di colpire i non combattenti, le donne, i bambini e gli uomini di religione.
Ha dichiarato guerra ai cristiani. Ma il Corano chiede il rispetto dei popoli del libro, cioè musulmani, ebrei e cristiani.
Converte le persone con la forza. Eppure l’islam richiede che non ci sia costrizione.
Costringe ragazze e donne al matrimonio. L’islam non permette che nessuno si sposi contro la propria volontà. Lo stesso Maometto ha dichiarato che un matrimonio forzato è nullo.
ULTIMISSIME
NIGERIA. Governatore Borno,
‘ragazze rapite sono ancora nel paese’
Agi - 12 maggio 2014
Sono state avvistate le duecento ragazze rapite dalla setta islamista di Boko Haram in Nigeria. Il governatore dello Stato del Borno, Kashim Shetima, ha detto di aver trasmesso ai militari “informazioni” ricevute da testimoni, secondo i quali i rapitori non avrebbero oltrepassato il confine verso il Ciad o il Camerun e le ragazze potrebbero dunque trovarsi ancora in Nigeria.
Intanto, la Francia si ē detta pronta a mettere in piedi per il prossimo sabato un vertice dei paesi confinanti con la Nigeria per affrontare la questione. “Ne ho parlato con il presidente nigeriano, Goodluck Jonathan”, ha detto il capo di Stato francese, Francois Hollande, aggiungendo che al vertice dovrebbero essere presenti, tra gli altri, Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione europea.
Quest’ultima si occuperà dell’emergenza oggi nel corso del Consiglio affari esteri.
Roma, ha spiegato nei giorni scorsi il capo della diplomazia italiana Federica Mogherini, sottolineerà la necessità di un coordinamento tra i paesi europei, funzionale alla ricerca di una soluzione per la liberazione delle ragazze.
Testimonianze inequivocabili raccolte da Amnesty International hanno rivelato che le forze di sicurezza nigeriane non hanno agito, nonostante un preavviso di almeno quattro ore, per impedire il raid di Boko haram nella scuola di Chibok in cui a metà aprile sono state rapite oltre 240 ragazze.
"Il fatto che le forze di sicurezza, pur sapendo dell'imminente raid e avendo quattro ore di tempo a disposizione, non abbiano preso immediate misure per fermarlo, non farà altro che aumentare l'indignazione nazionale e internazionale per l'orribile crimine in atto" - ha dichiarato Netsanet Belat, direttore di Amnesty International per l'Africa.
"Siamo di fronte a un'enorme abdicazione al dovere della Nigeria di proteggere la popolazione civile. Le autorità nigeriane devono ora usare tutti i mezzi legali a loro disposizione per assicurare l'incolume rilascio delle ragazze e garantire che in futuro non accada più niente del genere" - ha aggiunto Belat.
Secondo le varie fonti raccolte da Amnesty International, il quartier generale delle forze armate di Maiduguri era a conoscenza dell'imminente attacco dalle 19 del 14 aprile, quasi quattro ore prima che Boko haram iniziasse le operazioni.L'incapacità di radunare i soldati - a causa delle scarse risorse a disposizione e della paura di fronteggiare un gruppo armato meglio equipaggiato - ha fatto sì che quella notte non venissero inviati rinforzi a difendere la scuola di Chibok.
Il piccolo contingente presente - 17 militari e qualche agente della polizia locale - ha cercato di respingere l'assalto di Boko haram ma è stato sopraffatto e costretto alla ritirata. Un soldato è rimasto ucciso.A più di tre settimane di distanza, la maggior parte delle ragazze rimane sequestrata in una località sconosciuta. I tentativi di ottenere il loro rilascio sono fin qui naufragati in un clima di sospetto e confusione.
Amnesty International continua a chiedere a Boko haram di rilasciare immediatamente, senza condizioni e sane e salve tutte le ragazze e cessare tutti gli attacchi contro la popolazione civile.
"Il sequestro e la continua prigionia delle ragazze costituiscono crimini di guerra, i cui responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia. Gli attacchi alle scuole violano il diritto all'istruzione e devono essere fermati immediatamente" - ha concluso Belat.
NIGERIA: RIFUGIATI IN FUGA DA ATTACCHI
NEL NORD-EST DEL PAESE.
ALLERTA UNHCR PER I NUOVI
SFOLLATI E RIFUGIATI
unhcr.it - 9 maggio 2014
Cresce l’allerta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) a seguito della recente ondata di attacchi contro i civili nel nord-est della Nigeria, la cui brutalità e frequenza è senza precedenti. Gli ultimi due mesi hanno visto numerosi rapimenti e morti che hanno provocato la fuga della popolazione sia all’interno del paese sia negli stati confinanti.
Rifugiati e sfollati riportano atti di estrema violenza e mostrano chiari segni di sofferenza e paura. Alcuni hanno assistito all’uccisione arbitraria di amici o familiari per le strade. Si parla di case e campi incendiati, villaggi completamente rasi al suolo, granate lanciate nei mercati affollati per sterminare civili e bestiame. Giungono anche notizie di persone catturate durante gli scontri tra i ribelli e le forze armate, arresti arbitrari di membri sospettati di appartenere a gruppi di insorti e altri presunti reati gravi, tra cui, a quanto riferito, esecuzioni sommarie.
Alcuni studenti terrorizzati, sopravvissuti agli attacchi nelle scuole degli Stati di Adamawa, Borno e Yobe, hanno riferito all’UNHCR di aver visto amici uccisi o rapiti. Dalla stampa si apprende che il sequestro di oltre 200 ragazze avvenuto il 14 aprile in una scuola di Chibok, nello Stato di Borno, è solo uno di una serie di rapimenti analoghi che, da alcuni mesi, colpiscono le scuole nel nord-est della Nigeria.
La prossima settimana vedrà il primo anniversario della dichiarazione dello stato di emergenza da parte della Nigeria in Adamawa, Borno e Yobe. Secondo l’Agenzia per l’Organizzazione delle Emergenze Nazionali (NEMA), sono 250mila le persone finora sfollate. Altre 61mila circa sono fuggite in paesi limitrofi come il Camerun, il Ciad e il Niger. La maggior parte sono cittadini del Niger residenti in Nigeria, ma 22mila sono nigeriani diventati rifugiati per via della crisi.
La situazione nel sud del Niger è particolarmente difficile: la scarsa sicurezza e l’isolamento delle zone rende infatti difficile fornire aiuti umanitari. Ogni settimana, la regione di Diffa, appena oltre il confine, è invasa da 700-1.000 persone spinte alla fuga dagli attacchi dei ribelli o dal timore di ritorsioni da parte delle forze armate. I team UNHCR presenti nella zona riportano che 1.500 persone sono arrivate in un villaggio a sud della città di Diffa dopo che un attacco sferrato oltreconfine da sei insorti, il 20 aprile, ha privato le persone di ogni bene.
Si calcola che trentacinque abitazioni e venticinque negozi siano stati bruciati, le scorte alimentari incendiate e due uomini siano rimasti feriti. Al momento i profughi sono ospitati in case abbandonate che saranno a rischio di allagamento quando la stagione delle piogge avrà inizio, nei mesi di giugno-luglio. Stiamo perciò lavorando con i nostri partner per trasferire i profughi in aree più asciutte.
Nel corso delle ultime sei settimane, l’UNHCR e il Comitato Internazionale di Soccorso (IRC) hanno registrato 15.700 persone residenti nella regione e nei villaggi di Diffa e in altre località del Lago Ciad, circa 100 chilometri a est. Si tratta di persone fuggite agli attacchi degli ultimi mesi, soprattutto nello Stato di Borno. Al momento stiamo monitorando la situazione che, alla luce delle operazioni militari in corso contro presunti insorti appena oltre il confine, potrebbe dar luogo a nuove migrazioni forzate.
Una seconda area di potenziali nuovi spostamenti è la regione settentrionale del Camerun, al di là del confine con la città Gamboru Ngala nello Stato di Borno. A quanto riferito dalle agenzie di stampa, il 5 maggio più di 100 persone sono state uccise in un giorno di mercato, proprio a Gamboru Ngala. Circa 6.800 rifugiati nigeriani sono arrivati nella regione dell’Estremo Nord dal maggio dello scorso anno, 2.500 dei quali sono stati trasferiti al campo di Minawao, a 150 chilometri di distanza dall’instabile zona di frontiera.
Nel corso dell’anno passato, 550 persone sono infine fuggite dalla Nigeria in Ciad.
Ecco i nomi delle ragazze da far tornare a casa
Internazionale - 6 maggio 2014
Una protesta a Lagos il 5 maggio 2014 per chiedere la liberazione delle
studentesse rapite da Boko haram. (Akintunde Akinleye, Reuters/Contrasto)
Si allarga a macchia d’olio la campagna internazionale per chiedere l’impegno del governo nigeriano per liberare le 223 ragazze ancora sequestrate dal gruppo islamico Boko haram.
“Le studentesse rapite in Nigeria saranno trattate come schiave, vendute o sposate a forza. Venderò al mercato le vostre figlie, nel nome di Allah”, ha detto Abubakar Shekau, il leader del gruppo islamico, in un video diffuso il 5 maggio riferendosi alle studentesse rapite il 14 aprile 2014. “Invece di andare a scuola avrebbero dovuto essere regolarmente sposate”, dice nel video il leader di Boko haram (che significa più o meno “l’educazione occidentale è peccato”). Intanto circolano notizie su un loro possibile trasferimento in Ciad o Camerun dove sarebbero state vendute per 12 dollari ciascuna.
Dopo il rapimento è nato su Facebook e Twitter il movimento di protesta Bringbackourgirls, che ha ottenuto numerose manifestazioni di solidarietà dall’estero tra cui quella di Malala Yousafzai (la studentessa pachistana diventata un simbolo del diritto all’istruzione delle donne dopo essere stata quasi uccisa dai taliban), associazioni, ong e altre personalità della politica e dello spettacolo.
I familiari delle vittime accusano l’esecutivo nigeriano di non aver né saputo né voluto fare qualcosa di concreto per liberare le ragazze: “Le autorità mentono spudoratamente. Hanno detto di aver ritrovato 121 ragazze, ma non è vero. E mentiranno ancora. Non stanno facendo niente”, accusano. Il tentativo del presidente nigeriano Goodluck Jonathan di far dimenticare l’episodio o addirittura di sostenere che si tratta solo di una montatura rischia di diventare un boomerang perché, vista l’eco internazionale, anche il mondo musulmano potrebbe spingere gli estremisti di Boko haram a tornare sui propri passi.
Ecco un elenco di 180 ragazze di cui non si hanno più notizia pubblicato su Punch dalla Christian association of Nigeria:
L’attacco di Boko Haram
in una scuola in Nigeria
Il gruppo islamista ha ucciso almeno 59 studenti
tra gli 11 e i 18 anni, per colpire
un "simbolo della cultura occidentale"
ilpost.it - 25 febbraio 2014
Nella notte tra lunedì 24 e martedì 25 febbraio alcuni uomini armati appartenenti al gruppo islamista estremista Boko Haram hanno ucciso e bruciato i corpi di 59 studenti di una scuola secondaria a Buni Yadi, vicino a Damaturu, la capitale di Yobe, stato settentrionale della Nigeria. Gli studenti avevano un’età compresa tra gli 11 e i 18 anni. Secondo i sopravvissuti, gli islamisti hanno dato fuoco alla residenza dove stavano dormendo gli studenti, poi hanno tagliato la gola a quelli che hanno cercato di scappare dalle finestre. Infine, altri corpi sono stati trovati nella boscaglia a fianco della scuola con delle ferite di arma da fuoco. Il commissario di polizia locale, Sanusi Rufai, ha detto alla stampa che l’intero complesso scolastico, formato da 24 edifici, è stato raso al suolo durante l’attacco.
Non si tratta della prima strage di questo tipo compiuta da Boko Haram: il 29 settembre scorso, per esempio, alcuni militanti del gruppo islamista avevano ucciso più di 50 studenti di una scuola nel distretto di Gujba, sempre nello stato di Yobe. E nei quattro mesi precedenti altri attacchi contro scuole e università avevano causato la morte di almeno 60 persone. Per il gruppo – fondato nel 2002 da Ustaz Mohammed Yusuf nello stato del Borno – gli istituti scolastici rappresentano un simbolo della cultura occidentale: Boko Haram significa “L’educazione occidentale è peccato”, mentre il vero nome del gruppo è Jama’atu Ahlis Lidda’awati wal-Jihad, che in arabo sta per “Popolo impegnato nella diffusione degli insegnamenti del Profeta e della Guerra santa”.
Boko Haram agisce nel nord della Nigeria – che è il paese più popoloso dell’Africa e che ha la sua maggiore ricchezza economica nel petrolio: qui la maggior parte della popolazione è musulmana, mentre il sud del paese è prevalentemente cristiano. Nel 2009, tra crescenti tensioni religiose, sono iniziati gli scontri tra l’esercito nigeriano e le milizie di estremisti islamisti: Boko Haram, il cui obiettivo è la creazione di uno stato islamico nel nord della Nigeria, è diventato rapidamente il maggior pericolo per la sicurezza interna del paese. Solo nell’ultimo mese il gruppo ha ucciso circa 300 persone, la maggior parte civili. Finora la polizia e l’esercito governativo non sono stati in grado di difendere la popolazione. Nemmeno l’ultima grande offensiva ordinata dal presidente nigeriano Goodluck Jonathan dello scorso maggio ha dato i suoi frutti, alimentando al contrario le rappresaglie di Boko Haram sui civili.
Il segretario di stato americano John Kerry ha condannato l’azione di Boko Haram definendola “un atto di terrore” e ha aggiunto che il suo governo fornirà assistenza a quello nigeriano nella lotta anti-terrorismo. Lunedì il presidente nigeriano Jonathan aveva difeso l’operato dei militari, sostenendo che dei piccoli ma significativi successi erano stati raggiunti nella lotta contro Boko Haram, grazie soprattutto all’assistenza delle autorità del vicino Camerun. La situazione per gli abitanti delle zone nord-orientali della Nigeria rimane comunque molto critica: oltre alle violenze compiute dai militanti islamisti, alcune organizzazioni umanitarie hanno accusato gli stessi militari di avere compiuto ripetute violazioni dei diritti umani sulla popolazione locale, specialmente sulle persone giudicate collaborazioniste di Boko Haram.
Governatore Banca centrale Nigeria
sospeso, mancano 15 mld euro
Sotto accusa la società petrolifera statale
ilmondo.it - 20 febbraio 2014
Il governatore della Banca centrale della Nigeria, Lamido Sanusi, è stato sospeso, dopo che 14,5 miliardi di euro provenienti dal settore petrolifero sono andati
"perduti". Il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha spiegato che ci sono state "irregolarità di vasta portata" sotto la supervisione di Sanusi. Sanusi ha accusato la società petrolifera nazionale di avere sottratto 14,5 miliardi di euro di fondi pubblici, ma l'azienda ha smentito. "Il mandato di Sanusi è stato segnato da diverse imprudenze ed errori in materia finanziaria", ha indicato la presidenza in un comunicato, ordinando la sua sospensione.
A causa dei continui sabotaggi e furti di greggio e di gas, l’Eni è stata oggi costretta a chiudere il gasdotto Tedidaba-Brass, situato nel Delta del Niger, dove è attivo il Mend (Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger).
Il Mend si è definito impegnato in una lotta armata contro la degradazione e lo sfruttamento dell’ambiente naturale da parte di corporazioni e multinazionali straniere coinvolte nell’estrazione del petrolio dal sottosuolo della regione e nel 2006 ha rivendicato il rapimento dei tre tecnici italiani e di un libanese (tutti successivamente liberati ed incolumi) avvenuto durante un attacco ad una stazione estrattiva gestita dall’Agip nello stato di Bayelsa.
Per l’Eni l’ammontare delle perdite di greggio sono di 3500 barili al giorno.
Nigeria, attacco contro una scuola: 42 morti. Studenti bruciati vivi
Secondo Skynews un commando, all'alba, ha attaccato un liceo a Mamudo, nello Stato nord-orientale di Yobe. I sopravvissuti all’attacco, ricoverati con ferite da arma da fuoco e diverse ustioni, hanno raccontato che alcuni studenti sono stati bruciati vivi