"Ismae, 7 anni, ha ustioni di secondo
e terzo grado a piedi e gambe"
emergency.it - 9 maggio 2014
Bangui, pronto soccorso del Complexe pédiatrique, mercoledì mattina. Vediamo arrivare un uomo molto alto che porta in braccio, avvolto in una coperta colorata, un bambino che urla per il dolore: è suo figlio, Ismae, 7 anni. Lo facciamo stendere sul lettino per visitarlo: ha ustioni di secondo e terzo grado a piedi e gambe.
Il racconto del padre è terribile: circa due settimane fa Buka, il villaggio a 300 km da Bangui dove vivono, è stato attaccato di notte. Gli assalitori hanno dato fuoco a tutte le case sorprendendo molte persone nel sonno. L'uomo ci racconta che ci sono stati numerosi morti, soprattutto bambini; Ismae è riuscito a scappare ma nella fuga si è procurato le ustioni che vediamo. Il padre lo ha caricato sulle spalle e ha camminato per 15 giorni nella foresta - una via di fuga che pare più sicura delle strade dove continuano a esserci attacchi - dirigendosi verso la capitale. Arrivato a Bangui ha trovato un passaggio su un bus ed è venuto da noi: gli avevano detto che al Complexe pédiatrique ci sono medici e infermieri che curano gratuitamente i feriti.
Immediatamente portiamo Ismae in sala operatoria, dove i nostri chirurghi svolgono il primo intervento: è andato bene, ma prima di poter tornare a camminare il bambino ne dovrà subire altri.
Adesso Ismae ("senza la L!", ci raccomanda suo padre) è ricoverato in corsia, dove teniamo continuamente sotto controllo la sua situazione. Il padre è sempre accanto a lui; quando racconta quello che è successo non riesce a trattenere le lacrime e tra una frase e l'altra non smette di dirci "merci, merci", "grazie, grazie".
-- Marina, infermiera di Emergency a Bangui, Repubblica Centrafricana
La prima presidente donna della Repubblica Centrafricana
Catherine Samba-Panza, 58 anni,
è cristiana ma considerata "neutrale":
cercherà di tirare fuori il paese dalla guerra civile
Lunedì 20 gennaio il parlamento ad interim della Repubblica Centrafricana (il Consiglio di Transizione Nazionale), paese nel quale è in corso una guerra civile, ha eletto il suo nuovo presidente ad interim: è Catherine Samba-Panza, 58 anni, sindaco della capitale Bangui, prima donna nella storia del paese a ricoprire l’incarico di presidente. Samba-Panza dovrebbe restare in carica poco più di un anno: è stata eletta per sostituire l’ex presidente Michel Djotodia, dimesso il 10 gennaio 2014, e il suo compito è quello di guidare la Repubblica Centrafricana verso le elezioni nazionali fissate per il 2015.
L’elezione di Catherine Samba-Panza è stata accolta con canti e balli per le strade della capitale Bangui e con grande entusiasmo da parte delle spettatrici donne nell’aula del parlamento centrafricano. Il New York Times ha spiegato così l’aria che si respira nel paese: «Il consenso, nel parlamento e nelle strade, è dovuto all’idea che gli uomini hanno inesorabilmente condotto il paese in una spirale di violenza, e che l’unica speranza per uscirne è dare il potere a una donna». Catherine Samba-Panza ha ricevuto l’appoggio di diversi gruppi della società e politica della Repubblica Centrafricana, grazie al quale ha sconfitto alla seconda votazione Desire Kolingba, figlio di un ex presidente centrafricano, con 75 voti a favore e 53 contro (gli altri sei candidati erano già stati eliminati dopo il primo voto nel parlamento).
Catherine Samba-Panza è nata in Ciad, da madre centrafricana e padre camerunense, e si è trasferita nella Repubblica Centrafricana durante la sua adolescenza. Ha studiato legge, ha lavorato nel mondo degli affari e nel corso degli anni si è impegnata a favore dei diritti delle donne e delle vittime di violenze sessuali. È entrata in politica nel 2003, dopo che l’allora presidente Ange-Felix Patasse fu deposto da un colpo di stato compiuto da Francois Bozize, che la nominò vicepresidente della conferenza di riconciliazione nazionale. Michel Djotodia, l’ultimo presidente centrafricano, la nominò sindaco di Bangui quando i ribelli musulmani fecero cadere il governo di Bozize. È cristiana, ma grazie al successo delle sue precedenti esperienze lavorative è riuscita a ottenere consensi piuttosto ampi – per esempio la sua candidatura fu accettata da entrambe le parti quando fu proposta come sindaco di Bangui sotto un’amministrazione ad interim – e a essere considerata politicamente “neutrale”.
Oltre a guidare il paese alle elezioni del prossimo anno, Samba-Panza cercherà di mettere fine agli scontri tra gruppi della minoranza musulmana e quelli della maggioranza cristiana, che solo nelle ultime sei settimane hanno causato oltre 1000 morti. La crisi nel paese era iniziata nel marzo 2013, quando diversi gruppi di musulmani riuniti nella coalizione conosciuta come Seleka presero il potere nel paese. Durante il suo primo discorso da presidente, Samba-Panza ha detto: «Sono il presidente di tutti i centroafricani, senza eccezioni. Chiedo ai miei bambini anti-balaka [il nome dato alle milizie cristiane] e seleka di ascoltarmi e di mettere giù le armi». Con una dichiarazione data a Reuters, il portavoce del più grande gruppo anti-balaka, che aveva precedentemente minacciato di protestare contro il voto per il nuovo presidente, ha detto che il suo movimento è felice per il risultato: «Lei è una donna che può portare la pace».
L’elezione di Samba-Panza si è conclusa lo stesso giorno in cui i paesi dell’Unione Europea hanno trovato l’accordo per inviare centinaia di soldati in Repubblica Centrafricana con compiti di peacekeeping (ora ci dovrà essere l’approvazione dell’ONU). I soldati dovranno unirsi ai 1600 militari francesi e 4400 militari dell’Unione Africana già presenti sul territorio centrafricano.
Rep. Centrafricana: 130 morti in scontri
Lo ha reso noto la Croce Rossa
Ansa - 13 gennaio 2013
Almeno 127 persone sono state uccise e più di un centinaio sono rimaste ferite in scontri interetnici e interreligiosi avvenuti da venerdì scorso nella Repubblica Centrafricana. A tracciare il bilancio è stata oggi la Croce Rossa centrafricana. I bilanci precedenti parlavano di almeno otto morti nella sola capitale Bangui. Da venerdì sono stati scoperti 25 corpi nella capitale, mentre in provincia almeno 97 cadaveri, ha detto il presidente della Croce Rossa locale, Antoine Mbaobogo.
Centrafrica: Amnesty, un migliaio morti
E' il bilancio delle rappresaglie contro la popolazione
Ansa - 19 dicembre 2013
E' di un migliaio di morti il bilancio delle rappresaglie contro la popolazione di Bangui, la capitale del Centrafrica, dopo l'offensiva delle milizie cristiane del 5 dicembre. Secondo Amnesty, il 5 dicembre le milizie hanno ucciso circa 60 musulmani. Le rappresaglie, ''su grande scala contro i cristiani hanno provocato la morte di circa 1.000 uomini in due giorni,e sono state sistematicamente saccheggiate le case di civili. Il precedente bilancio parlava di circa 600 morti.
Centrafrica: non regge il “Patto repubblicano”:
gli ex ribelli sono le nuove bande armate
che insanguinano il paese
notiziegeopolitiche.net di Guido keller - 8 dicembre 2013
Non regge il “Patto repubblicano” per la risoluzione del conflitto nella Repubblica Centrafricana e la ricostruzione del paese, dopo anni di guerriglia fra governo centrale e i ribelli Seleka: il nuovo presidente Michel Djotodia, che ha preso il posto Francois Bozizè, non è riuscito a mantenere il controllo sulle proprie milizie Seleka e quindi a ristabilire l’ordine al di fuori della capitale: gli ex ribelli si sono trasformati un bande armate che stanno terrorizzando il paese, tanto che la situazione è ormai al di fuori di ogni controllo.
Testimoni riferiscono continuamente di case saccheggiate, persone uccise per strada, bambini e donne torturati, uomini bruciati vivi e negozi devastati e dati alle fiamme.
Il “Patto repubblicano” è stato fortemente voluto dall’Italia, ed i negoziati si sono svolti lo scorso settembre a Roma, presso la Comunità di Sant’Egidio.
Purtroppo l’auspicio del sottosegretario Mario Giro, di, “sulla base di questa piattaforma, che sancisce il rifiuto della violenza armata e la lotta alla corruzione, continuare il confronto tra le parti”, è stato disatteso ed anche oggi la Croce Rossa ha aggiornato la conta delle vittime da quando sono iniziate le violenze giovedì, portandola a 394 morti accertati nella sola Bangui.
I cooperanti di Emergency hanno testimoniato che nella città sono in corso rastrellamenti casa per casa di uomini e ragazzi e che ai bordi delle strade, pressoché deserte, ci sono ancora molti cadaveri abbandonati; l’ospedale dell’organizzazione internazionale è l’unico al momento funzionante ed è diventato luogo di rifugio di molti civili che si sono lì recati per sfuggire ai combattimenti.
La situazione nel paese, che è ex colonia di Parigi, sta precipitando ed il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, ha comunicato che sono già iniziate le operazioni di pattugliamento da parte di 1200 militari francesi nelle strade della capitale della Repubblica Centrafricana, finalizzate a garantire la sicurezza degli abitanti.
La situazione è drammatica anche sotto il profilo alimentare: come ha comunicato pochi giorni fa la Fao, “circa 1 milione e 300mila persone hanno bisogno di aiuti alimentari d’urgenza nella Repubblica centrafricana a causa dei disordini interni che nelle ultime ore si sono drammaticamente intensificati”.
Repubblica Centrafricana: un inferno
La Repubblica Centrafricana è sempre più un inferno dove Lucifero è annidato nel cuore di chi acconsente ad un simile degrado. Mentre scrivo questo post, dando un’occhiata agli ultimi dispacci di agenzia, sembra che la diplomazia regionale stia svegliandosi dal letargo, ostentando però un atteggiamento quasi di rassegnazione. Sta di fatto che a N’Djamena, in Ciad, ieri si è palesato uno scenario a dir poco disarmante durante il vertice dei Paesi della Comunità Economica dell’Africa Centrale (Eccas). Tutti d’accordo i 10 capi di stato e di governo nel condannare le violenze contro i civili. Riaffermato anche l’impegno, in linea di principio, di garantire la loro incolumità aumentando, per esempio, il contingente di peacekeepers già sul campo da 2588 a 3652 uomini, con la proposta, ancora non chiara nella formulazione, di chiedere al Consiglio di Sicurezza dell’Onu un mandato più forte, che consenta di contrastare militarmente le fazioni che seminano morte e distruzione.
Il problema è che la Repubblica Centrafricana è in uno stato di anarchia, con la complicità proprio di alcuni di quei governi che ora vorrebbero trarla in salvo. E qui le responsabilità ricadono sia sul presidente ciadiano Idriss Deby, come anche sul suo omologo sudanese, Omar Hassan el Bashir. Insomma un bel pasticcio, considerando che l’ex potenza coloniale, la Francia, si è defilata trincerandosi dietro gli altisonanti proclami di Bruxelles che vorrebbe un maggiore decisionismo da parte dei leader africani. L’Unione europea (Ue), insomma, predica bene, anche se poi non è in grado di formulare un pensiero unico efficace. D’altronde, come abbiamo già scritto altre volte su questo Blog, gli interessi in gioco sono molteplici, legati al petrolio e all’uranio e i peacekeepers di cui sopra – dispiace doverlo scrivere – finora si sono dimostrati impreparati e disorganizzati, incapaci dunque di assolvere la loro missione. Da questo punto di vista, una delle poche voci in grado di denunciare il progressivo deterioramento della situazione, è l’arcivescovo di Bangui, monsignor Dieudonné Nzapalainga, che ieri era a Ginevra per riferire al Consiglio per i diritti umani dell’Onu sullo stato della crisi umanitaria nei confini centroafricani, invocando un ruolo più efficace e meno coreografico della missione di peacekeeping dei Paesi africani nella risoluzione della crisi. Secondo il presule “non si conta il numero di abusi” sulla popolazione civile da quando i miliziani Seleka sono al potere, col risultato che le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno. “Persone uccise, case bruciate e donne violentate dai ribelli”. E poi estorsioni, torture, saccheggi…
Ricordiamo che il Centrafrica è devastato dagli scontri tra i ribelli dell’opposizione e le forze governative, a loro volta composte da ex ribelli della coalizione Séléka, saliti al potere con un colpo di stato il 24 marzo scorso, destituendo l’allora presidente François Bozizé Yangouvonda. Per la comunità internazionale, il conflitto centrafricano, militarmente parlando, può essere definito “a bassa intensità” (Low Intensity Conflict) se confrontato con altre crisi armate in giro per il mondo. Questo però non significa assolutamente, tengo a precisarlo, che possa considerarsi una guerra con una bassa incidenza di vittime. Anzi, le uccisioni di gente innocente in Centrafrica sono quotidiane, anche se mediaticamente parlando, per i grandi network massmediali internazionali, la crisi che affligge questo Paese è come se non esistesse. I delicatissimi problemi di “state-building” che caratterizzano alcune aree geografiche africane, unitamente all’ossessione delle compagnie straniere in cerca di fonti energetiche, trovano nel Centrafrica una metafora più che emblematica, in un contesto di per sé vulnerabile per le condizioni sociali estremamente precarie e l’eccezionale fragilità del sistema economico. I signori dell’Unione Europea, quelli che si lamentano degli sbarchi sulla sponda settentrionale del Mare Nostrum, farebbero bene ad operare un serio discernimento su quanto sta avvenendo a Bangui e dintorni. Prima che il Paese imploda definitivamente.
Giulio Albanese
Rep.Centrafricana: scontri, decine morti
In combattimenti nel nord-ovest
uccise almeno 30 persone
Ansa - 08 ottobre 2913