Mercoledì 18 dicembre la Duma, la camera bassa del Parlamento russo, ha votato a favore dell’amnistia, che interessa anche i 30 membri di Greenpeace detenuti dopo una protesta nell’Artico. Il provvedimento permetterà inoltre di liberare entro fine anno alcuni membri del gruppo punk Pussy Riot, due vicende giudiziarie che avevano attirato sul governo russo molte critiche. In occasione dei 20 anni della Costituzione russa, martedì 17 dicembre, la Duma aveva votato in prima lettura e all’unanimità il progetto di legge, presentato lo scorso 9 dicembre.
Associated Press scrive che l’emendamento è probabilmente un tentativo del governo russo di rispondere alle critiche riguardo il rispetto dei diritti umani prima delle Olimpiadi invernali di Sochi, in programma a febbraio 2014. L’opposizione, aggiunge l’agenzia di stampa, ha detto che il provvedimento è assolutamente insufficiente per ottenere la liberazione dei detenuti per motivi politici.
Le scarcerazioni previste dovrebbero avvenire molto presto, anche se il tempo per eseguirle è formalmente di sei mesi. Secondo l’agenzia di stampa Interfax l’amnistia riguarda alcune determinate categorie: i minori, gli uomini che hanno superato i 60 anni, le donne che hanno compiuto i 55 anni, che sono in gravidanza e che sono madri di figli minorenni, i disabili, gli agenti di polizia e i militari, compresi quelli coinvolti nei conflitti armati come la guerra in Cecenia. Alcune migliaia di persone dovrebbero essere interessate, tra cui Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alekhina, i membri in carcere del gruppo Pussy Riot condannate a due anni per vandalismo dopo una protesta nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca: le due donne, che si trovano in carcere dal marzo del 2012, rientrano nelle categorie previste dall’amnistia perché sono entrambe madri di due figli minorenni. Il 13 dicembre la Corte Suprema russa aveva ordinato una revisione della sentenza contro di loro, la cui scarcerazione per la fine della pena era comunque attesa a febbraio.
L’emendamento estende l’amnistia ai sospetti di vandalismo che sono ancora in attesa di processo, una categoria in cui rientrano le trenta persone a bordo di una nave di Greenpeace incarcerate a settembre in seguito a una protesta contro un pozzo petrolifero nel Circolo Polare Artico. Le accuse contro di loro dovrebbero dunque cadere. Alcuni di questi, compreso l’attivista italiano Cristian D’Alessandro hanno già ottenuto di potere uscire su cauzione dal carcere a metà novembre.
La scarcerazione non dovrebbe riguardare invece l’ex capo del gruppo petrolifero Yukos Mikhail Khodorkovski poiché ha meno di 60 anni e contro il quale sono in corso nuove indagini che potrebbero portare a un’estensione della sua prima condanna: Khodorkovsky è spesso descritto come il principale prigioniero politico russo. Oltre a lui, sono esclusi dal provvedimento 18 delle 26 persone che furono incarcerate dopo una protesta nel 2012 in piazza Bolotnaya, a Mosca, finita in scontri tra manifestanti e polizia.