notiziegeopolitiche.net di Enrico Oliari – 16 novembre 2014
Gli al-Shabaab somali hanno compiuto un nuovo attacco al Palazzo presidenziale, a Mogadiscio: a comunicarlo è stato il portavoce del gruppo qaedista stesso, lo sceicco Abdiasis Abu Musab, il quale ha reso noto che “Abbiamo sparato diversi colpi di mortaio sul palazzo presidenziale e più tardi forniremo ulteriori particolari”.
Non si tratta del primo attacco di questo genere, in quanto già il 21 febbraio scorso i terroristi avevano tentato, come avevano spiegato, di “uccidere o arrestare coloro che si trovavano all’interno del palazzo”; il bilancio allora era stato di 15 morti di cui 9 jihadisti; per quanto riguarda l’attacco di oggi non vi sono ancora notizie precise.
al-Shabaab, nome che tradotto significa “La Gioventù”, si è ufficialmente legato nel 2012 ad al-Qaeda, ma ultimamente ne sono stati evidenziati contatti con l’Isis, tanto che sono stati individuati combattenti somali in Siria e in Iraq: conosciuto anche come “Movimento di Resistenza Popolare nella Terra delle Due Migrazioni (Mrp)”, è l’erede delle Corti Islamiche, sconfitte dopo una sanguinosa lotta dal Governo Federale di Transizione e dagli alleati etiopi. Rapporti finalizzati alla divisione delle risorse economiche e all’addestramento dei miliziani sono tenuti anche con al-Qaeda Aqmi (Maghreb) e con il BoKo Haram nigeriano.
Nato ufficialmente nel 2006, il gruppo si pone l’obiettivo di prendere il controllo della parte meridionale del paese, di introdurvi la Sharia (introdotta nei territori assoggettati) e di espellere i militari stranieri, in particolare dell’African Union Mission to Somalia (Amisom), iniziativa appoggiata dalle Nazioni Unite e che vede il coinvolgimento di Kenya, Malawi, Nigeria, Burundi, Tanzania, Uganda, Etiopia, Gibuti, Ghana e Sierra Leone.
Effetti della guerra in corso sono il campo profughi di Daadab, in Kenya, il più grande al mondo, dove mezzo milione di somali vivono in condizioni precarie se non disperate, e l’attacco al centro commerciale Westgate di Nairobi del 21 settembre 2013, in cui morirono 68 persone e ne rimasero ferite 200. E poi ancora numerosi attentati (anche a deputati, gli ultimi in luglio, Mohamed Mohamud Hayd, e in agosto, Adan Mader), attacchi ai militari anche delle Nazioni Unite (in giugno è stato preso d’assalto un edificio dell’Onu al grido di “morte agli invasori fedeli: 18 morti di cui 7 terroristi), bombe e azioni di kamikaze nelle aree affollate e assalti a numerosi centri abitati della costa, spesso non lontano dalle zone turistiche frequentate dagli occidentali.
La massima espansione territoriale si è avuta nel 2011, quando al-Shabaab è riuscito a prendere il controllo di oltre un terzo del paese e a colpire con missili la capitale Mogadiscio. Il quell’anno al-Shabaab contava quasi 15mila combattenti, alimentandosi soprattutto con gli attacchi pirateschi nei confronti delle navi mercantili in transito a sud del Golfo di Aden, nel Mar Arabico e nell’Oceano Indiano.
Grazie all’intervento dell’Amisom ed in particolare del Kenya, che oltre a truppe di terra ha inviato anche navi da guerra, gli al-Shabaab hanno cominciato a subire importanti sconfitte e il 29 settembre Chisimaio è stata liberata.
I jihadisti si sono ritirati nell’entroterra e nella parte più a sud della Somalia, dandosi alla guerriglia e agli atti terroristici. Si pensa che oggi i combattenti di al-Shabaab siano fra le 4 e le 6mila unità: oltre alla pressione esercitata dai militari dell’Unione Africana e all’intevento della comunità internaizonale contro la pirateria, a comportare la riduzione del numero dei miliziani sono stati anche gli screzi interni e le numerose defezioni dovute all’adesione del gruppo ad al-Qaeda, scelta non condivisa da molti. La città di Brava, roccaforte dei jihadisti, è stata conquistata dai militari regolari lo scorso 6 ottobre.
A sostenere l’azione dell’Amisom e dell’esercito regolare vi sono i voli dei droni Usa che partono dalla base Camp Lemonier, la cui ospitalità è stata rinnovata il 5 maggio scorso in occasione della visita del presidente Omar Guelleh alla Casa Bianca.
E proprio un drone ha ucciso lo scorso 6 settembre il leader (“emiro”) di al-Shabaab, Ahmed Abdi Godane (vero nome: Moktar Ali Zubeyr), sospettato di essere l’ideatore dell’attentato di pochi prima contro il quartier generale dei Servizi Segreti a Mogadiscio. Gli è succeduto Abii Ubeyda Ahmad Omar.
Oltre a combattenti somali, il gruppo arruola nelle sue fila yemeniti, sudanesi, afghani, sauditi, pakistani, swahili e bangladesi.
Leader di al-Shabaab
Emiri:
– Aden Hashi Farah “Eyrow”, della cabila degli Hauia, ucciso il 1º maggio 2008 in un attacco aereo delle forze statunitensi;
– Sheikh Mukhtar Robow “Abu Mansur”, emiro fino al 2009, appartenente al sottocabila dei Lisan, della tribù meridionale dei Rahanweyn;
– Ibrahim al-Afghani, emiro dal 2010 al 2011, proveniente dal sottocabila dei Sacad Muse della cabila Isaaq;
– Moktar Ali Zubeyr “Godane”, emiro dal 2010 fino alla sua uccisione nel settembre 2014, anch’egli membro degli Isaaq;
– Abii Ubeyda Ahmad Omar, dal settembre 2014.
Altri leader:
– Fuad Mohammed Khalaf “Shangole”, terzo leader più importante dopo Godane e Abu Mansur, è un somalo emigrato in Svezia e tornato per unirsi ad Al Shabaab, appartiene alla sottocabila Awrtabe della cabila Darod, è capo delle pubbliche relazioni dell’organizzazione;
– Hassan Dahir Awyes, leader spirituale;
– Mohamed Said Atom, signore della guerra e mercante di armi, si è unito ad Al-Shabaab nel luglio 2013;
– Abdulahi Haji “Daud”, capo dei sicari e delle operazioni di assassinio;
– Sahal Isku Dhuuq, responsabile delle attività di rapimento a fini di riscatto dei cooperanti stranieri in Somalia
– Hassan Afrah, capo delle relazioni con i pirati somali;
– Dahir Gamaey “Abdi Al-Haq”, giudice di Al-Shabaab